FOTORAFIA DA LEGGERE …
Consueto appuntamento del lunedì con Fotografia da Leggere. Il consiglio per la lettura è “Sulla fotografia” (Realtà e immagine nella nostra società), saggio scritto da Susan Sontag (Edizioni Einaudi), un testo che non può e non deve mancare nella biblioteca del professionista, dell’amatore, di colui che anche lontanamente si interessi di fotografia.
Il volume è stato scritto nel 1977, ma resta attuale: soprattutto per una comprensione ragionata della fotografia, sui suoi effetti sulla società e circa lo spazio importante che si è ricavata nel tempo (pensiamo a quello di oggi!).
La pubblicazione comprende delle parti storiche, dove si parla di reportage, di foto-giornalismo, con un riferimento diretto agli accadimenti accaduti durante la vita della scrittrice. Molto belli, nel saggio, sono i riferimenti a Diane Arbus e ai maestri della fotografia americana quali Walker Evans e Robert Frank. Una parte corposa è poi dedicata all'ambiguità della fotografia, del potere che ha nell’intrappolare una quantità enorme, e crescente, di nozioni, oggetti, persone e luoghi del mondo. Fotografare significa infatti appropriarsi della cosa che si fotografa, stabilendo con il mondo una relazione particolare che restituisce il senso del potere.
Come vedremo, Negli anni '80 iniziò una relazione con la fotografa Annie Leibovitz, durata fino alla morte della Sontag, per leucemia. Le due donne, insieme, spingono in alto i valori della fotografia: Annie con le sue immagini delle rock band (ma anche dello star system) e Susan con i propri saggi.
La Sontag diceva spesso: «Ciò che è importante ora è riscoprire i nostri sensi”. “Dobbiamo imparare a vedere di più, ad ascoltare di più, a sentire di più». Di mezzo c’era certamente la rivoluzione sessuale, ma anche un tentativo profondo di esaltare il senso estetico.
"Sulla fotografia”, sinossi
Di fronte al moltiplicarsi, allo straripare ormai della fotografia, all’onnipresenza dell’immagine e all’incalzare dei messaggi – stimolo, persuasione, talvolta persino prevaricazione – fenomeni che reclamano tutti con massima urgenza la nostra attenzione, non manca chi si è posto a riflettere sui problemi che tutto ciò solleva, sugli shock e le abitudini che derivano da queste frequentazioni. E lo si è fatto muniti delle chiavi più diverse, tecniche e sociologiche, estetiche e anche morali. I saggi che a questo tema ha dedicato la Sontag occupano un posto particolare, perché tutti i motivi, le suggestioni, i problemi e le relazioni, vengono non solo ripensati e riproposti con uno sguardo molto attento e perspicace, ma anche verificati allargando di continuo, e in modo felicemente spregiudicato, il discorso all’intera situazione culturale e politica, individuando una rete di significati nell’evoluzione della fotografia che gettano luce nuova e diversa sul fenomeno e consentono una ricapitolazione stimolante ed esaustiva.
La fotografia secondo Susan Sontag
La fotografia è soggetta oggi a un intenso esame morale. Mettiamo in dubbio la proliferazione d’immagini violente, ci preoccupiamo del consenso dei soggetti a essere fotografati, temiamo che le immagini manipolate creino dannose letture errate di questioni critiche e ci preoccupiamo che scattare fotografie riduca eccessivamente la nostra capacità di vivere il mondo. Queste preoccupazioni possono sembrare esagerate o anche legate al momento, ma prima della fine degli anni '70, la scrittrice Susan Sontag aveva già articolato delle riflessioni a proposito. La sua raccolta di saggi del 1977 intitolata “Sulla Fotografia” è forse il libro più preveggente e influente mai scritto circa lo strumento fotografico. E pensare che Sontag non era una professionista dell'arte! Eppure i suoi pensieri sulla fotografia sono più potenti che mai, ancora oggi.
Sontag ha approfondito i percorsi artistici di alcuni fotografi, ma è stata preveggente nella più ampia discussione circa la proliferazione del mezzo fotografico. Ha fatto riferimento alla natura avvincente della fotocamera, avvertendo come scattare fotografie dia solo "un'apparenza di partecipazione"; perché, quando premiamo il bottone, ci allontaniamo intrinsecamente dal mondo e dalle persone che ci circondano.
Più di ogni altro intellettuale del secolo scorso, la scrittrice statunitense ha dato ai lettori un motivo in più per preoccuparsi della fotografia, perché, sia a livello conscio che inconscio, le immagini che ci bombardano quotidianamente influenzano il modo in cui perfezioniamo il nostro senso della moralità e le nostre percezioni del mondo.
La fotografia, secondo Susan Sontag, detiene un'autorità pressoché illimitata nella società moderna. Le immagini fotografiche sono in grado di sostituire la realtà per via di esserne non solo uno specchio o un'interpretazione, ma anche una reliquia: qualcosa che viene preso direttamente da essa.
Susan Sontag, note biografiche
Susan Sontag è nata a New York il 16 gennaio 1933 (morirà a Parigi nel 2004) e la ricordiamo come un'intellettuale vivace e precoce. Scolasticamente saltò tre anni, diplomandosi a soli quindici anni. Lei proveniva da una famiglia di ebrei americani e prese il cognome dal patrigno, dopo la morte del padre naturale. Per otto anni è stata sposata (il matrimonio a diciassette anni) e ha avuto un figlio, che poi diventerà suo editore.
Negli anni '80 iniziò una relazione con la fotografa Annie Leibovitz, durata fino alla morte della Sontag, per leucemia. Le due donne, insieme, spinsero in alto i valori della fotografia: Annie con le sue immagini delle rock band (ma anche dello star system) e Susan con i propri saggi.
La fotografia
Copertina del libro “Sulla Fotografia” (Realtà e immagine nella nostra società), di Susan Sontag, Edizioni Einaudi