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DE ROBERTO, VERISTA E FOTOGRAFO

Non è la prima volta che esaminiamo il rapporto tra fotografia e parola scritta. Nel tempo, abbiamo incontrato: Georges Simenon, Giovanni Verga, Émile Zola e altri; scrittori famosi che si sono dedicati alla fotografia. Come abbiamo ripetuto più volte, il fatto che un letterato si cimenti nella pratica dello scatto non entra nel merito del legame tra “click” e letteratura. Peraltro, Verga e Zola nascono entrambi nel 1840 e in gioventù incontrano una fotografia nata da poco, in piena espansione; è cos’ facile pensare che proprio intellettuali come loro siano stati invogliati a occuparsene. Non dimentichiamo, poi, come proprio l’arte “dello scatto” risulti fortemente contaminante e contagiosa, tanto da stimolare non solo scrittori, ma anche artisti in genere (Picasso docet). Ne abbiamo parlato presentando il volume “Io non sono fotografo …”, Contrasto editore. Là abbiamo incontrato pittori, scultori, poeti, scrittori, viaggiatori, architetti, cineasti, intellettuali noti e stimati. Tutti si sono interessati alla fotografia, di tanto in tanto: in modo furtivo, clandestino, confidenziale, a volte anche nevrotico. In alcuni casi, sempre la fotografia, si collocava ai margini della loro vita o dell’arte che apparteneva loro, ma spesso risultava essere in piena sintonia con quest’ultima, laddove occorreva: nell’atelier, nella stanza privata, sul tavolo di lavoro, in giardino, sulla spiaggia, in vacanza, in viaggio; e poi, in amicizia, in amore, con la follia, durante la solitudine. Questo per dire che non è l’individuo artista a dimostrare il legame tra la fotografia e la pratica espressiva nella quale si cimenta, bensì il processo autoriale e il suo meccanismo attuativo.
Nel caso della letteratura, è lo sguardo allungato degli scrittori a cementare il suo rapporto con l’immagine scattata. L’autore che incontriamo oggi è fortemente esplicito in tal senso: inizia a raccontare la Sicilia dalle emozioni che ne ha ricevuto. Fotografie e parole in lui corrono affiancate, supportandosi. Un esempio quasi unico.

Federico De Roberto era l’amico dei grandi Luigi Capuana e Giovanni Verga, che forse lo hanno avvicinato alla fotografia. Sta di fatto che lui era uno spirito curioso, attratto dalla magia della camera oscura. Ha anche frequentato il “Grande Atelier Fotografico in Mineo diretto dal Professor Luigi Capuana”, definendosi il suo apprendista.
De Roberto non fu solo scrittore, ma anche giornalista e fotografo; anche se il suo archivio è scomparso sotto i bombardamenti. Come scrittore, era guidato dalla sua sensibilità estetica al cospetto delle vedute generali delle città, della gente, delle bellezze architettoniche.
L’estetica delle antiche mura di Randazzo, il paese sulle rive del fiume Alcantara, lo convinse a scattare delle fotografie, con le tecniche apprese dall’amico Capuana. Era il 1905 e lo scrittore scriveva alla madre circa la fascinazione che provava al cospetto di quei luoghi. Si rammaricava che la suggestiva cittadina non fosse nota ai viaggiatori intellettuali del tempo. Così, con treppiede e fotocamera, lo scrittore immortalò vedute e viuzze, bifore, case, chiese, finestre e palazzi. Nel 1909 De Roberto firmò il testo e le fotografie del volume “Randazzo e la Valle dell’Alcantara” per la collana monografica dell’Istituto Italiano d’Arti Grafiche.
Leonardo Sciascia disse di lui: «Federico de Roberto non giocò, non si dilettò; asetticamente si servì della fotografia. Se ne fece un ausilio, con buon mestiere, al suo mestiere di giornalista, di storico».

“Randazzo e la Valle dell’Alcantara”, sinossi

Federico De Roberto occupa certamente un capitolo a parte nella storia dei rapporti tra Verismo e fotografia; non solo per i caratteri di originalità all'interno della cerchia catanese, ma anche nel panorama letterario europeo a cavallo tra Otto e Novecento. Tra i veristi, infatti, è l'unico ad avere elaborato una compiuta produzione foto-letteraria, ed è uno dei rarissimi autori dell'epoca ad avere pubblicato delle opere illustrate con i propri scatti, in cui testo e immagini riescono a dialogare coerentemente nelle sue «fatiche foto-monografiche».
De Roberto restituisce voce alla realtà fotografata, nello stesso momento in cui il testo la illustra. Questo volume presenta la riproduzione delle sue principali opere foto-narrative: la monografia "Randazzo e la Valle dell'Alcantara" (1909) e l'articolo "San Silvestro da Troina" pubblicato nello stesso anno su "La Lettura", «Rivista mensile del Corriere della Sera». (Euno Edizioni (23 settembre 2022).

Federico De Roberto, note biografiche

Federico De Roberto nasce a Napoli, il 16 gennaio del 1861, figlio di un ex ufficiale di stato maggiore del Regno delle Due Sicilie e una nobildonna di origini catanesi, ma nata a Trapani.

Federico De Roberto si trasferisce a Catania con la famiglia nel 1879, a nove anni d’età. Subisce presto la perdita del padre, Da allora, salvo una parentesi milanese e un’altra a Roma, vive all’ombra della madre, molto gelosa e possessiva, che lo influenza fortemente.
De Roberto frequenta a Catania l’istituto tecnico “Carlo Gemmellaro” e, nel 1879, s’iscrive alla facoltà di Scienze Fisiche, Scienze Matematiche e Naturali dell’Università del capoluogo etneo. Abbandona la formazione scientifica al terzo anno, sempre più propenso verso l’ambito letterario. Allarga dunque la sua cultura al latino e inizia a collaborare con alcune riviste.

L’esordio letterario è datato 1881. Viene poi conosciuto negli ambienti intellettuali per la sua attività di consulente editoriale, critico e giornalista su due settimanali che uscivano a Catania e Roma: il “Don Chisciotte” (di cui è direttore dal 1881 al 1882) e il “Fanfulla della domenica”, sul quale scrive dal 1882 al 1883.

Fonda per l’editore Giannotta la collana narrativa dei “Semprevivi” ed ha modo di conoscere Luigi Capuana e Giovanni Verga, stringendo una salda e duratura amicizia con entrambi. Elabora nel 1883 alcuni saggi sulla letteratura naturalista e verista.

De Roberto prosegue la collaborazione con il “Fanfulla della domenica” fino al 1900.
Durante un soggiorno in Sicilia incontra il critico letterario e scrittore francese Paul Bourget: questo incontro risulta importante per la formazione di De Roberto. È decisivo il trasferimento a Milano nel 1888. Qui viene introdotto da Verga nella cerchia degli Scapigliati e conosce Arrigo Boito, Giuseppe Giacosa e Giovanni Camerana.
A Milano collabora con il Corriere della Sera e pubblica diverse raccolte di novelle. Inizia anche a collaborare con il Giornale di Sicilia nel 1888 e avvia una serie di carteggi con un giovane studente di Giurisprudenza, Ferdinando Di Giorgi. A Milano pubblica le novelle psicologiche “Documenti umani”, edite da Treves, ma anche la trilogia di romanzi che comprende: L’illusione, pubblicato nel 1891; I Viceré, pubblicato nel 1894; L’Imperio, incompiuto, pubblicato postumo nel 1929. Oggi “I Vicerè” è il più famoso romanzo di Federico De Roberto ed è considerato un suo capolavoro.
Nel maggio del 1897 Federico De Roberto conosce Ernesta Valle, con la quale nasce un’intesa amorosa descritta in un intenso carteggio. L’incontro avviene nel salotto milanese di casa Borromeo, meta di scrittori, giornalisti ed editori acclamati all’epoca.

A causa della forte e possessiva personalità della madre, De Roberto deve fare ritorno a Catania. Il mancato successo de I Viceré segna profondamente lo scrittore, che si chiude in sé e risiede a Catania fino alla morte, salvo qualche breve viaggio nel continente. Ricopre l’incarico di bibliotecario e vive sostanzialmente appartato e deluso per l’insuccesso della sua opera narrativa.

Federico De Roberto muore a Catania per un attacco di flebite, il 26 luglio del 1927. È sepolto nel Cimitero monumentale di Catania.

(Fonte: Siciliafan)

Le fotografie

Federico De Roberto, Randazzo, Finestre di via Granatara
Federico De Roberto, Randazzo, Festa dell’Assunta, i protagonisti

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