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IL PRESIDENTE PIU’ AMATO

Il 24 febbraio 1990 ci lascia Sandro Pertini, il Presidente della Repubblica più amato. Lo ricordiamo per il Mundial 1982, ma in generale per aver ricoperto una figura istituzionale con maggiore dinamismo e una comunicazione semplice, nonché molto efficace. Lui era con noi. Molti lo ricordano la notte tra il 12 e il 13 giugno 1981 accanto ai genitori di Alfredino Rampi, il bambino caduto in un pozzo artesiano a Vermicino. Tutta l’Italia perse il sonno davanti al televisore, nella speranza di un salvataggio; e tra i soccorritori c’era proprio il Presidente, a 85 anni d’età. Amava esserci perché era un combattente, condannato sei volte ed evaso due: uno spirito irrefrenabile.

Del Mondiale di Spagna 1982 (il Mundial), oltre ai gol di Paolo Rossi, alle parate di Zoff e all’urlo di Tardelli, tutti ricordano il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, festoso in tribuna accanto a Juan Carlos o durante la partita a carte sull’aereo di ritorno.
Quel 1982 appartiene a un mondo che non esiste più. Il mondiale di quell’anno divenne un evento entrato nell’immaginario collettivo. Tardelli che corre urlando, l’esultanza del presidente della Repubblica, la partita a carte sul volo di ritorno di Bearzot, Causio, Zoff e lo stesso Pertini si trasformarono nelle pagine di un romanzo che emozionò e scosse un Paese in difficoltà. Eravamo tutti italiani.

Eppure le cose non andavano tanto bene: l'Italia era un paese fragile, instabile politicamente ed economicamente. L'inflazione viaggiava intorno al 17%. Anche il calcio non aveva fatto eccezione in quegli anni: travolto nel 1980 dallo scandalo del calcioscommesse. Paolo Rossi, venne squalificato per 2 anni e tornò appena in tempo per convincere Bearzot a inserirlo nella lista dei convocati per la Spagna. Andò tutto bene. Pertini e la sua Italia lo meritavano.

Sandro Pertini, note biografiche.

Alessandro Pertini è nato a Stella (Savona) il 25 settembre 1896. Era laureato in giurisprudenza e in scienze sociali.

Ha partecipato alla prima guerra mondiale; ha intrapreso la professione forense e, dopo la prima condanna a otto mesi di carcere per la sua attività politica, nel 1926 è condannato a cinque anni di confino. Sottrattosi alla cattura, si è rifugiato a Milano e dopo in Francia, dove ha chiesto e ottenuto asilo politico, lavorando a Parigi. Anche in Francia ha subito due processi per la sua attività politica. Tornato in Italia nel 1929, è stato arrestato e nuovamente processato dal tribunale speciale per la difesa dello Stato e condannato a 11 anni di reclusione. Scontati i primi sette, è stato assegnato per otto anni al confino: ha rifiutato di impetrare la grazia anche quando la domanda è stata firmata da sua madre. Tornato libero nell'agosto 1943, è entrato a far parte del primo esecutivo del Partito socialista. Catturato dalla SS, è stato condannato a morte. La sentenza non ha luogo. Nel 1944 è evaso dal carcere assieme a Giuseppe Saragat, ed ha raggiunto Milano per assumere la carica di segretario del Partito Socialista nei territori occupati dal Tedeschi e poi dirigere la lotta partigiana: è stato insignito della Medaglia d'Oro.

Conclusa la lotta armata, si è dedicato alla vita politica e al giornalismo. E' stato eletto Segretario del Partito Socialista Italiano di unità proletaria nel 1945. E' stato eletto Deputato all'Assemblea Costituente, poi Senatore della Repubblica nel 1948 e presidente del relativo gruppo parlamentare.

Direttore dell'"Avanti" dal 1946 al 1947 e dal 1949 al 1951, nel 1947 ha assunto la direzione del quotidiano genovese "Il Lavoro".

E' stato eletto Deputato al Parlamento nel 1953, 1958, 1963, 1968, 1972, 1976.
E' stato eletto Vice-Presidente della Camera dei Deputati nel 1963.
E 'stato eletto Presidente della Camera dei Deputati nel 1968 e nel 1972.

Dopo il fallimento della riunificazione tra P.S.I. e P.S.D.I,. aveva rassegnato le dimissioni, respinte da tutti i gruppi parlamentari.
E' stato eletto Presidente della Repubblica l'8 luglio 1978 (al sedicesimo scrutinio con 832 voti su 995). Ha prestato giuramento il giorno successivo.

Ha rassegnato le dimissioni il 29 giugno 1985: è divenuto Senatore a vita quale ex Presidente della Repubblica.
E' deceduto il 24 febbraio 1990.

(Fonte Quirinale)

Mario Dondero, il fotografo

Mario Dondero nasce il 6 maggio 1928 a Petritoli (Fermo). Non lo abbiamo conosciuto personalmente. Siamo costretti a dirlo con rammarico e per un desiderio di verità. Quanto diremo, quindi, sarà frutto di tante conversazioni tenute con altri fotografi, tutti suoi amici. Da qui una prima sensazione: con la sua dipartita, Mario ha lasciato un vuoto fatto di solitudine. Lui era il compagno che ritrovi per caso, e con piacere, magari al bar Jamaica, a Milano, assieme a Lucio Fontana, Camilla Cederna, Ugo Mulas, Uliano Lucas, Alfa Castaldi, Gianni Berengo Gardin. Per tutti doveva essere una sorta di mito e molti lo guardavano con ammirazione, quasi come un modello cui fare riferimento. Gianni Berengo Gardin ci ha confermato quanto avevamo letto: “Mario aveva un giubbotto degli aviatori americani, bellissimo”. “Ho fatto di tutto per averlo anch’io, ma quando sono riuscito a recuperarlo, lui vestiva in giacca e cravatta”.

Chi era Mario Dondero? Un girovago, senza dubbio: aveva lo zaino (e non la valigia) sempre pronto. Paradossalmente, non stava mai “fermo”, a dispetto del nome della cittadina dove aveva scelto di abitare. Andava in giro e fotografava quello che vedeva, nella realtà e senza costruzioni. Lui non era attratto dal senso estetico, arrivando a rompere le proprie opere qualora non contenessero un personaggio o un accadimento degno di nota. Questo deve farci riflettere, perché le fotografie, per il nostro, evidentemente non rappresentavano una proprietà, e nemmeno andava attribuita loro la paternità dell’autore. Una volta scattate, erano già disperse, libere in quel mondo libero che lui amava frequentare.

Girovago, sì; ma anche gentiluomo: così possiamo tentare di completare la personalità di Dondero. Lui era vicino all’uomo che ritraeva, per dedizione. Soleva dire: “Non m’interessano le persone per fotografarle, m’interessano perché esistono”. E poi: “La fotografia è un tramite per arrivare a loro”. Ci arrivava da lontano, però, fermandosi spesso, dove capitava. Nel suo girovagare, alle volte incontrava una marea che lo portava altrove: quella dei suoi desideri, che lo facevano proseguire a piedi, per fermarsi ancora, forse più a lungo. Nelle immagini che ci ha lasciato non c’è l’attimo mitizzato di Bresson, e nemmeno l’istante irripetibile. Traspare viceversa una realtà che si è fermata a sua volta, forse proprio per lui che l’ha aspettata. Un senso di sospensione che era del suo io, del suo disperdersi per ritrovarsi.
Nelle foto che lo ritraggono, ne riconosciamo l’aria svagata e i capelli da ragazzo. Eppure girava instancabilmente, verso quelle situazioni che parevano richiamarlo e che sembravano create per lui. “Volevo diventare marinaio, poi ho fatto il fotografo”. Ci avrebbe fatto piacere essere al suo fianco, come compagni di viaggio. Non sappiamo se ci avrebbe accettato, ma, una volta per tutte, saremmo diventati viaggiatori veri, esploratori per giunta. Sarebbe stato più facile comprendere le sue scelte di campo, il suo modo di vedere: quel mondo che ci ha avvicinato, lasciandolo a noi solo per l’ultimo chilometro, quello che ci serviva per capire.

Amava cantare, Mario Dondero. Girovago, gentiluomo, osservatore, lui era anche un “vocalist”. Ce l’hanno detto in tanti. Il fatto è curioso, ma anche piacevole a scoprirsi; e coerente, in fin dei conti. Il canto si aggiunge alla sua indole, al modo col quale scopriva la vita. Sì, perché, lui più di noi, l’esistenza l’ha spogliata dagli orpelli inutili, dai fardelli dei luoghi comuni. Lo si vede nelle fotografie che ci ha regalato con generosità. Chi avrà pazienza, osservandole potrà capire di più, e a lungo. Purtroppo mancherà il ritornello delle sue canzoni; e si allargherà il silenzio della solitudine di quanti lo aspettavano, convinti di vederlo arrivare da un momento all’altro.

Le fotografie

Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini con Dino Zoff, Franco Causio e Enzo Bearzot sul DC9 militare che li sta riportando da Madrid a Roma. Sul tavolo la coppa del Mundial. 12 luglio 1982. Fonte Presidenza della Repubblica.

Sandro Pertini fotografato da Maio Dondero

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