FOTOGRAFIA DA LEGGERE …
Consueto appuntamento del lunedì con “Fotografia da leggere”. Questa volta affrontiamo il tema dell’autoritratto, diffuso tra gli autori al femminile. Ecco quindi il libro che incontreremo: “Francesca Woodman, gli anni romani tra pelle e pellicola”, di Isabella Pedicini (Edizioni Contrasto).
«Non esistono autoritratti inutili. Raccontano tutti una storia; ma non dicono cosa è successo, dicono perché». Ciò che emerge dalle fotografie della Woodman è lo slancio e anche la determinazione della scelta, tra spazio e tempo: il primo è ben definito (spesso chiuso in un ambiente), il secondo enfatizzato dal quando e soprattutto dal come (frequenti sono i mossi). Al di là delle interpretazioni, femminismo e/o fotografia al femminile, ciò che si coglie guardando le immagini della Woodman è vera fotografia, pur se concentrata nell’autoritratto. Lei ha preso le distanze dalla vita, togliendosela; ma nelle fotografie che scorgiamo nel volume, come scrive l’autrice, si coglie un attaccamento al mondo, un forte abbraccio ad esso.
Il libro è ricco d’immagini, anche di autoritratti scattati da altre fotografe. Ci avvicina comunque alla fotografa americana, alla sua cultura, a una formazione attenta. Il mistero di una vita così breve rimane inalterato, ma nelle righe è possibile girarvi attorno, cercarvi una via d’accesso. «Cosa succede quando si volta la macchina verso se stessi?», si legge nel libro di Concita De Gregorio, «Uno spettacolare testacoda. Il mondo passa attraverso l’obiettivo, poi torna indietro a cercarsi». Apprezziamo anche questo nel libro che abbiamo tra le mani.Sinossi del libro
È il 1977. A diciannove anni Francesca Woodman è a Roma per un soggiorno studio. Figlia d'arte, studentessa presso il Rhode Island School of Design, per lei Roma rappresenta quel luogo e quel momento in cui le suggestioni estetiche e stilistiche coltivate in America, arrivano a definitiva maturazione. Attraverso lo studio delle immagini, dei carteggi privati, degli appunti sparsi che Francesca Woodman ha lasciato ai suoi amici romani, come attraverso le testimonianze di chi ha condiviso con lei questo periodo creativo, Isabella Pedicini compone un ritratto inedito, accompagnando il lettore attraverso un intimo viaggio dove parole e immagini si intrecciano a disegnare i contorni dell'originale universo della grande fotografa. Nel lavoro di Francesca Woodman si ritrovano gli echi e le suggestioni surrealiste, l'uso del corpo come linguaggio, gli influssi dei testi di Breton uniti a quelli della fotografia americana. Francesca Woodman si trasforma e per farlo utilizza i due strumenti che permettono il suo gioco magico: il corpo e la macchina fotografica. Si arriva così a individuare al centro della sua opera il topos della metamorfosi come continuazione della vita.
Francesca Woodman, note biografiche
Nata da una famiglia di artisti (Denver il 3 aprile 1958), Francesca è sempre stata circondata da intellettuali. Suo padre le ha regalato la prima macchina fotografica quando aveva solo tredici anni e da allora si è innamorato della fotografia.
Ha studiato arte e design alla Rhode Island School of Design di Providence, dove ha vinto una borsa di studio che l'ha portata a vivere per un anno a Palazzo Cenci a Roma. L'Italia per gli amanti dell'arte risulta essere un paradiso e con Francesca non ha fatto eccezione.
Secondo i suoi compagni di studi, Francesca ha sempre avuto l'anima di un'artista. La sua permanenza in Italia le ha permesso di definire un proprio stile, mentre conosceva i movimenti artistici che sono poi diventati una parte essenziale della sua vita: il surrealismo in primis.
A Roma ha iniziato a fotografare luoghi in rovina: muri fatiscenti, edifici trascurati, rovine e angoli polverosi. L'influenza della pittura italiana risulterà determinante, e la si nota nella particolare attenzione nei confronti del corpo femminile.
Francesca, dicevamo, si è innamorata della fotografia quando aveva 13 anni. Fin dall'inizio lei era lei la sua modella preferita. Alle volte, usava modelli (sempre donne), ma, come diceva spesso, preferiva lavorare da sola.
Le sue fotografie nascondono il mistero e contengono corpi quasi sempre nudi, posizionati in spazi in rovina. L'uso perfettamente gestito di luci e ombre aggiunge un tocco cupo ed elegante ai tuoi lavori. I lavori di Francesca hanno ritratto la solitudine, l'oblio, il passare del tempo e la malinconia; ma per comprenderli, il guardante deve lasciarsi andare dentro ogni sua immagine, riconoscendo quel dolore che per l’artista rappresentava il punto d’arrivo in ogni fotografia.
Francesca Woodman si uccide il 19 gennaio 1981, quando aveva soli ventitré anni. L'artista soffriva di depressione e ansia. Stava attraversando un momento difficile della sua vita così ha deciso di gettarsi dalla finestra di un palazzo, a New York.
Nello stesso mese è pubblicata la sua prima raccolta di fotografie dal titolo “Some Disordered Interior Geometries”.br
Prima di porre fine alla sua vita, Francesca ha scritto una lettera che diceva:
«La mia vita a questo punto è come un sedimento molto vecchio in una tazza di caffè e preferirei morire giovane lasciando diverse conquiste ... invece di cancellare frettolosamente tutte queste cose delicate».
La fotografia.
Copertina del libro: “Francesca Woodman, gli anni romani tra pelle e pellicola”, di Isabella Pedicini (Edizioni Contrasto).