NUOVO CINEMA PARADISO VINCE L’OSCAR
Il 26 marzo del 1990 Giuseppe Tornatore conquista l’America vincendo l’Oscar con “Nuovo Cinema Paradiso”, premiato come migliore film straniero. La pellicola (del 1988) rappresenta un’appassionata dichiarazione d'amore rivolta al cinema mediante il racconto dell’amicizia tra un bambino e il proiezionista scontroso di un cinema di paese.
“Nuovo Cinema Paradiso” ci ha riportato alla magia dei cinema di provincia, quando entrarvi voleva dire sognare, partecipare, crescere, frequentare. Eravamo agli albori di una “virtualità” consapevole, anche se inattesa; oggi migrata altrove e ricercata con morbosità e col peccato. Tornatore ha capito tutto e l’ha spiegato da par suo, con strumenti differenti. Del resto cinema, fotografia, e oggi i nuovi strumenti, altro non fanno che provare ad allungare la vita ai sentimenti, perché continuino a brillare anche quando la luce che li anima risulti irrimediabilmente spenta.
I film vivono di storie, che alle volte ci portano lontano con la fantasia, in ambiti mai esplorati eppure coinvolgenti. E’ il caso di “Nuovo Cinema Paradiso”, costruito su pochi elementi, trattati però in profondità. C’è Alfredo (Philippe Noiret), il proiezionista del cinema in paese, e un ragazzino che cresce al suo fianco mentre lui proietta le pellicole; emerge però anche la Sicilia del tempo, in un divenire incessante e ben ritmato. S’intuisce poi, sempre nel film, il ruolo della sala cinematografica: centrale nella vita della comunità, lì come altrove. Si andava al cinema, ecco tutto: frequentemente. Altri tempi.
Già, chi scrive andava al cinema tutte le domeniche, allo spettacolo pomeridiano (ore 14), qualsiasi fosse la pellicola proiettata. Non esistevano i pop-corn, allora; e le sedute erano di legno. Capitava spesso, nella sala parrocchiale, che immagini e suono non fossero sincronizzate. Dopo una pausa a luci accese, tutto riprendeva regolarmente, con quel fascio di luce che sullo schermo proiettava storie, attese, aspirazioni, sogni, con la prima sigaretta a tossire in gola: beata gioventù.
Giuseppe Tornatore: il regista fotografo, e non solo
«Avevo dieci anni quando ho iniziato a usare la macchina fotografica. Da allora per circa un decennio essa è stata per me una specie d’indumento, qualcosa che s’indossa necessariamente la mattina prima di uscire per strada, qualcosa senza la quale non puoi muoverti, qualcosa di molto simile alle scarpe».
(Giuseppe Tornatore)
Giuseppe Tornatore, regista ma anche fotografo, ha raccontato con forza i sentimenti umani con le pellicole (fotografiche e cinematografiche), ma anche entrando in un ambito letterario. La sua produzione libraria è cospicua e variegata, tra saggi, biografie, racconti di film, romanzi. Spicca, tra quest’ultimi, “La Corrispondenza”, che narra la relazione d’amore tra un astrofisico di fama internazionale, in età matura (con famiglia e due figli), e una studentessa di fisica che si mantiene con un riuscito lavoro di stunt-woman. La coppia “clandestina” vive una quotidianità difficile, da amanti nascosti: lotta per sopravvivere. Gli incontri dei due sono rari e clandestini, mentre si sviluppa tra loro una corrispondenza virtuale, via internet. Questa nuova realtà li pervade con forza, quasi travolgendoli.
Racconta una storia moderna, il romanzo di Tornatore, quasi inspiegabile; e ci piace pensare che a narrarla sia stato proprio il regista di “Nuovo Cinema Paradiso”.
Gli inizi fotografici
Ce ne siamo resi conto subito, solo guardando “Nuovo Cinema Paradiso”. Totò, il bambino che aiuta Alfredo, il proiezionista del Cinema Capitol, rimane illuminato dai film e dall’ambiente cinematografico; quando è solo in casa, però, osserva i fotogrammi da proiezione in trasparenza, trafugati di nascosto e conservati gelosamente nella scatola delle “cose buone”. Lì emerge la matrice della visione di Giuseppe Tornatore: il fatto di poter includere volti e sentimenti in un rettangolo magico, dove rimarranno per sempre. «Tra fotografia e cinema c’è un rapporto stretto», ha avuto modo di dire il regista siciliano; ed è proprio dallo scatto che nasce il suo successo nel grande schermo.
Giuseppe Tornatore nasce a Bagheria il 27 Maggio 1956 e a otto anni comincia a frequentare Mimmo Pintacuda, proiezionista di cinema e fotografo con uno studio proprio. Le immagini di Mimmo abbagliano la fantasia di Giuseppe, perché gli mostrano realtà mai percepite, sfuggite agli occhi dei più, ma non alla sensibilità del suo maestro, perché arricchita da una profonda capacità d’osservazione.
A dieci anni, con i soldi guadagnati qua e là, riesce ad acquistare una Rolleicord (la Rolleiflex dei poveri). «Da allora, per circa un decennio, quella fotocamera ha rappresentato per me una specie d’indumento, qualcosa che indossi necessariamente la mattina prima di uscire per strada, qualcosa senza la quale non puoi muoverti, qualcosa di molto simile alle scarpe», ha detto Tornatore.
Dalla fotografia al cinema
«Quando premi il dito sul pulsante di scatto, lo sconosciuto che hai immortalato smette di essere tale perché lo porterai sempre con te». Anche questa è un’affermazione del regista siciliano. Sta di fatto che la fotografia ha costituito per lui l’anticamera del cinema. Rubare immagini, in età giovanile, l’ha costretto a osservare a lungo le persone, a studiarne i movimenti, a comprenderne i gesti, quasi immaginandoli in anticipo; a catturarli nel magico istante del clic. Del resto, il regista cinematografico tende a restituire sullo schermo le dinamiche della vita reale e questo è accaduto ancor di più nella filmologia di Giuseppe Tornatore. La sua mania per la composizione dell'inquadratura deriva tutta dalla sua esperienza come fotografo. È come se inquadrando il mondo attraverso il mirino della macchina da presa, Tornatore riportasse la sua creatività a un grado primordiale di espressività, quest'ultima caratterizzata da una sincera purezza dello sguardo, solo leggermente perduta nell'attività cinematografica. Un ritorno al passato, quindi, che poi coincide col suo sentimento della percezione.
La fotografia, un gradito ritorno
“Indiscrezioni” è il titolo del libro che accompagnava l’omonima esposizione, la cui inaugurazione è coincisa col 20° anniversario di “Nuovo Cinema Paradiso”. In mostra erano esposte le foto che il regista aveva scattato in giro per il mondo: i volti e gli angoli di Bagheria, ripresi in gioventù, e poi Cina, Siberia (un viaggio nella cittadina di Novij Urengoi, per raccontare la storia di una città nata negli anni Ottanta dopo la scoperta di un giacimento di gas naturale); per finire a Tokyo, a Mosca, in Marocco, Tunisia, Sudafrica e negli Stati Uniti.La fotografia, il cinema, la Sicilia
Fotografia e cinema hanno coabitato nell’arte di Giuseppe Tornatore, forse senza mai separarsi. Non si tratta quindi di una contaminazione successiva, come potrebbe dirsi per Stanley Kubrick o Dennis Hopper. Le due discipline hanno preso spunto dallo stesso pensiero, da un medesimo approccio alle cose della vita. Ci piace altresì pensare che anche il calore della “sua” Sicilia abbia favorito la simbiosi tra le due arti. Tornatore vede i natali a Bagheria, che ha visto nascere Renato Guttuso e Ferdinando Scianna, artisti sensibili e curiosi, colti quanto basta, edotti nell’osservare per descrivere, al fine di esprimere sentimenti e circostanze.
Le fotografie
Copertina del libro “Indiscrezioni, Giuseppe Tornatore fotografie”. Editore: Fratelli Alinari Fondazione (2008).
“Nuovo Cinema Paradiso”, una scena del film