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IL PIANO DI KEITH JARRETT

Anticipiamo una notizia dell’8 maggio, perché il lunedì è dedicato alla “Fotografia da Leggere”. Quel giorno, nel 1886, veniva inventata la Coca Cola, la bevanda più celebre al mondo e famosa anche per il brand: primo da sempre per percezione e valore. Ne abbiamo parlato tre anni addietro.

Sempre l’8 maggio ci ricorda un triste evento: perdeva la vita Gilles Villeneuve, pilota canadese della Ferrari, durante le prove del Gran Premio del Belgio. Fu Enzo (il Drake) a volerlo sulla rossa, si dice perché assomigliasse a Nuvolari. Gilles non aveva la “maschera tagliente” come Tazio (il termine è di Lucio Dalla), ma gli stessi muscoli d'olio e d'acciaio. Lui era la macchina, perché la vestiva completandola. Non ha vinto molto, pur riuscendo a disegnare una leggenda: quello del pilota oltre il limite, oltre lo sforzo, oltre le leggi di un “effetto suolo” creato anni prima con le minigonne.

Oggi incontriamo un pianista jazz, che chi scrive ha conosciuto da poco (purtroppo), su suggerimento di un amico. Ascolta ripetutamente My Song, anche in auto; e ne ammira la dolcezza, la purezza, l’empatia con lo strumento. Come si può comprendere, le nostre non sono le parole di un esperto, ma purtroppo il jazz è un mare magnum nel quale è difficile orientarsi, soprattutto quando si è cresciuti ascoltando le preferenze paterne: Louis Armstrong, Benny Goodman, Duke Ellington, Ella Fitzgerald e le note “bianche” di Glenn Miller.

Circa il fotografo, ci viene in aiuto Guido Harari, con una fotografia significante per formalismo e narrazione. Come abbiamo detto spesso, ci piacciono le immagini nelle quali l’artista è messo in secondo piano rispetto all’arte di cui dispone. In ciò che vediamo, il pianoforte incombe (quasi) su Jarrett: com’è giusto che sia.

Keith Jarrett, note biografiche

Keith Jarrett non è solo un pianista valente, ma anche un grande compositore. E’ venuto alla ribalta quando si è unito a Miles Davis in numerosi concerti, incidendo anche album importanti; questo alla fine degli anni '60. Durante gli anni '70, Jarrett iniziò a esibirsi guidando il suo gruppo, raggiungendo il successo sia come leader, che come solista nel jazz.

Keith Jarrett è nato l'8 maggio dell'anno 1945 ad Allentown, in Pennsylvania. Sua madre ha riconosciuto il suo talento e ha lavorato su di esso per incoraggiarlo e motivarlo durante la sua giovinezza.

Keith Jarrett dall'età di soli 3 anni ha iniziato a suonare il pianoforte, frequentando anche i diversi programmi dell'Accademia di musica situata a Filadelfia. Per via del suo talento, gli è stata assegnata la borsa di studio per partecipare al Berklee College of Music di Boston. Ha anche avuto l'opportunità di recarsi in Francia e studiare con alcuni famosi musicisti, ma preferì trasferirsi a New York per intraprendere una carriera nella musica jazz.

Il talento di Keith Jarrett ha trovato ampie opportunità a New York. È stato coinvolto in numerosi progetti, entrando anche a far parte di una delle band più famose, quella di Charles Lloyd Quarter, come pianista in tournée negli Stati Uniti e in Europa; ma è stata la decisione di guidare un gruppo tutto suo a spingerlo al successo. Il gruppo comprendeva Charlie Haden al basso e Paul Motian alla batteria. Nello stesso periodo, ha anche iniziato a fare tournée con uno dei musicisti più leggendari, Miles Davis, che l’ha aiutato a migliorare.
La migliore performance di Keith Jarrett è arrivata quando ha pubblicato il suo album da solista intitolato "Life between the Exit Signs" nel 1968, mettendo in mostra il suo talento al pianoforte acustico. Questo successo gli ha aperto le porte a molte altre opportunità, vista anche la sua capacità di improvvisare, sommata a quella perfezione che tanto affascinava il pubblico.
"The Koln Concert" registrato con la ECM records è considerato uno degli album per pianoforte più venduti di tutti i tempi, con più di 3 milioni di copie andate in commercio. Il decennio degli anni '80 è segnato dal ritorno di Jarrett alla musica classica, dove si è esibito da solista in vari concerti e orchestre.

Sebbene la carriera di Keith Jarrett sia stata piena di successi, nel 1996 ha subito un arresto: gli è stata diagnosticata la sindrome da stanchezza cronica. La malattia non gli ha permesso di allontanarsi da casa per lunghi periodi, ma Jarrett ha continuato a perseguire la sua passione pubblicando album con vivo entusiasmo.

Guido Harari, la passione e oltre

Molte volte, in fotografia, sentiamo parlare di passione, ma spesso questa scalda, motiva, induce, esalta; non andando oltre. Per molti resta uno spazio invalicabile tra l’esistere e il percepire, come se il sentimento rappresentasse unicamente uno strumento da utilizzare alla bisogna. Per Guido non è così: lui della passione si nutre, vive, opera. Non a caso, le sue idee vanno oltre, anche al di là dello spazio temporale della sua vita. Ci dice che vorrebbe essere nato prima, per trovarsi “in fase” con gli anni ’60. No, non si tratta di un rimpianto, bensì di un riflesso verso uno sguardo allargato: sempre propenso all’oltre, alla scintilla che illumina l’anima.
Per finire, ecco il ritratto: che lui ama sin dal contatto, dall’incontro. Spesso lo chiude con l’inquadratura, perché gli piace esserci, per sentirsi percepito. E allora la forza è tutta lì: tra piccolo e grande, tra dentro e fuori, tra interiore ed esteriore. Lui, Guido, cerca sempre; nutrendosi di passione. Sta a noi cercarlo, magari in un ritratto chiuso: per giunta in B/N. C’è un moto perpetuo nel suo creare, un movimento continuo. Saltiamoci sopra: è meglio.

Guido Harari, note biografiche

Guido Harari nasce al Cairo (Egitto) nel 1952. Nei primi anni Settanta avvia la duplice professione di fotografo e di critico musicale, contribuendo a porre le basi di un lavoro specialistico, sino ad allora senza precedenti in Italia. Dagli anni Novanta il suo raggio d'azione contempla anche l'immagine pubblicitaria, il ritratto istituzionale, il reportage a sfondo sociale. Dal 1994 sono membro dell'Agenzia Contrasto. Ha firmato copertine di dischi per Claudio Baglioni, Angelo Branduardi, Kate Bush, Vinicio Capossela, Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele, Bob Dylan, Ivano Fossati, BB King, Ute Lemper, Ligabue, Gianna Nannini, Michael Nyman, Luciano Pavarotti, PFM, Lou Reed, Vasco Rossi, Simple Minds e Frank Zappa, fotografato in chiave semiseria per una storica copertina de «L’Uomo Vogue». È stato per vent’anni uno dei fotografi personali di Fabrizio De André. Ha al suo attivo numerose mostre e libri illustrati tra cui Fabrizio De André. E poi, il futuro (Mondadori, 2001), Strange Angels (2003), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, Mondadori, 2004), Vasco! (Edel, 2006), Wall Of Sound (2007), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (Rizzoli, 2007).
Di lui ha detto Lou Reed: «Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido. So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento. Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi. Considero Guido un amico, non un semplice fotografo».

Le fotografie

Copertina dell'album "My Song".
Keith Jarret, Milano 1983. Ph. Guido Harari.

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