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NASCE MARIO MONICELLI

Mario Monicelli regista, sceneggiatore e scrittore, nasce il 16 maggio 1915 a Viareggio da famiglia di origini mantovane. Mentre pensiamo alla ricorrenza, ci vengono in mente i suoi film; tra questi, “I soliti ignoti” (1958), dove il regista indirizzerà, per la prima volta, Vittorio Gassman verso un ruolo comico. Come non ricordare, poi, “Amici miei”, un capolavoro della Commedia all’italiana? La pellicola vive delle “zingarate” organizzate da cinque amici. Per i viaggi veniva usata sempre la macchina del Melandri (Gastone Moschin), una FIAT 125 . Su di essa veniva cantata spesso “Bella figlia dell’amore”, la celebre romanza a quattro voci del Rigoletto di Verdi (III° atto). Ricordiamo gli altri attori: Ugo Tognazzi, Philippe Noiret, Duilio Del Prete, Adolfo Celi; un cast niente male.

Abbiamo riso, ma anche pianto davanti ai film di Mario Monicelli, come suggerisce Ferdinando Scianna nel suo “Visti e Scritti” (Edizioni Contrasto). Già, perché nelle pellicole del regista emergeva una verità lucida, palese, vicina all’emozione. Ne è un esempio “La Grande Guerra” (1959), lungometraggio autentico nei personaggi e nel loro ruolo. E qui sta la forza di Mario Monicelli, quando alla fine del film tutto torna nella norma, con gli attori nel loro ruolo, ad aspettare un sipario che nel cinema non esiste. Forse per questo amiamo rivedere le sue pellicole: non per coglierne i dettagli, ma per confrontare noi stessi di fronte all’emozione che proviamo nel riconoscerci.

Che lui sia stato un esponente della Commedia all’Italiana poco conta, almeno qui. Gli riconosciamo però una modernità per quel che concerne la gestione delle scene. Quando si osservano film datati, spesso ne emerge una lentezza antica. Rivedendo “I Soliti Ignoti”, questo non accade. Mentre i ladruncoli provano a forare un muro (poi sbagliato), la ritmica sale, incombe; poi tutto finisce: con gli attori che tornano da dove sono venuti. Grande film.

Mario Monicelli, note biografiche

Figlio del giornalista e drammaturgo Tommaso Monicelli. Nei primi anni '30 va, Milano per compiere gli studi. Finite le superiori s’iscrive alla facoltà di Storia e Filosofia all'Università di Pisa. Nel 1935 partecipa alla Mostra del Cinema di Venezia con il film a passo ridotto "I ragazzi della Via Paal", con cui vince un premio. Nel 1949 inizia la collaborazione con Steno, durata fino al 1953.
Nel 1957 vince il suo primo Orso d'argento al Festival di Berlino con "Padri e figli", nel 1958 realizza "I soliti ignoti", con cui vince il Nastro d'argento per la miglior sceneggiatura, e l'anno successivo vince il Leone d'oro a Venezia con "La grande guerra". Tra i film che hanno ottenuto successo, ricordiamo: "L'armata Brancaleone" (1966) e "Brancaleone alle crociate" (1969), "Amici miei" I e II (1975, 1982), "Caro Michele" (1976, Orso d'argento al Festival di Berlino), "Un borghese piccolo piccolo" (1977, David di Donatello per la miglior regia e Nastro d'argento per la miglior sceneggiatura), "Il Marchese del Grillo" (1981, Orso d'argento al Festival di Berlino e Nastro d'argento per la miglior sceneggiatura), "Speriamo che sia femmina" (1985, David di Donatello e Nastro d'argento per la miglior regia e la miglior sceneggiatura), " Il male oscuro" (1990, David di Donatello per la miglior regia) e "Cari fottutissimi amici" (1994, menzione speciale al Festival di Berlino). Nel 1991 gli è stato assegnato il Leone d'oro alla carriera.

Mario Monicelli muore in ospedale a Roma, il 29 novembre 2010

Mario Monicelli, la fotografia, un libro

La fotografia che proponiamo è tratta da “Visti & Scritti”, di Ferdinando Scianna, edizioni Contrasto (2014). Nel volume, il fotografo racconta, con parole e immagini, gli innumerevoli incontri avuti, nel corso della sua vita, e i ritratti che ne sono scaturiti.

Sfogliando le pagine con curiosità, come si fa in libreria prima dell’acquisto, saltano fuori Giuseppe Tornatore e Mario Monicelli, Paolo Pellegrin, Henri Cartier-Bresson, e poi Ken Follett, Toni Servillo, José Saramago, Karl Lagerfeld, Gianfranco Ferrè, Alberto Moravia e tanti altri.
L’emozione che pensiamo di poter provare è quella di un viaggio, dove la vita di Scianna potrebbe esserne l’asse portante. Poi si scopre che c’è molto di più, frutto dello sguardo autoriale che il fotografo siciliano ha dimostrato di avere sin dalla giovane età, lo stesso che lo ha portato a indagare una prossimità quotidiana, ricca di episodi, diventata consistente e significante con la continua narrazione di sé. Il volume è uno di quelli da avere per forza, per il quale va creato nella biblioteca un posto di privilegio. Perché sì, quelle pagine vanno lette più volte, in certi casi anche solo consultate. Sarà il miracolo della fotografia a farcele apprezzare, quello che appartiene all’uomo, alla sua vita, al proprio racconto.

Visti & Scritti, iniziamo a leggere

Dopo la pagina della dedica, ecco cosa scrive Scianna: «Mi capitava ogni tanto di sognare che entravo che entravo in una piazza e in quella piazza, gremita, scoprivo che c’erano le persone, tante persone, attraverso le quali ho vissuto la vita. I vivi, i morti, i miei cari, gli amici, i tanti maestri, e in tutti mi riconoscevo, tutti mi suscitavano ricordi, emozioni, pensieri.
Un sogno felice.
Quella piazza è diventata questo libro.
Sono tanti, ma molto più numerosi sono quelli che non ci sono.
In un certo senso ci sono tutti.
Li ringrazio».

Da subito ci viene spontaneo un commento. Ferdinando Scianna ci suggerisce come la fotografia sia un modo di vivere, proprio come affermava il suo maestro Henri Cartier Bresson. L’arte dello scatto non si esaurisce in un’impronta digitale sul pulsante che fa click e nemmeno nel racconto che diventa necessario, ma una pratica relazionale da esercitare nei confronti del mondo.

Visti & Scritti, la sinossi

In buona sostanza, come suggerisce la sinossi, il libro si compone di una lunga carrellata di icone, di sguardi, di pose, di istantanee in bianco e nero che tessono il percorso personale e professionale dell'autore e per i quali il fotografo ha sentito il bisogno raccontare una storia. Ogni ritratto è accompagnato da un testo in cui Scianna presenta il personaggio, definendone le peculiarità anche caratteriali (oltre che estetiche), in cui racconta il momento dello scatto, il suo rapporto con la persona fotografata, ma anche semplicemente le emozioni suscitate da quell'incontro. Il volume presenta oltre 350 volti dei quali il fotografo siciliano è riuscito a cogliere l'essenza e la personalità nel brevissimo e fugace istante di uno scatto, con la bravura e l'attenzione di un vero maestro e con l'acume e la sensibilità di un grande intellettuale.

Visti & Scritti, come un romanzo

Leggere Visti & Scritti vuol dire scegliere tra diversi momenti interpretativi. Perché sì, ci sono i fotografi, gli aneddoti che li riguardano, i commenti e anche quel lato oscuro sconosciuto ai più; ma altri personaggi popolano il volume, che in realtà ha una struttura letteraria, romanzata. A una seconda lettura, ci si accorge come il lavoro abbia un inizio e un finale: quest’ultimo semplice, coinvolgente ed anche imprevisto, come capita solo nei grandi romanzi.

AAA Autore cercasi

Visti & Scritti ci impone una continua rilettura, accompagnata da una riflessione: come fotografia e letteratura possono congiungersi? E poi (banalmente) perché dovrebbero farlo? La risposta è ardua, ma per orientarci esiste forse una parola magica: l’autorialità. Il fotografo e lo scrittore, per i quali non esiste un titolo professionale suffragante, devono restituire al lettore, o all’osservatore, uno sguardo più ampio, che anticipi tempi e modi, ma anche riscontri non raggiungibili nell’immediato; sensazioni che possano resistere ai cambiamenti e agli stati d’animo, recuperabili sempre.

Ferdinando Scianna, note biografiche

Ferdinando Scianna nasce a Bagheria in Sicilia, nel 1943. Comincia a fotografare negli anni '60, mentre frequenta la facoltà di Lettere e Filosofia all'Università di Palermo; in questo periodo fotografa, in modo sistematico, la sua terra, la sua gente, le sue feste. Nel 1965 esce il volume “Feste Religiose in Sicilia”, con un saggio di Leonardo Sciascia: ha così inizio una lunga collaborazione e amicizia tra Scianna e lo scrittore siciliano. Pochi anni più tardi, nel 1967, si trasferisce a Milano, lavora per L'Europeo, e poi come corrispondente da Parigi, citta in cui vivrà per dieci anni. Nel 1977 pubblica in Francia “Les Siciliens” (Denoel), con testi di Domenique Fernandez e Leonardo Sciascia, e in Italia “La villa dei mostri”, sempre con un'introduzione di Sciascia. A Parigi scrive per Le Monde Diplomatique e La Quinzaine Litteraire e soprattutto conosce Henri Cartier-Bresson, le cui opere lo avevano influenzato fin dalla gioventù. Il grande fotografo lo introdurrà nel 1982, come primo italiano, nella prestigiosa agenzia Magnum. Dal 1987 alterna al reportage la fotografia di moda riscuotendo un successo internazionale. È autore di numerosi libri fotografici e svolge da anni un'attività critica e giornalistica; ha pubblicato moltissimi articoli su temi relativi alla fotografia e alla comunicazione per immagini in generale. Gli ultimi libri pubblicati con Contrasto sono “Ti mangio con gli occhi” (2013), “Visti & Scritti” (2014), “Obiettivo ambiguo” (2015) e “In gioco” (2016). Ne sono seguiti tanti altri.

Le fotografie

Locandina del film “I soliti ignoti”
Mario Monicelli, Roma 2003. Ph. Ferdinando Scianna

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