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LA NOTTE DI SAN LORENZO

"E quindi uscimmo a riveder le stelle" (Inferno XXXIV, 139). Ci stiamo riferendo alla Divina Commedia dantesca e precisamente all’ultimo verso dell’Inferno. Il poeta si rivolge alle stelle, come nelle altre tappe finali del suo viaggio. Ricordiamo a proposito “L’amor che move il sole e l’altre stelle", l’ultima frase del Paradiso e della Divina Commedia.
Tornando al “riveder le stelle”, Dante e Virgilio hanno percorso un lungo cammino tra la perdizione umana. Sono pronti a salire attraverso il Purgatorio fino al Paradiso, verso la speranza e la luce. I due riescono a contemplare il cielo stellato: le tenebre infernali sono terminate.

Le stelle esprimono speranza, buon auspicio. Da loro si aspetta una risposta, forse solo un’indicazione; ma almeno per una notte guardiamo all’insù, tralasciando i luoghi comuni che la vita ci propone. La notte di San Lorenzo cade il 10 agosto, la data del suo martirio. Si volge lo sguardo in alto aspettando le stelle cadenti, che secondo alcuni sarebbero le lacrime del Santo, mentre altri parlano dei lapilli della graticola sulla quale venne ucciso. Poco importa, Agosto, arrivato ormai alla metà, ci consegna i suoi tempi e le sue promesse. Una lunga notte con lo sguardo al cielo è quanto ci meritiamo, anche solo per respirare un tempo allungato, lontano dalle frenesie; e certamente non rubato ad altre attività. Esprimeremo anche un desiderio. La festività dura trenta giorni, godiamocela.

Notte Stellata, Vincent Van Gogh

Pensando al cielo stellato, come già gli anni scorsi, ci viene in mente il capolavoro di Vincent Van Gogh, del quale scrisse al fratello: «Spesso penso che la notte sia più viva e più riccamente colorata del giorno». Gli annunciava il compimento della sua Notte Stellata. Siamo nel maggio 1889, il pittore è ricoverato nella clinica psichiatrica di Saint-Rémy de Provence. Aveva appena rotto l’amicizia con Gauguin, fatto che l’indusse a mutilarsi l’orecchio. Rinchiuso tra le mura di un ospedale, Vincent si rivelerà estremamente prolifico. Realizzerà, in un anno, oltre centocinquanta opere, tra le quali appunto Notte Stellata.

Abbiamo cercato a lungo una fotografia d’autore che potesse mostrarci una notte stellata. Libri e riviste non sono riusciti a restituirci molto. E’ stata propizia l’idea improvvisa di chiamare Massimo Sestini. Lui il cielo lo abita, giorno e notte, per via degli scatti azimutali e del suo desiderio di guardare oltre, lontano, verso una fotografia quasi impossibile. Ci ha proposto l’immagine che vediamo. Siamo sulla Nave Bergamini della Marina Militare. Sul ponte di volo sono schierati equipaggi e specialisti; alle loro spalle un cielo stellato.
La gente di mare spesso ha solo le stelle come riferimento concreto. Certo, non servono più a stabilire le rotte, ma a loro i marinai possono rivolgersi con speranza, quando l’onda nera si gonfia e la terra sembra troppo lontana.
Ringraziamo Massimo per la gentilezza con la quale ha offerto la propria disponibilità. Parlare con lui è sempre un piacere.

Massimo Sestini, il cuore per la notizia

Non è la prima volta che incontriamo Massimo Sestini. Lo intervistammo per la prima volta sette anni addietro e ne scaturì un articolo dal titolo “La Fotografia Impossibile”. Oggi ci rammarichiamo di aver riservato unicamente un ambito “estremo” al lavoro del fotografo fiorentino. E’ vero: lui si presenta adrenalinico, esplosivo, persino imprevedibile; però le sue immagini stanno raccontando spettacolarmente le piccole e grandi storie del nostro Paese, e di tutto il mondo.

Massimo Sestini è una notorietà nel suo genere. Lungo le pareti del suo studio, a Firenze, riconosciamo tante fotografie, ormai icone del nostro tempo, di fianco ai suoi backstage. Lo vediamo “appeso” a un elicottero, all’interno di un caccia della Marina Militare o immerso di fianco a un sommergibile. Questa volta, però, non ci lasciamo ingannare. Per quanto difficili (o impossibili) gli appostamenti di Massimo rappresentano punti di vista autoriali, scelti per raccontare: in profondità.

Lui si definisce anche paparazzo (termine del quale abusa), forse per via degli esordi. No, non è il termine a spaventarci (il capostipite dei paparazzi era tale solo perché padre, ma sempre di fretta: papà-razzo, appunto), bensì la linea di demarcazione che si sviluppa tra bene e male; tra la presunzione culturale e la stessa che, dall’altra parte, condanna senza tregua un’informazione anche “spinta”, ma sincera. Non siamo certo qui a decidere del dove collocare quella riga. Preferiamo guardare le fotografie, giudicandole per quello che sanno restituirci, scoprendo così come siano belle, buone ed efficaci. Ne esce un Sestini giornalista, con il cuore per la notizia; ma anche un altro: tecnologico, coraggioso, senza limiti, però fotografo vero, e per nulla spavaldo. Crediamo altresì che le sue “imprese” nascano anche dal desiderio di superarsi, per dedicare al soggetto la propria timida sensibilità; del resto molti dei suoi lavori sono strutturalmente unici, particolarmente quelli scattati in volo. Quando si è lassù, in uno “zenit personale”, si ha solo un’opportunità, che poi è la visione d’insieme. Gli altri accadimenti sono preclusi, lasciati ai terrestri; e Massimo può solo guardare, pensando a noi: con una preghiera tutta sua.

Massimo Sestini, note biografiche

Massimo Sestini è nato a Prato (Firenze) nel 1963. Le prime fotografie le scatta mentre è al liceo scientifico: concerti rock e le primissime foto rubate al mare, a Forte dei Marmi. Qui è istruttore di windsurf e si fa passare informazioni dai bagnini. Alla fine del liceo comincia a occuparsi di cronaca locale, passando dalla Nazione a una piccola agenzia fiorentina, la Fotocronache di Fulvio Frighi; collabora a un altro quotidiano, La Città. Pubblica i primi servizi. Non compie nessuno studio di fotografia, ma ricorda che qualcosa al liceo gli hanno insegnato. Comincia a occuparsi di grande cronaca e piazza i suoi primi scoop nel 1984. Riesce a fotografare Licio Gelli a Ginevra mentre viene scortato in carcere e il 23 dicembre 1984 è il solo fotografo ad entrare nel vagone del Rapido 904 annientato da una bomba nella Galleria di San Benedetto Val di Sambro. Una sua foto sarà la cover di Stern.
Anche se sempre più attratto da avvenimenti internazionali non perde la passione per la cronaca della sua città: con l’apertura dell’edizione di Firenze de La Repubblica, nel 1988, comincia a presentarsi come il punto di riferimento per la copertura fotografica di città e regione: vince l’appalto fotografico per La Repubblica. Lo terrà per una decina d’anni. Manterrà quindi a lungo una doppia funzione: fotografo e agente, coordinando il lavoro di reporter locali. Comincia a lavorare sempre di più a livello internazionale e nel decennio successivo collabora con le principali agenzie fotografiche italiane (l’agenzia di Giovanni Liverani, l’Olympia di Walfrido Chiarini, Farabola, Contrasto), ottiene un contratto di fotografo staff dalla grande agenzia francese Gamma, che gli permetterà di essere presente ai grandi fatti, cerimonie internazionali, inizia la sua collaborazione con tutte le principali testate italiane.
E’ un decennio di attività formidabile. Da un lato apprende e insegna l’arte del paparazzo, collaborando tra gli altri con Riccardo Germogli, Elio Zammuto. Bossi in canottiera, il funerale di Casiraghi nel 1990, il bikini di Lady D sono alcuni scatti celebri. E’ presente e scatta la foto esclusiva nei tragici avvenimenti italiani: l’incursione sulla Moby Prince in fiamme, le foto aeree degli attentati a Borsellino e Falcone.
La collaborazione con Epoca di Roberto Briglia e Carlo Verdelli lo spinge al reportage, al fotogiornalismo, in cui una tappa importante è “Italia Novanta”. La fotografia sportiva è un’altra sua passione. La “scuola” di Epoca gli insegna a collaborare da giornalista con i settimanali; diventa una presenza indispensabile per tutte le principali redazioni italiane: Panorama, Gente, Oggi, Sette, Il Venerdì, Espresso, Sorrisi e Canzoni.
Lavora per il Corriere della Sera. Sempre più organizza o improvvisa scatti aerei per cogliere la foto che nessun altro collega ha.
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta decide di imparare a fare anche i posati, per affrontare i personaggi con un’altra creatività. Luci, preparazione del set, inventiva per accontentare lo stile e le esigenze dei committenti: si trova così a rivedere spesso i personaggi dello spettacolo e della politica che aveva paparazzato, da fotografo “ufficiale” inviato dai giornali. In questo modo aggiunge a quotidiani e settimanali i mensili nella sua esperienza di fotografo “di giornali”; in particolare Style e le testate del gruppo Class.
Per nulla imbarazzato dal drastico ingresso del digitale nel tradizionale campo della fotografia, Massimo Sestini è riuscito immediatamente ad intuirne le infinite opportunità creative e tecnologiche.
Massimo Sestini in oltre trent’anni di carriera (quasi quaranta) ha sempre continuato a raccontare, offrendoci immagini da ricordare. Il 12 febbraio 2015, mentre documentava il Festival di San Remo, veniva a sapere di aver vinto il 2° premio General News del World Press Photo of the Year, il premio fotogiornalistico più importante al mondo.

Le immagini

Notte Stellata, Olio di Vincent Van Gogh
Ponte di Volo della Nave Bergamini, Marina Militare. Ph. Massimo Sestini.

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