IL FINGERPICKING DI MARK KNOPFLER
Da appassionati di chitarra quali siamo, seguiamo con interesse il panorama dello strumento (anche circa i modelli) e dei musicisti a sei corde. Ascoltiamo volentieri i virtuosi, Tommy Emmanuel in testa, e amiamo scoprire i talenti del passato, cercando di intuirne le qualità prima non apprezzate (George Harrison tra questi, 11° al mondo nella classifica di Rolling Stone). Ci sono poi i chitarristi degli effetti e del suono; e qui non possiamo dimenticare David Howell Evans, conosciuto come The Edge, lo strumentista degli U2 (24º nella Lista dei 100 migliori chitarristi di tutti i tempi per la rivista Rolling Stone).
Ci sono comunque chitarristi che hanno lasciato un segno profondo nella musica rock, tralasciando l’abilità tecnica. Jimi Hendrix, B.B. King (e la sua Gibson Lucille), Carlos Santana, Pat Metheny e Eric Clapton sono riusciti a creare uno stile personale. Mark Knopfler può essere aggiunto a questa categoria di eletti, per via dell’originalità del suo sound.
Knopfler suona pizzicando le corde con pollice, indice e medio, senza plettro. Il suono della sua chitarra è pulitissimo. Mark ha detto: «Una volta che impari il fingerpicking sulla chitarra acustica cambia il modo in cui suoni la chitarra elettrica. Così ho iniziato a suonare la Fender Stratocaster in modo meno distorto, differenziandomi dai molti chitarristi che suonano heavy tutto il tempo».
Ascoltiamo spesso, con invidia, l’album “Sultans of Swing”-The very best of Dire Straits”. Riconosciamo la chitarra di Knopfler, nelle intro e a supporto del canto per via degli arpeggi leggeri, come in “So Far Away”. In “On Every Street” le note della sua Stratocaster entrano piano, sottovoce, dopo una base intensa di piano: bello, ma tutta migliora quando l’arpeggio diventa il tema del brano, fino alla fine, supportato dalla batteria. C’è poi “Romeo and Juliet”, con una sonorità diversa (differente è il modello della chitarra), ma Mark canta e quasi parla sulle sue stesse note.
Mark Knopfler, note biografiche
Mark Knopfler nasce il 12 agosto 1949 a Glasgow, in Scozia. Chitarrista e cantautore scozzese, è conosciuto come il front man dei Dire Straits, pur essendosi distinto anche come artista solista. Ha completato la sua fama per essere stato autore di colonne sonore di film. Il suo stile alla chitarra è originale e distintivo, in particolare per la tipica tecnica fingerstyle. Il suono che produce alla chitarra elettrica risulta dolciastro e riconoscibile. Come cantautore, fonde insieme i generi folk, pub rock e musica country.
Knopfler ha sviluppato l’interesse per la musica in tenera età ed è stato particolarmente influenzato da suo zio, che suonava il piano e l'armonica. All'inizio degli anni '60, mentre viveva a Newcastle, imparò a suonare la chitarra. Nel 1965, come parte di un duo, si esibì alla televisione locale. Nel 1967 Knopfler andò all'Harlow College nell'Essex, in Inghilterra, per studiare giornalismo, e l'anno successivo divenne reporter per lo Yorkshire Evening Post.
Nel 1973, dopo essersi laureato a Leeds, Knopfler si esibì con la band Brewers Droop a Londra; divenne poi docente al Loughton College, nell'Essex. In seguito, ha rivolto la sua attenzione ai Café Racers, una band che includeva suo fratello David e il chitarrista e bassista John Illsley.
Nel 1977, con Knopfler alla chitarra solista, David alla chitarra ritmica, Illsley al basso e David ("Pick") Withers alla batteria, nacquero i Dire Straits. L'omonimo album di debutto della band, pubblicato nel 1978, ha guadagnato popolarità in tutto il mondo: Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti. Negli anni che seguirono, i Dire Straits incisero una serie di album di successo commerciale, culminati con Brothers in Arms (1985), che ottenne vari premi, tra cui un Grammy Award (1986) per il singolo "Money for Nothing".
Alla fine degli anni '80, prendendosi una pausa dai Dire Straits, Knopfler si dedicò alla composizione di colonne sonore per film; i suoi primi lavori includevano le colonne sonore di The Princess Bride (1987) e Last Exit To Brooklyn (1989). Durante questo periodo si è riunito con Phillips per formare i Notting Hillbillies e ha collaborato con il musicista country Chet Atkins per creare Neck and Neck (1990), un album di grande successo che ha vinto tre Grammy Awards. L'anno successivo i Dire Straits si riunirono per pubblicare l'ultimo album del gruppo, On Every Street. Nel 1996 Knopfler pubblicò il suo primo album da solista, Golden Heart.
Durante i primi anni 2000 e 2010, Knopfler ha continuato a scrivere colonne sonore di film, ha pubblicato altri album, tra cui Get Lucky (2009) e Privateering (2012), che sono entrati nella top 10 delle classifiche in Europa, e ha partecipato a numerosi tour mondiali. Nel 2018 i Dire Straits sono stati inseriti nella Rock and Roll Hall of Fame.
Un incontro col fotografo Guido Harari
Abbiamo intervistato Guido Harari anni addietro. Ecco cosa ci ha detto circa i suoi inizi con la fotografia. «Mio padre nutriva la passione per la fotografia e aveva una fotocamera a soffietto. Già l’oggetto mi affascinava, ma anche le immagini che il genitore riusciva a tirar fuori finivano per stupirmi: piene di buon gusto e ricche dell’attimo colto. Quel tempo che poteva fermarsi deve aver lasciato un germoglio “latente” nei miei desideri, perché crescendo i miei interessi si spostavano nella direzione del rock e della musica in genere: Little Richard, Elvis; e poi, i Beatles e il primo Gaber. Verso i diciotto anni, eccomi in giro per l’Italia a seguire i concerti: però, come avvicinare gli artisti? Avevo negli occhi le copertine degli LP e i libri musicali, così pensai alla fotografia come metodo d’approccio per un mondo che volevo più mio».
Guido Harari e il ritratto, le sue parole. […] «Nel frattempo avevo intrapreso la strada del ritratto. La fotografia mi aveva restituito altri interessi, volti a interpretare attori, artisti, politici, industriali, aggiungendo allo scatto un sapore musicale. Agnelli, per me, era una pop star come Bob Dylan. In fin dei conti, desideravo un ritratto diverso: pervaso da quella complicità che riconoscevo negli autori che preferivo. Generalmente i fotografi musicali erano amici dei musicisti, il che generava un pensiero unico che si estrinsecava anche nelle immagini. Io volevo la stessa cosa nei ritratti delle celebrità. Il ritratto è un po’ la mia passione. Ho cercato di affermarmi in quella direzione, interagendo anche con i giornali, ai quali chiedevo di poter incontrare personaggi diversi. Dopo è cambiato il vento: sono spuntate le veline ed anche le stesse celebrità hanno modificato il loro comportamento. Credo che in Italia il ritratto fotografico non abbia mai raggiunto uno status proprio. Forse la responsabilità è dei giornali, degli editor; sta di fatto che non esiste, da noi, un gruppo consolidato di ritrattisti. In seguito, ho iniziato a pubblicare libri e sono nati quelli dedicati a Vasco, Mia Martini, Gaber. Volevo dare valore a un archivio che era aumentato nel tempo. Sappi che ogni volume è ufficiale, pubblicato cioè col consenso dei familiari. […] Sto comunque tornando alla fotografia: alla qualità, alla ricerca».
Abbiamo chiesto al fotografo: «Fotografia o musica: quale passione prevale?». «Sono andate di pari passo; del resto entrambe vivono in simbiosi. Pensa, a tale proposito, alle foto Jazz degli anni ’50 o alle copertine dei dischi. I contenuti si rafforzano a vicenda».
Molte volte, in fotografia, sentiamo parlare di passione, ma spesso questa scalda, motiva, induce, esalta; non andando oltre. Per molti resta uno spazio invalicabile tra l’esistere e il percepire, come se il sentimento rappresentasse unicamente uno strumento da utilizzare alla bisogna. Per Guido non è così: lui della passione si nutre, vive, opera. Non a caso, le sue idee vanno oltre, anche al di là dello spazio temporale della sua vita. Ci dice che vorrebbe essere nato prima, per trovarsi “in fase” con gli anni ’60. No, non si tratta di un rimpianto, bensì di un riflesso verso uno sguardo allargato: sempre propenso all’oltre, alla scintilla che illumina l’anima.
Il fotografo Guido Harari, note biografiche
Guido Harari nasce al Cairo (Egitto) nel 1952. Nei primi anni Settanta avvia la duplice professione di fotografo e di critico musicale, contribuendo a porre le basi di un lavoro specialistico, sino ad allora senza precedenti in Italia. Dagli anni Novanta il suo raggio d’azione contempla anche l’immagine pubblicitaria, il ritratto istituzionale, il reportage a sfondo sociale. Dal 1994 è membro dell’Agenzia Contrasto. Ha firmato copertine di dischi per Claudio Baglioni, Angelo Branduardi, Kate Bush, Vinicio Capossela, Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele, Bob Dylan, Ivano Fossati, BB King, Ute Lemper, Ligabue, Gianna Nannini, Michael Nyman, Luciano Pavarotti, PFM, Lou Reed, Vasco Rossi, Simple Minds e Frank Zappa, fotografato in chiave semiseria per una storica copertina de «L’Uomo Vogue». È stato per vent’anni uno dei fotografi personali di Fabrizio De André. Ha al suo attivo numerose mostre e libri illustrati tra cui Fabrizio De André. E poi, il futuro (Mondadori, 2001), Strange Angels (2003), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, Mondadori, 2004), Vasco! (Edel, 2006), Wall Of Sound (2007), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (Rizzoli, 2007).
Di lui ha detto Lou Reed: “Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido”. “So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento”. “Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi”. “Considero Guido un amico, non un semplice fotografo”.
Le fotografie
Mark Knopfler, Power Station, New York City, 1982. Ph. Guido Harari. Wall of Sound Gallery.