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GIORNATA MONDIALE D’AZIONE PER L’AMAZZONIA

Si celebra il 5 settembre la Giornata mondiale d'azione per l'Amazzonia, indetta dall’Articolazione dei Popoli Indigeni del Brasile per denunciare la drammatica situazione della foresta amazzonica, permettendo così di riflettere sul legame tra deforestazione, crisi climatica e violazione dei diritti umani.

La foresta amazzonica si estende su una superficie di 6,7 milioni di km², la foresta pluviale più grande rimasta sulla Terra. La porzione più vasta, le cui dimensioni superano quelle dell'Europa occidentale, si trova in Brasile. Lo stato di salute di questa preziosa regione naturale è legato a quello del clima globale: riesce a immagazzinare da 90 a 140 miliardi di tonnellate di CO2. La sua distruzione provoca il rilascio nell'atmosfera di enormi quantità di anidride carbonica, con conseguenze catastrofiche per l'ambiente.

La giornata mondiale ci permette di parlare ancora della mostra Amazônia, di Sebastião Salgado e curata da Lélia Wanick Salgado, visitabile a Milano presso la Fabbrica del Vapore fino al 19 novembre 2023.
In un testo presente nella mostra, Lélia e Sebastião Salgado esprimono tutti i loro timori circa la foresta amazzonica. Eccone un estratto:
«La biodiversità della foresta amazzonica è oggetto di continui attacchi, in particolare lungo i confini esterni. Ogni anno, decine di migliaia di aziende agricole si appropriano di nuovi terreni, consumando a poco a poco questa foresta sterminata e distruggendo senza sosta gli insediamenti indigeni situati, fatalmente, nelle terre adiacenti. La foresta amazzonica è l’unico luogo al mondo in cui l’umidità dell’aria non dipende dall’evaporazione degli oceani: ogni albero funziona come un aeratore che ogni giorno pompa nell’atmosfera centinaia di litri di vapore acqueo, creando i cosiddetti “fiumi volanti”, la cui portata supera persino quella del Rio delle Amazzoni. Le fotografie satellitari sono solite mostrare la foresta tropicale quasi interamente coperta di nubi. Il giorno in cui la giungla sarà perfettamente visibile dallo spazio, significherà che i “fiumi volanti” saranno scomparsi, con conseguenze catastrofiche per il pianeta».

Dal comunicato stampa della mostra

Dopo il progetto Genesi, dedicato alle regioni più remote del pianeta per testimoniarne la maestosa bellezza, Salgado ha intrapreso una nuova serie di viaggi per catturare l'incredibile ricchezza e varietà della foresta amazzonica brasiliana e i modi di vita dei suoi popoli, stabilendosi nei loro villaggi per diverse settimane e fotografando vari gruppi etnici. Un progetto durato sette anni, durante i quali ha fotografato la vegetazione, i fiumi, le montagne e le persone che vi abitano.

Con oltre 200 fotografie esposte, Amazônia vuole proporre un’immersione totale nella foresta amazzonica, invitandoci a riflettere sulla necessità di proteggerla.

Lélia Wanick Salgado, compagna di lavoro e di vita del fotografo, è responsabile della curatela e della scenografia della mostra. «Disegnando ‘Amazônia’, ho voluto creare un ambiente in cui il visitatore si sentisse all’interno della foresta, integrato con la sua esuberante vegetazione e con la vita quotidiana delle popolazioni indigene. La mia idea era quella di presentare queste immagini, accompagnate da testi pertinenti, in modo da sottolineare la bellezza di questa natura e dei suoi abitanti, nonché la sua dimensione ecologica e umana, tutti elementi che oggi sono così minacciati e che è fondamentale proteggere e preservare», commenta Lélia.

La mostra si sviluppa attorno a due temi. Il primo è costituito dalle fotografie di ambientazione paesaggistica, poste a diverse altezze e presentate in diversi formati, con le sezioni che vanno dalle Vedute aeree della foresta, in cui si offre al visitatore un’ampia panoramica di immense cascate e cieli tempestose, a I fiumi volanti: la foresta amazzonica è l’unico luogo al mondo in cui il sistema di umidità dell’aria non dipende dall’evaporazione degli oceani. Ogni albero disperde centinaia di litri d’acqua al giorno, creando fiumi aerei anche più grandi del Rio delle Amazzoni. Le immagini delle Piogge torrenziali mostrano nuvole catturate drammaticamente, che offrono uno spettacolo sempre diverso, mentre Montagne presenta i rilievi montuosi del Brasile, con cime avvolte nella nebbia e pendii inferiori ricoperti dalla foresta pluviale. Si prosegue con la sezione La foresta, un tempo definita “Inferno Verde”, oggi da vedere come uno straordinario tesoro della natura, per finire con Anavilhanas -Isole nella Corrente, l’arcipelago che conta tra le 350 e le 450 isole di ogni forma immaginabile che emergono dalle acque scure del Rio Negro.

Il secondo gruppo d’immagini è dedicato alle diverse popolazioni indigene: al centro della mostra gli ospiti trovano tre alloggiamenti che rappresentano le case indigene chiamate “ocas”. Insieme, questi spazi espongono 100 fotografie delle popolazioni dell’Amazzonia, insieme a interviste video dei leader indigeni. Questa parte è dedicata a 12 gruppi indigeni che Salgado ha immortalato nei suoi numerosi viaggi: Awa-Guajá, Marubo, Korubo, Waurá, Kamayurá, Kuikuro, Suruwahá, Asháninka, Yawanawá, Yanomami, Macuxi and Zo’é.

Nelle parole di Sebastião Salgado: «Questa mostra vuole ricreare l’ambiente della foresta amazzonica, che ho vissuto, documentato e fotografato per sette anni, dando la possibilità al visitatore di immedesimarsi e immergersi sia nella sua vegetazione rigogliosa sia nella quotidianità delle popolazioni native. Sono particolarmente felice di tornare con Amazônia ad esporre a Milano, la città che ha dato sempre molto spazio al mio lavoro, offrendo ai cittadini l’occasione di vedere le immagini che sono una testimonianza di ciò che resta di questo patrimonio immenso, che rischia di scomparire. Affinché la vita e la natura possano sottrarsi a ulteriori episodi di distruzione e depredazione, spetta a ogni singolo essere umano del pianeta prendere parte alla sua tutela».

Salgado, il poeta dei diseredati

Sebastião Salgado nasce l’8 febbraio 1944. Forse con lui si chiude la grande scuola del reportage: quella di Robert Capa, Cartier Bresson, Werner Bischof e tanti altri ancora.
Inizialmente avviato agli studi economici, Salgado inizia la sua attività di fotoreporter a ventisei anni, quando, in seguito a una missione nel Corno d’Africa, documenta la tragedia della grande carestia nel Sahel.
Le sue foto vivono di una bellezza drammatica (o di “una grazia incerta” come il titolo di un suo libro fotografico) e dal primo momento fanno discutere, perché abbinano gli estremi della vita: tra estetica, carestia e disperazione. Conquistano comunque il mondo, e lo pongono alla ribalta internazionale.
Salgado è stato definito un fotografo umanista, ma forse sarebbe meglio definirlo “impegnato” o quantomeno legato a quanto gli accade davanti. “Il distacco è un disastro per il fotoreporter”, ha detto in un’intervista, aggiungendo: “Si deve vivere all’interno della situazione, farla diventare vita reale personale, condividendo con le persone ciò che stanno provando”.
La sua fotografia, comunque, non si è mai posta domande: neanche di natura etica. Lui non andava a prendere qualcosa, né a sfruttare qualcuno. Le immagini venivano fatte bene, ecco tutto: utilizzabili per comunicare.
Uno dei suoi lavori più famosi è ambientato tra i cercatori d’oro della miniera a cielo aperto della Serra Pelada, in Brasile, in cui migliaia di persone scavano incessantemente come formiche brulicanti nel fango alla ricerca frenetica di tracce d’oro.
Nelle sue fotografie, Sebastiao mostra sempre la sua incrollabile fede nell’uomo, la profonda solidarietà: senza incrinature e priva di retorica davanti al dolore.

Sebastião Salgado, note biografiche

Sebastião Ribeiro Salgado nasce l’8 febbraio 1944 ad Aimorés, nello stato di Minas Gerais, in Brasile. A 16 anni si trasferisce nella vicina Vitoria, dove finisce le scuole superiori e intraprende gli studi universitari. Nel 1967 sposa Lélia Deluiz Wanick. Dopo ulteriori studi a San Paolo, i due si trasferiscono prima a Parigi e quindi a Londra, dove Sebastião lavora come economista per l’Organizzazione Internazionale per il Caffè.

Nel 1973 torna insieme alla moglie a Parigi per intraprendere la carriera di fotografo. Lavorando prima come freelance e poi per le agenzie fotografiche Sygma, Gamma e Magnum, per creare poi insieme a Lèlia l’agenzia Amzonas Images, Sebastião viaggia molto, occupandosi prima degli indios e dei contadini dell’America Latina, quindi della carestia in Africa verso la metà degli anni Ottanta. Queste immagini confluiscono nei suoi primi libri.

Tra il 1986 e il 2001 si dedica principalmente a due progetti. Prima documenta la fine della manodopera industriale su larga scala nel libro La mano dell’uomo, (Contrasto, 1994) e nelle mostre che ne accompagnano l’uscita (presentata in sette diverse città italiane). Quindi documenta l’umanità in movimento, non solo profughi e rifugiati, ma anche i migranti verso le immense megalopoli del Terzo mondo, in due libri di grande successo: In cammino e Ritratti di bambini in cammino (Contrasto, 2000). Grandi mostre itineranti (A Roma alle Scuderie del Quirinale e poi a Milano all’Arengario di Palazzo Reale) accompagnano anche in questo caso l’uscita dei libri. Genesi inizia come progetto nel 2003 e viene presentato al mondo dopo nove anni di lavoro. La mostra è accompagnata dal libro omonimo Genesi (Taschen, 2013).

Lélia e Sebastião hanno creato nello stato di Minas Gerais in Brasile l’Instituto Terra che ha riconvertito alla foresta equatoriale - che era a rischio di sparizione - una larga area in cui sono stati piantati decine di migliaia di nuovi alberi e in cui la vita della natura è tornata a fluire. L’Instituto Terra è una delle più efficaci realizzazioni pratiche al mondo di rinnovamento del territorio naturale ed è diventata un centro molto importante per la vita culturale della città di Aimorès.

La mostra

Sede
Milano, Fabbrica del Vapore
Via Procaccini, 4
Fino al 19 novembre 2023

A cura di
Lélia Wanick Salgado

Una mostra promossa da:
Comune di Milano
Fabbrica del Vapore

Organizzazione:
Contrasto
Civita
General Service and Security

Le fotografie

Rio Negro. Stato di Amazonas, Brasile, 2019.
Arcipelago fluviale di Mariuá. Rio Negro. Stato di Amazonas, Brasile, 2019.

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