RENATO ZERO, POESIA IN MUSICA
Non abbiamo mai ascoltato Renato Zero con attenzione, nemmeno in gioventù. Eravamo sorpresi dal suo successo, meravigliati dal suo porsi sul palco, quasi indispettiti quando le ragazze cantavano a memoria le sue canzoni. Erano i tempi del rock, dei cantautori impegnati, dei giullari, di quella via Emilia (per chi scrive) di passaggio, aeroporto naturale per l’America. Eppure, Renato Zero evolve, cambia, si pone in maniera differente; ed è ancora lì, volto di successo sul palco e altrove, nel regno della musica.
Oggi, è proprio la gioventù trascorsa a farci riflettere, e rileggere possiamo dire; perché i testi del cantante romano meritano una riflessione, la stessa che sconfigge il tempo e le mode. “I migliori anni della nostra vita” suona in auto, e qualche rimpianto stringe la gola. «Penso che è stupendo restare al buio abbracciati e muti. Come pugili dopo un incontro. Come gli ultimi sopravvissuti. Forse un giorno scopriremo che non ci siamo mai perduti. E che tutta quella tristezza in realtà, non è mai esistita!». Già, quale tristezza? Forse quella di “Aspettando Godot” (Claudio Lolli) o anche altre, come quella cantata in “Incontro” (Francesco Guccini). Ne è valsa la pena? Forse sì, perché eravamo così, convinti che la felicità passasse dalla gioia di essere tristi.
Dobbiamo però riconoscere a Renato Zero i meriti che non gli abbiamo mai attribuito. Poeta lo era (e lo è) veramente, oltre la retorica che ci ha fatto sempre storcere il naso. Ascoltiamo e leggiamo: «Il poeta si strugge al ricordo di una poesia, questo tempo affamato consuma la mia allegria, canto e piango pensando che un uomo si butta via, che un drogato è soltanto un malato di nostalgia, che una madre si arrende e un bambino non nascerà, che potremmo restare abbracciati all’eternità» (da Più su). Che dire? Abbiamo la possibilità di rileggere la nostra gioventù, pensando anche a quella ragazza che cantava Zero a memoria. Il nostro tempo si salverebbe, con una tristezza rinnovata, perché alla fine è sempre lì andiamo a finire.
Renato Zero, note di vita
Renato Zero è il nome d'arte di Renato Fiacchini (nato il 30 settembre 1950), un cantante, cantautore, produttore, ballerino e attore italiano la cui carriera abbraccia ben 6 decenni, dagli anni '60 agli anni 2010 , con 40 milioni di dischi venduti, diventando uno degli artisti musicali italiani più venduti.
Zero è nato nel centro di Roma, in Via di Ripetta, accanto alla famosa Via del Corso. Abbandona presto gli studi per dedicarsi alla sua vera passione, l'arte, più precisamente alla musica e al canto, anche se inizialmente con scarso successo. Il suo primo singolo pubblicato, "Non basta sai/In mezzo ai guai" (1967), vendette un totale di 20 copie e fu presto dimenticato.
Ha svolto diversi lavori, tra cui un'apparizione in una pubblicità di gelati, ha lavorato come ballerino in uno show televisivo, ha suonato e ballato in due musical e un paio di ruoli minori in due film di Fellini.
Tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70 la carriera di Zero ricevette una spinta dal movimento glam-rock, da cui trasse vantaggio con la sua ambiguità sessuale e il suo aspetto androgino. Allo stesso tempo, questo lo portò ad essere accusato di emulare altre celebrità come David Bowie. Nel 1973 pubblicò il suo primo LP, No! Mamma, no! (registrato dal vivo), ma ancora con scarso successo.
Fu solo nel 1976 che ottenne il suo primo successo con il singolo "Madame", inserito nell’album Trapezio, avvicinò un pubblico poi divenuto fedele (i fan erano soprannominati “sorcini”). Tra i suoi più grandi successi dell'epoca, tutti in testa alle classifiche italiane per diverso tempo, "Mi vendo", "Morire qui", "Triangolo", "Baratto", sono ancora molto popolari.
La fine degli anni '70-inizio anni '80 furono infatti anni di grande successo per il personaggio di Zero, con gli LP Zerofobia (1977), Zerolandia (1978), Erozero (1979), "Tregua" (1980), "Artide Antartide" (1981), "Via Tagliamento" (1982) e "Calore" (1983) in testa alle classifiche italiane. Le canzoni "Il cielo", "Il Carrozzone", "Amico", "Più su" e "Spiagge" erano già considerate, anche dalla critica, come alcune delle migliori canzoni italiane di sempre.
Il nome Zerolandia si riferiva anche al teatro mobile (un tendone da circo con una capienza di 5.000 persone) in cui dava spettacoli in tutta Italia. In numerose occasioni i fan partecipavano ai concerti, truccati come Zero e vestiti con i suoi tipici costumi da uccello e decorati con strass.
Nel 1979 Zero interpretò se stesso nel film Ciao Nì. In Italia questo film ha incassato più del kolossal americano Superman.
Alla fine del 1982 prese parte a Fantastico 3 della RAI, allora il programma televisivo italiano più popolare.La sua carriera continuò ad avere successo fino al 1984, quando iniziò a decrescere.
Nel 1991 Renato Zero partecipa al Festival di Sanremo con "Spalle al muro", e da quel momento la sua carriera ricomincia a crescere. I suoi concerti registravano regolarmente il tutto esaurito e lui torna ai suoi famosi cambi d'abito, anche se in uno stile più equilibrato.
Nel 1999, ha cantato al Pavarotti and Friends la sua canzone di successo Il cielo insieme al tenore Luciano Pavarotti, e più tardi, nello stesso anno, la diva italiana Mina gli ha reso omaggio con il suo album Mina n° 0, contenente dieci canzoni di Zero, inclusa una cantata in duetto con lui.
Dopo un decennio di successi, il 13 febbraio 2016 è stato ospite d'onore al Festival di Sanremo. In quell'occasione annuncia il suo prossimo album, "Alt", in uscita l'8 aprile. Il 2 marzo "Chiedi", primo singolo estratto da "Alt", raggiunge la prima posizione nella classifica iTunes.
A Renato zero piace lavorare con altri artisti e ha scritto canzoni anche per numerosi altri cantanti. Con il suo particolare approccio alle performance, agli spettacoli e alle tournée, è uno dei principali interpreti dal vivo nel suo paese e ha ottenuto un posto unico nel panorama musicale italiano.
Sebbene si pensasse che Renato Zero fosse bisessuale o gay, lui si è dichiarato eterosessuale durante un talk-show italiano. Zero ha ammesso di aver avuto due relazioni: uno con Enrica Bonaccorti, famosa conduttrice televisiva, e un altro con Lucy Morante, sua ex segretaria.
La sua immagine è cambiata nel corso dei decenni, dall'esuberante travestito truccato della metà degli anni '70, all'icona cupa vestita di blu di oggi. La sua unica ostentazione è una chioma di capelli neri come l'ebano e un sottile velo di fondotinta e lucidalabbra.
Il fotografo Daniele Venturelli, per molti, per tutti
Incontriamo Daniele Venturelli al telefono, come molti anni prima. I tempi sono cambiati, ma lo scatto degli eventi aveva già preso una direzione precisa: in quantità e qualità. Ritroviamo un Daniele maturo, deciso, preparato e cosciente della sua missione. Deve documentare tutto e meglio, velocemente, senza indugi o preferenze. La sua attività si compone di tanti istanti decisivi, che non possono (né devono) essere vissuti emotivamente. E’ vera fotografia? Crediamo di sì, forse anche di più: perché c’è chi scatta e colui che guarda, diventato peraltro maggiormente esigente. Troppe sono, oggi, le fonti d’informazione e la fotografia ha dovuto adeguarsi, prontamente. Diciamo che è cambiato il mondo, la vita, il senso di appartenenza.
Decine di occhi ci guardano e fili sottilissimi si scambiano i numeri del nostro esistere. Meglio avere un avamposto, un delegato che sappia osservare per noi, al posto e nel momento giusto. Daniele è un po’ questo: scatta per tutti coloro che guarderanno, al di là dei gusti, con l’intento di non tralasciare nulla.
Viaggia molto, Daniele: nelle capitali delle celebrità. Lo muove un’energia atavica, dirompente, fortemente motivata. Si fermerà un giorno? Forse, chissà. Probabilmente, quel giorno, ripenserà a quel bambino che diceva alla madre: “Voglio fare il fotografo”. Ricorderà gli scatti, i momenti, gli eventi e le curiosità, convinto di avercela fatta: per molti, per tutti.
Daniele Venturelli, note biografiche
Daniele Venturelli, fotografo autodidatta, nasce nel 1967 a Reggio Emilia, e mostra, fin da bambino, interesse e acuta curiosità verso “l’oggetto fotocamera” e lo sviluppo in camera oscura che ha modo di sperimentare, fin dai sette anni di età, presso la camera oscura “pubblica” del centro culturale della sua città.
Ha iniziato a fotografare da autodidatta scoprendo subito la sua passione per il ritratto in bianco e nero e poi verso la fotografia sportiva. Si è sempre aggiornato nella tecnica e nella conoscenza delle attrezzature, ottiche e fotocamere. Nel suo percorso di ricerca ha sperimentato prima la pellicola in bianco e nero per arrivare tra i primi in Italia al digitale.
Dopo una prima fase professionale che lo vedeva impegnato nell’immortalare le sfide sportive nazionali ed internazionali della Formula uno, dello sci, calcio, ciclismo ed equitazione, si è poi specializzato nella ritrattistica e nella fotografia editoriale dei grandi eventi culturali internazionali. Ha lavorato a stretto contatto con gradi personalità di fame internazionale, uno fra tutti, il Maestro Luciano Pavarotti, che ha seguito in concerti, tour e percorsi privati e professionali. Venturelli lavora curando direttamente ogni dettaglio: relazione con la committenza, composizione, luce, e mantiene personale contatto con le personalità da ritrarre, elementi peculiari che lo rendono unico non solo nello stile ma soprattutto nel processo creativo e nella dinamica di relazione e creazione.
Ogni scatto è una vera e propria sfida creativa, contro il tempo di messa in rete degli scatti e della successiva pubblicazione.
La fotografia è diventata parte integrante della sua vita che lo porta a viaggi e trasferte lavorative continue in ogni parte del mondo, ma alle sfide professionali alterna anche passioni personali sportive che lo appassionano, prima il nuoto ed ora il ciclismo.
Numerose sono le pubblicazioni sulle pagine e sulle cover di prestigiosi Magazine nazionali ed internazionali. Sempre presente nei più importanti e prestigiosi eventi nazionali ed internazionali della moda, dello spettacolo, della cultura, dell’arte e dello sport.
Dal 2002 collabora con la prestigiosa agenzia fotografica Getty Image, portando attraverso la loro distribuzione capillare e internazionale, i suoi scatti a pubblicazioni in tutto il mondo.
Grazie al suo curriculum e alla qualità del suo lavoro i suoi scatti sono molto ricercati e apprezzati.
Le fotografie
Copertina del disco “ero Zero”, 1979.
Renato zero, fotografia da Daniele Venturelli