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2 OTTOBRE, LA FESTA DEI NONNI

In Italia, il 2 ottobre si celebra la Festa dei Nonni. La ricorrenza cade il giorno in cui la Chiesa celebra gli Angeli ed è stata istituita dal Parlamento nel 2005. Le istituzioni hanno così voluto confermare il ruolo dei nonni nella nostra società, dove rappresentano un importante punto di riferimento, una risorsa di grande valore, un patrimonio di ricchezza dal quale attingere aiuto nell’educazione dei giovani all’interno delle famiglie d’appartenenza.

«Scatto a mia nonna le ultime pose», così cantava il brano degli Stadio “Chiedimi chi erano i Beatles”. Già, agli anziani si dedicavano gli ultimi scatti di un rullino ancora in vita nel cassetto buono. E’ il grande merito della fotografia, quello di regalare la salvezza alla vita di quanti oggi, forse, non esistono più. Chi scrive (scusate) oggi i nonni può solo ricordarli, ma almeno ne testimonia la presenza a coloro che non li hanno potuti vedere; sempre per merito di quell’immagine uscita all’improvviso da una scatola di cartone. Il tempo con loro era il regalo della promozione, tipicamente d’estate; e ogni anno accadeva il miracolo: si accendeva un tempo diverso, nei rituali e nelle ricorrenze. L’età anagrafica ne restituisce una nostalgia profonda, che poi è alla base di una felicità tipicamente fotografica: la meraviglia nel ricordo d’istanti e luoghi, un anno dopo l’altro.

Circa le fotografie, abbiamo scelto immagini a firma Paolo Di Paolo e Gianni Berengo Gardin. Il primo ci propone due nonni “al vero”, e questo ci aiuta. Il fotografo di Santa Margherita ligure mostra invece un’immagine d’atmosfera: due anziani nella loro casa, dove l’abitazione era il soggetto da cui è nato il volume con Luciano D'Alessandro, "Dentro le case". Non importa, i nonni sono anche quello: le persone e i gesti che compiono nel loro ambiente. A pensarci, li ricordiamo così.

Nel proseguo leggeremo concetti già detti, ma di fronte ai nonni non potevamo esimerci dal ripeterci.

Un vecchio cassetto

La casa odorava ancora d’estate, ed era la vista a suggerirlo: un libro dimenticato, i giornali d’agosto, quella sdraio ancora aperta per il sole del balcone. Lui aprì le imposte ed entrò una luce polverosa, solo leggermente tiepida. Sulla credenza vi erano giochi d’altri tempi, introvabili oggi: fatti di latta e non di plastica. Il resto era fermo come un monito: una vecchia radio, la macchina per cucire, una palla delle sue figlie; e poi i tanti portaritratti sparsi su una mensola: due bambine, poi delle ragazze cresciute; ma anche nonni, genitori, persone sconosciute. In un angolo, una piccola foto era solo appoggiata: due sposi sorridevano alla vita in bianco e nero; i suoi genitori.

Aprì un vecchio cassetto. C’era di tutto: batterie scariche, lampadine, un paio di forbici, dello spago; e poi foglietti, bigliettini, nastro adesivo, un coltello serramanico e qualche fotografia.
«Conservavano tutto!», si disse; ma la considerazione gli parve troppo banale. C’era dell’altro, ci doveva essere. Forse bisognava chiamare in causa la vita stessa, che imponeva di salvare il salvabile, preservando se stessi con la cura degli oggetti, elementi inanimati senza tempo.

Vedeva occhi ovunque, sguardi in cerca di spiegazioni, affetti venuti meno con una sterzata improvvisa. E gli oggetti rimanevano lì a ricordare, senza pietà, privi di ritegno. «E’ ingiusto», pensò; ma lì vi era il senso della vita: quella che passa e la testimonianza che rimane. L’orologio era fermo, la pendola anche. Da entrambi si sentiva osservato, a mo’ di preghiera. Alla fine lo sguardo cadde sulla fotografia dei suoi genitori, diventati poi nonni. «C’è tutto, non vi preoccupate. La vita continua».

Guidò verso casa con poco entusiasmo, ma si sentiva più ricco. Tempo e ricordi s’inseguivano accumulandosi. «La risposta è in quella fotografia sempre pronta per farci ridere, piangere, meravigliare», si disse. I due sposi in bianco e nero, erano loro l’origine di tutto: i nonni che adesso non ci sono più.

Paolo Di Paolo, il fotografo ritrovato

Paolo Di Paolo nasce a Larino, in Molise, il 17 maggio 1925. Dal 1939 è a Roma, dove studia filosofia. Nel dopoguerra frequenterà la Capitale “colta”, tra personaggi del calibro di Giovanni Omiccioli e Mimmo Rotella. La fotografia inizia a entrare nei suoi interessi, per diletto (come dice lui). Intanto si avvicina al mondo dell’editoria e approderà, felicemente, al Mondo, un settimanale creato e diretto da Mario Pannunzio, ben abitato da firme quali Moravia, Sciascia, Scalfari. I più giovani penseranno al successivo periodico di economia, che però era un’altra cosa. Il periodico di Pannunzio si distingueva anche per via delle fotografie, stampate in grande formato e disgiunte dai testi; in pratica, non illustravano la notizia, ma vivevano di un loro valore narrativo. Quando il periodico chiuse (siamo nel 1966), per Di Paolo fu un brutto colpo e scrisse queste parole al suo ex direttore: “Per me e per altri amici muore oggi l’ambizione di essere fotografi”. Da quel momento si dedicò ad altro.

Il lavoro del fotografo molisano cadde così nel dimenticatoio, riapparendo solo di recente: questo per merito della figlia, che scoprirà in cantina il suo archivio di 250 mila fotografie, molte delle quali sono state esposte in una mostra al MAXXI di Roma, dal titolo “Mondo Perduto”. Per noi che siamo appassionati di fotografia, e di opere editoriali (riviste, libri), le vicende di Paolo Di Paolo hanno il sapore del ritrovamento. Ne abbiamo parlato anche su Image Mag, parlando de “La Lunga Strada di Sabbia”. Sì perché il fotografo molisano, nell’estate 1959, parte con lo scrittore Pier Paolo Pasolini per un lungo viaggio lungo le coste italiane, da Ventimiglia a Trieste. Per il futuro regista, sarà l’occasione per incontrare amici e intellettuali, ma anche per conoscere un’Italia non ancora in pieno boom economico, che quindi non riesce a fare breccia sul suo sogno ricco d’innocenza.
Di Paolo porterà a casa molte fotografie, affascinati perché vicine agli italiani del tempo e al popolo della costa. Le immagini furono pubblicate a puntate sulla rivista “Il Successo”.

Paolo di Paolo muore 12 giugno 2023, a Termoli.

Gianni Berengo Gardin, la vita

Gianni Berengo Gardin nasce a Santa Margherita Ligure nel 1930 e inizia a occuparsi di fotografia dal 1954.
Trascorre l’infanzia in Liguria, poi si trasferisce a Roma. Dopo un lungo periodo a Venezia, mette le radici a Milano, dove comincia la sua professione di fotografo. Collabora con numerose riviste tra cui Il Mondo di Mario Pannunzio e le maggiori testate giornalistiche italiane e straniere, come Epoca e Time. Si dedica in special modo alla realizzazione di libri fotografici: pubblica oltre 250 volumi, dai quali emerge soprattutto il suo interesse per l’indagine sociale. Dal 1966 al 1983, in collaborazione con il Touring Club, pubblica una serie di volumi dedicati all’Italia e ai Paesi europei.

Lavora assiduamente con grandi industrie, tra cui l’Olivetti, per reportage e monografie aziendali. Nel 1979 inizia la collaborazione con Renzo Piano, per il quale documenta le fasi di realizzazione dei progetti architettonici.

Nella sua carriera ha esposto in oltre trecento mostre personali, in Italia e all’estero, tra cui le grandi antologiche di Arles (1987), Milano (1990), Losanna (1991), Parigi (1990),New York e alla Leica Gallery (1999); tra le ultime, alla Städtische Galerie di Iserlohn nel 2000, al Museo Civico di Padova e al Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 2001, alla Maison Européenne de la Photographie di Parigi, alla Fondazione Forma per la Fotografia nel 2005, alla Casa dei Tre Oci di Venezia nel 2012 e a Palazzo Reale a Milano nel 2013.

Nel 1972 la rivista Modern Photography lo inserisce nella lista dei 32 maggiori fotografi al mondo. Nel 2003 è presente tra gli ottanta fotografi scelti da Cartier-Bresson per la mostra “Les choix d’Henri Cartier-Bresson”.
Nel 2013 la Leica Wetzlar lo invita a esporre nella mostra “Eyes Wide Open! One Hundred Years of Leica Photography”.
Nel 2014 e nel 2015, con il Fondo Ambiente Italiano, ha esposto a Milano (Villa Necchi) e a Venezia (Negozio Olivetti) le sue immagini sulle grandi navi a Venezia.

Oltre ai numerosi premi, nel 2008, quale riconoscimento alla carriera, gli viene assegnato il Lucie Award e nel 2009 la laurea honoris causa in Storia e critica dell’arte presso l’Università di Milano. Nel 2012 la città di Milano gli assegna l’Ambrogino d’Oro.
Nel 2015, a Roma, gli viene conferito il titolo di Architetto Onorario dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.

Le fotografie

©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo. La prima volta al mare, Rimini, 1959
Gianni Berengo Gardin, Emilia (dalla serie: “Dentro le case”).

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