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EMMA GRAMATICA, DAL TEATRO AL CINEMA

Nella scena del film è in corso una diatriba popolare causata da una piccola cappella che deve essere abbattuta, per lasciare posto a una casa popolare. Ci sono i comunisti da un lato e i conservatori dall’altro, due fazioni capitanate da Peppone e Don Camillo (rispettivamente Gino Cervi e Fernandel). La folla turbolenta si apre quando compare una vecchina con un piccolo mazzo di fiori. La donna si reca lì ogni giorno per pregare in favore di suo figlio, disperso in Russia. In quella parte, Emma Gramatica mette in mostra tutta la sua capacità recitativa, come fosse in teatro. Tra l’altro, il regista (Carmine Gallone) indugia in un primo piano su di lei, ripreso dall’interno del piccolo santuario. Ne riportiamo un’immagine.

Emma Gramatica è nata a Borgo San Donnino (ora Fidenza, presso Parma), il 25 ottobre 1874. Era un’attrice di stampo verista e in età avanzata intraprese con successo la carriera cinematografica e televisiva. Ha recitato in Le Sorelle Materassi (1944) di Ferdinando Maria Poggioli, accanto alla sorella Irma, e in Miracolo a Milano (1951) di Vittorio De Sica. Apparve anche in Don Camillo monsignore... ma non troppo (1961) di Carmine Gallone, confermandosi anche nel cinema interprete di livello.

Figlia del suggeritore e della sarta della grandissima Eleonora Duse, sin da bambina vive il mondo del teatro, dove esordisce in tenera età. Non è certo avvenente, tanto che in molti le consigliano di desistere. Lei invece insiste, possiede infatti una volontà di ferro, associata ad un'incredibile versatilità che le consente di affrontare un repertorio estremamente vario.
Distintasi, all'inizio, in ruoli di carattere romantico, interpreta anche numerose opere di Ibsen e di Bataille. Grazie a lei, il pubblico italiano ha potuto apprezzare i lavori di George Bernard Shaw. Dal 1916 è applaudita anche all'estero, le sue donne sono miti e sofferenti. La sua versatilità le ha concesso anche l’ambito cinematografico, in Quando il canto si spegne (1919), La vecchia signora (1932), La damigella di Bard (1936), Mamma (1940), Le sorelle Materassi (1942), L'angelo del miracolo (1944), Miracolo a Milano (1950).

Emma Gramatica muore a Ostia l’8 novembre 1965.

Il fotografo Mario Nunes Vais, note biografiche

Mario Nunes Vais è nato a Firenze il 16 giugno 1856, in una famiglia famiglia ebrea benestante proveniente da Livorno.
Compì gli studi nell’Istituto Svizzero per poi seguire le orme paterne ed esercitare per tutta la vita il mestiere di agente di cambio. Dopo le nozze con Sofia Uzielli (1881) le dimore di famiglia in campagna (a Pian de’ Giullari) e in città (prima in via Pandolfini, poi dal 1895 in piazza dell’Unità, infine dal 1924 in Borgo degli Albizzi) divennero rinomati luoghi di incontro della mondanità fiorentina.

Sempre negli anni Ottanta dell’Ottocento diede inizio all’attività di fotoamatore, mediante la quale realizzò un corpus di fotografie che, per la varietà di soggetti e di generi, costituisce uno dei repertori iconografici di Firenze e dell’Italia più rilevanti dell’epoca.
La sua formazione come fotografo avvenne a Firenze, dove già da tempo operavano professionisti di livello internazionale come i fratelli Alinari (dal 1854) e Giacomo Brogi (dall’anno successivo). Intrattenne rapporti di amicizia e di collaborazione con numerosi operatori e in particolare con la seconda generazione dei titolari delle aziende più importanti: con Vittorio Alinari (alla guida dell’azienda di famiglia dal 1890) e con Carlo Brogi (subentrato al padre nel 1881).

Il suo ingresso nel mondo della fotografia coincise con la diffusione della tecnica della gelatina bromuro d’argento, che, a partire dal 1880, con la commercializzazione di lastre pronte per l’uso e di apparecchiature leggere e maneggevoli, e con la possibilità di effettuare sviluppi e stampe rivolgendosi a personale specializzato, favorì il diffondersi della fotografia amatoriale presso un pubblico di appassionati non sempre esperti di chimica e ottica.
Nunes Vais infatti non si occupò mai dello sviluppo e della stampa delle fotografie, che affidò a vari laboratori fiorentini, e non ebbe un proprio studio di posa per i ritratti, avvalendosi dei locali dello studio Alinari, dello studio Bencini e Sansoni e di quello Salvini. Dal 1897, inoltre, versò la quota semestrale per l’uso del terrazzo di posa della Società fotografica italiana.

La sua attività pubblica come fotografo fu legata quasi esclusivamente alla Società, fondata a Firenze nel 1889: uno dei primi circoli nati dalla collaborazione di professionisti e amatori che con esposizioni, concorsi e riviste promuovevano l’arte della fotografia in Italia. L’ammissione nella Società risale al 1890 e negli anni successivi Nunes Vais fece parte di diversi comitati organizzatori e di commissioni di concorso. Nel 1895 fu eletto fra i sindaci; fu membro nel 1903 della commissione giudicatrice del III e IV concorso fotografico indetto dalla Società e nel 1904 del suo consiglio di amministrazione.

Nel 1899, su invito di Vittorio, assunse la direzione amministrativa della società Alinari.
Partecipò anche a diversi concorsi fotografici ottenendovi diplomi e riconoscimenti: nel 1891 a Palermo; nel 1892, 1899, 1903 e 1904 a Firenze (nel 1899 figurò anche tra gli organizzatori dell’evento, che vide la presenza di opere di importanti fotografi del tempo quali Alfred Stieglitz); nel 1907 e nel 1923 a Torino (nel 1910, a titolo onorifico, venne sollecitato a iscriversi al Photo-Club della città).

Gli incarichi onorifici e i riconoscimenti ottenuti nei concorsi danno tuttavia conto di una parte marginale della sua opera. Egli infatti scattò una quantità enorme di fotografie per proprio diletto, con una sorta di intento classificatorio di luoghi, fatti e soprattutto personaggi dell’epoca in cui visse.

Fin dagli inizi si cimentò in vari generi (vedute di scorci di Firenze, scene di vita di strada, processioni, feste pubbliche, gare sportive, parate ed esercitazioni militari, momenti di ritrovo della buona società, passatempi di popolani), realizzando fotografie che testimoniano la volontà di fissare tipi umani e il gusto di collezionare immagini di eventi di ogni genere: da Buffalo Bill, che sorprese Firenze con il suo spettacolo nel 1890, ai reali italiani, che si recarono a rendere omaggio alla regina Vittoria in visita a Firenze nel 1894; dal X Congresso socialista italiano di Firenze tenutosi nel 1908 (dove ritrasse tutti i delegati insieme, e singolarmente Anna Kuliscioff e Filippo Turati), al gruppo dei futuristi Carlo Carrà, Umberto Boccioni, Aldo Palazzeschi, Giovanni Papini e Tommaso Marinetti nel 1913. Fu un mondo, il suo, in cui la cronaca entrò piuttosto di rado, come nella serie di scatti che fissarono il trasporto degli imputati al processo per l’omicidio del direttore del Telegrafo e della Gazzetta di Livorno (1895). Effettuò anche riprese della sua tenuta di campagna, con le sagre, i contadini, le riunioni di famiglia e gli intrattenimenti con amici.

Dagli ultimi anni dell’Ottocento e fino al momento della morte, il successo delle sue opere fu tale che farsi ritrarre da Nunes Vais divenne una moda, e davanti al suo obiettivo sfilò una teoria di personaggi di rilievo del mondo della politica e della cultura.
Immortalò, tra gli altri, Benedetto Croce, Salvatore di Giacomo, Sibilla Aleramo, Amelia Rosselli, Matilde Serao, Annie Vivanti, Edmondo de Amicis, Trilussa (Carlo Alberto Salustri), Ugo Ojetti, Marino Moretti, Luigi Pirandello, Thomas Mann, Guglielmo Marconi, Arrigo Boito, Ruggero Leoncavallo, Sergej Rachmaninov e Pietro Mascagni (in studio e durante un concerto a Boboli del 1906). La maggior parte dei ritratti fu eseguita in studio, ma riservò il privilegio di riprenderli nella loro dimora a personaggi come Gabriele D’Annunzio (nella sua villa La Capponcina e durante varie occasioni pubbliche), Giacomo Puccini (a Torre del Lago), Giovanni Giolitti e famiglia (fotografati a Roma nel 1909) e la casa reale (ritratta a Roma nel 1918). Pittori e scultori (Pietro Canonica, Augusto Rivalta, Vincenzo Gemito, Aristide Sartorio, Ettore Ximenes) vennero ritratti per lo più nei loro studi nell’atto di creare opere d’arte.

Nel frattempo maturò la sua inclinazione più profonda verso il ritratto e la rappresentazione del mondo del teatro e del bel canto, fotografando quasi tutte le stelle del tempo individualmente (in studio) e sulla scena (insieme con i membri delle compagnie).
Quali soggetti figurarono tra gli altri Toti Dal Monte, Titta Ruffo, Beniamino Gigli, Leopoldo Fregoli, Edoardo Scarpetta, Ettore Petrolini, le sorelle Anna, Emma e Irma Gramatica, Ruggero Ruggeri, Alda e Lyda Borelli, Maria Melato, Pina Menichelli ed Ermete Zacconi (quest’ultimo in una nutrita serie di scatti sia in costumi di scena, sia in borghese). Varie furono anche le sedute con Eleonora Duse, molte in abbigliamento di scena; e alcune delle foto scattate all’attrice in una seduta del 1906 furono riprodotte su cartolina per raccogliere fondi in favore della Casa di ricovero vecchi artisti drammatici di Firenze. Nel 1911 immortalò anche l’esecuzione dell’Edipo re di Sofocle nel teatro romano di Fiesole, quando la compagnia di Tommaso Salvini ebbe modo, per la prima volta in Italia, di sfruttare le rovine di un teatro antico per uno spettacolo.

La ritrattistica di Nunes Vais, che comprende una quantità enorme di riprese di persone non famose, è più convenzionale nelle fotografie di scena e di gruppo mentre risulta più riuscita nei ritratti individuali. Infatti, se per indole e per la sua visione del mondo non arrivò mai a uno scavo psicologico profondo, raggiunse tuttavia un equilibrio perfetto fra la sua impressione della persona di cui eseguiva il ritratto e il modo in cui il soggetto intendeva proporsi. Tale risultato, con espressioni e pose mai enfatizzate (come invece avveniva in tanta ritrattistica coeva), grazie alla sobrietà dell’ambientazione decretò il successo delle sue opere.
Non fece mai commercio delle fotografie, limitandosi a formare una propria collezione e a impiegare l’arte come mezzo per consolidare le relazioni mondane.

Mario Nunes Vais è deceduto a Firenze il 27 gennaio 1932.

(Fonte: Treccani)

Le fotografie

Emma Gramatica nel film Don Camillo monsignore... ma non troppo (1961), di Carmine Gallone.
Mario Nunes Vais. Ritratto di Emma Gramatica, ottobre 1904.

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