MITTERRAND, PRESIDENTE EUROPEISTA
François Mitterrand nasce il 26 ottobre 1916 a Jarnac, in Francia. Politico valente, ha svolto due mandati (1981-95) come presidente della Francia, guidando il suo paese verso una più stretta integrazione politica ed economica con l’Europa occidentale.
Figlio di un capostazione, Mitterrand studiò diritto e scienze politiche a Parigi. Allo scoppio della seconda guerra mondiale si arruolò nella fanteria e nel giugno del 1940 venne ferito e catturato dai tedeschi. Dopo essere fuggito da un campo di prigionia alla fine del 1941, lavorò con il governo collaborazionista di Vichy – un fatto che divenne pubblicamente noto solo nel 1994 – prima di unirsi alla Resistenza nel 1943.
Nel 1947 divenne ministro della Quarta Repubblica nel governo di coalizione di Paul Ramadier, dopo essere stato eletto all'Assemblea nazionale l'anno precedente.
Nel 1971 prende le redini del vecchio partito socialista, e l'anno successivo sigla il programma comune con i comunisti. Nel 1981 e nel 1988 viene eletto presidente. Sotto la sua guida la Francia conoscerà un notevole periodo di rinascita culturale ed economica.
Le politiche economiche socialiste di Mitterrand causarono un aumento dell’inflazione e altri problemi, così nel 1983 il governo iniziò a tagliare la spesa. Alla fine del primo mandato di Mitterrand, il Partito Socialista aveva abbandonato in tutto tranne che nel nome le politiche precedenti, adottando sostanzialmente il liberalismo del libero mercato.
Il suo secondo mandato fu caratterizzato da vigorosi sforzi per promuovere l’unità europea e per evitare il dominio economico tedesco sulla Francia vincolando entrambi i paesi a forti istituzioni europee. Mitterand fu quindi uno dei principali sostenitori del Trattato sull’Unione Europea (1991), che prevedeva un sistema bancario europeo centralizzato, una valuta comune e una politica estera unificata.
Di fatto è stato un presidente molto amato, e questo la dice lunga sull'impronta che è riuscito a dare alla storia di Francia.
Il declino dello statista è stato segnato dall'inesorabile procedere di una malattia incurabile, un tumore. Si è spento l'8 gennaio 1996, a Parigi; lasciando dietro di sé un grande vuoto di personalità e di leadership.
Il fotografo Ferdinando Scianna
Ferdinando Scianna nasce il 4 luglio 1943. Parlare di lui significa esplorare uno dei fotografi italiani più significativi, ma anche un’esistenza stupenda: per divenire e incontri. Colto, profondo, attento, Scianna debutta giovane nelle fotografia che conta: complice una mostra a Bagheria dove capita, per caso, Leonardo Sciascia. Tra i due nascerà una collaborazione vivace, che culminerà con Feste Religiose in Sicilia, un libro dove lo scrittore siciliano contribuirà con prefazione e testi. La pubblicazione varrà al fotografo il premio Nadar (1966).
Nel 1967 Scianna è a Milano con l’Europeo. Sarà poi inviato a Parigi in qualità di giornalista e là conoscerà Henry Cartier Bresson.
Famose sono le collaborazioni di Scianna nella moda (Dolce e Gabbana), con lavori presi nella sua Sicilia.
Fervido narratore, il nostro lo ritroviamo in “Quelli di Bagheria” (2006), “Ti Mangio con gli Occhi”, “Visti e scritti” e in tanti altri libri; interessante anche la collaborazione con Tornatore (suo concittadino), in occasione del film Baaria.
Il fotografo Mario Dondero
Mario Dondero nasce il 6 maggio 1928 a Milano. Non lo abbiamo conosciuto personalmente. Siamo costretti a dirlo con rammarico e per un desiderio di verità. Quanto diremo, quindi, sarà frutto di tante conversazioni tenute con altri fotografi, tutti suoi amici. Da qui una prima sensazione: con la sua dipartita, Mario ha lasciato un vuoto fatto di solitudine. Lui era il compagno che ritrovi per caso, e con piacere, magari al bar Jamaica, a Milano, assieme a Lucio Fontana, Camilla Cederna, Ugo Mulas, Uliano Lucas, Alfa Castaldi, Gianni Berengo Gardin. Per tutti doveva essere una sorta di mito e molti lo guardavano con ammirazione, quasi come un modello cui fare riferimento. Gianni Berengo Gardin ci ha confermato quanto avevamo letto: “Mario aveva un giubbotto degli aviatori americani, bellissimo”. “Ho fatto di tutto per averlo anch’io, ma quando sono riuscito a recuperarlo, lui vestiva in giacca e cravatta”.
Chi era Mario Dondero? Un girovago, senza dubbio: aveva lo zaino (e non la valigia) sempre pronto. Paradossalmente, non stava mai “fermo”, a dispetto del nome della cittadina dove aveva scelto di abitare. Andava in giro e fotografava quello che vedeva, nella realtà e senza costruzioni. Lui non era attratto dal senso estetico, arrivando a rompere le proprie opere qualora non contenessero un personaggio o un accadimento degno di nota. Questo deve farci riflettere, perché le fotografie, per il nostro, evidentemente non rappresentavano una proprietà, e nemmeno andava attribuita loro la paternità dell’autore. Una volta scattate, erano già disperse, libere in quel mondo libero che lui amava frequentare.
Girovago, sì; ma anche gentiluomo: così possiamo tentare di completare la personalità di Dondero. Lui era vicino all’uomo che ritraeva, per dedizione. Soleva dire: “Non m’interessano le persone per fotografarle, m’interessano perché esistono”. E poi: “La fotografia è un tramite per arrivare a loro”. Ci arrivava da lontano, però, fermandosi spesso, dove capitava. Nel suo girovagare, alle volte incontrava una marea che lo portava altrove: quella dei suoi desideri, che lo facevano proseguire a piedi, per fermarsi ancora, forse più a lungo. Nelle immagini che ci ha lasciato non c’è l’attimo mitizzato di Bresson, e nemmeno l’istante irripetibile. Traspare viceversa una realtà che si è fermata a sua volta, forse proprio per lui che l’ha aspettata. Un senso di sospensione che era del suo io, del suo disperdersi per ritrovarsi.
Nelle foto che lo ritraggono, ne riconosciamo l’aria svagata e i capelli da ragazzo. Eppure girava instancabilmente, verso quelle situazioni che parevano richiamarlo e che sembravano create per lui. “Volevo diventare marinaio, poi ho fatto il fotografo”. Ci avrebbe fatto piacere essere al suo fianco, come compagni di viaggio. Non sappiamo se ci avrebbe accettato, ma, una volta per tutte, saremmo diventati viaggiatori veri, esploratori per giunta. Sarebbe stato più facile comprendere le sue scelte di campo, il suo modo di vedere: quel mondo che ci ha avvicinato, lasciandolo a noi solo per l’ultimo chilometro, quello che ci serviva per capire.
Amava cantare, Mario Dondero. Girovago, gentiluomo, osservatore, lui era anche un “vocalist”. Ce l’hanno detto in tanti. Il fatto è curioso, ma anche piacevole a scoprirsi; e coerente, in fin dei conti. Il canto si aggiunge alla sua indole, al modo col quale scopriva la vita. Sì, perché, lui più di noi, l’esistenza l’ha spogliata dagli orpelli inutili, dai fardelli dei luoghi comuni. Lo si vede nelle fotografie che ci ha regalato con generosità. Chi avrà pazienza, osservandole potrà capire di più, e a lungo. Purtroppo mancherà il ritornello delle sue canzoni; e si allargherà il silenzio della solitudine di quanti lo aspettavano, convinti di vederlo arrivare da un momento all’altro.
Mario Dondero muore il 13 dicembre 2015 a Petritoli, nelle sue Marche.
Le fotografie
Ferdinando Scianna. François Mitterrand, Parigi 1978 (Da Visti & Scritti, Edizioni Contrasto)
Mario Dondero. François Mitterrand circondato da fotografi, Parigi 1988.