COMPRENDERE L’UOMO E ME STESSO
«Comprendere l’uomo e me stesso», questo era il motto di Amedeo Vergani, nato il 29 ottobre 1944, uno dei più incisivi e originali protagonisti del fotogiornalismo italiano. «Ho scelto di fare questo mestiere per studiare l’uomo, la sua vita e i suoi problemi – spiegava in un’intervista a ‘Leica Magazine’ nel dicembre del 1995. In realtà è un sistema per capire meglio me stesso, guardandomi riflesso in coloro che incontro nel mirino della mia fotocamera e che, ovunque sulla Terra, mi sembra che mi assomiglino nel profondo sempre di più. Forse è per questo che nei miei reportage cerco di trovare situazioni fortemente cariche di quegli ingredienti del quotidiano comuni a tutti: fatica, amore, gioia, serenità, angoscia, noia, dolore».
Ferdinando Scianna diceva di lui: «Vederlo improvvisamente scattare come un centometrista, fare quella danza misteriosa, tre passi veloci, uno indietro, una piccola flessione, quel sollevarsi in punta di piedi e a te, che sei del mestiere, sembra di capire esattamente che cosa ha visto, perché quel momento e non un altro, perché quel particolare. E magari senti una fitta d’invidia».
Abbiamo potuto incontrare le opere di Amedeo Vergani nella mostra “Alle radici della nostra identità”, a Palazzo Pirelli (Milano) nel settembre 2022. L’esposizione proponeva 62 opere del fotografo: un viaggio alle radici della civiltà lombarda passata attraverso le trasformazioni degli anni Settanta e Ottanta del Novecento.
Il percorso espositivo era suddiviso in due sezioni. Nella prima gli scatti di Amedeo Vergani raccontavano le tradizioni lombarde nel campo dell’agricoltura, dell’allevamento, della pesca, dell’artigianato e dell’industria: dalla raccolta del riso nel pavese all’apicultura in provincia di Cremona, dalla produzione di coltelli e forbici a Premana ai liutai di Cremona, dalla lavorazione del pizzo a tombolo in Brianza alla produzione di pipe a Cantù.
La seconda sezione era dedicata ai riti e alle feste tradizionali come, ad esempio, la festa della Madonna del Bosco a Imbersago, la Sagra di San Giovanni sull’Isola Comacina, il Carnevale di Schignano, la “Giubiana” in Brianza, la festa della “Candelora” a Ravellino, la “Pesa Vegia” di Bellano, la festa della Madonna Nera di Lanzo d’Intelvi e tante altre. “Riti collettivi, pagani o propiziatori, sopravvissuti proprio all’ombra della metropoli italiana della tecnologia e della industria”, secondo la definizione che lo stesso Amedeo Vergani aveva dato ai soggetti delle sue opere nel lontano 1980.
Amedeo Vergani, note biografiche
(Fonte: sito ufficiale)
Amedeo Vergani nasce il 29 ottobre 1944 a Erba. Lui è stato uno dei più incisivi e originali protagonisti del fotogiornalismo italiano ed europeo, autore di grandi reportage pubblicati da prestigiose riviste italiane e internazionali.
L’inizio è il giornalismo. La cronaca. Ma già mentre collabora con una serie di testate e agenzie, il giovani Vergani comincia a fotografare. E subito dopo a viaggiare.
Parte per avventure che durano mesi. Per una decina d’anni attraversa Balcani, Medio Oriente, Africa settentrionale e subsahariana. Torna con taccuini fitti di note e una borsa stipata di rulli. Le sue prime fotografie riforniscono l’archivio fotografico dell’Istituto Geografico De Agostini e continueranno a farlo per oltre vent’anni.
Nel 1977, a 33 anni, una svolta, il passaggio definitivo al giornalismo fotografico: abbandona la macchina per scrivere e impugna la macchina fotografica. Inviato freelance in giro per il mondo, raccoglie montagne di immagini. Fabbrica dossier che spaziano dai Caraibi allo Yemen, dal Quebec al Sudafrica. Mette al centro del mirino il suo vivo interesse per l’etnografia, gli usi, i costumi, il folklore, i mestieri artigianali, le minoranze etniche, le tematiche sociali. Stratifica una cultura e una passione profonda senza mai perdere di vista l’immediatezza e il senso vivo, bruciante dell’attualità.
Raccontare la gente e i luoghi: la gente vera, i luoghi veri. Rendere l’informazione sintetica e densa di significato, attraverso le immagini costruire cronache -a volte dure, a volte di estrema poesia- ma sempre, in ogni caso, aderenti alla realtà: una realtà da rispettare, da indagare profondamente senza finzioni e senza ammiccamenti.
Ha esposto le sue foto su muri italiani eccellenti, tra cui la Biennale e il Guggenheim di Venezia e la Triennale di Milano. All’estero ha esposto a Parigi, al Centre Pompidou, al Vitra Design Museum di Basilea , in Germania, a New York e al Museo d’Arte Moderna di Pechino. Ha ottenuto premi e riconoscimenti in Italia e all’estero.
Amedeo Vergani muore il 1° maggio 2010, a Merone.
Le fotografie
I liutai di Cremona, Amedeo Vergani.
La benedizione dell’agnello – Festa di Sant’Antonio – Vercana (Como). Ph. Amedeo Vergani.