VIRNA LISI, LA DIVA CHE RIFIUTÒ GLI USA
«Con quella bocca può dire ciò che vuole», questo recitava lo spot televisivo con Virna Lisi, diventata il volto della Chlorodont e del suo dentifricio. Era il 1957 e la pubblicità passava su Carosello, nato il 3 febbraio dello stesso anno. La trasmissione del dopo cena (e, per i bambini, del prima di andare a letto) regalava agli interpreti una notorietà aggiuntiva. Virna però non ne aveva bisogno: era già una diva, senza incarnarne l’atteggiamento. Le sue scelte artistiche furono dettate da una forte consapevolezza interiore, per la quale si vedeva madre, moglie, partecipe nella famiglia. Rifiutò l’America per questo. Là la volevano come l’erede della Monroe. Bionda lo era, in più non manifestava i connotati mediterranei di Sofia Loren: morbida, maggiorata e sanguigna. Virna aveva l’aspetto algido di una divinità del nord: capelli biondi, incarnato chiaro, occhi trasparenti, lineamenti regolari; bella oltre ogni limite.
L’impatto col cinema stelle e strisce non deve essere stato semplice. Nel film “Come uccidere vostra moglie” (recitato al fianco di Jack Lemmon, al posto della Monroe) Virna esce da una torta con addosso solo un bikini bianco, durante una festa. «Arriverà dove vuole», ebbe modo di dire Lemmon, «Il successo le sta come un guanto alla mano». Non era ciò che l’attrice avrebbe voluto, così arrivò a pagare una penale salatissima pur di tornare in Italia e in Europa. Nel vecchio continente la stavano aspettando Liliana Cavani, Mario Monicelli, Alberto Lattuada, Pietro Germi, Mauro Bolognini.
“Va' dove ti porta il cuore” è il film del 1996, diretto da Cristina Comencini, che ha visto Virna come protagonista. Il titolo riassume l’intendimento che l’ha accompagnata per tutta la vita: diva fuori, ma donna vera dentro, incapace nel cedere a compromessi.
Virna Lisi, note biograiche
Virna Lisa è una delle più famose star italiane degli anni '60. Nasce ad Ancona, nelle Marche, l’8 novembre 1936. All’inizio degli anni Cinquanta si trasferì a Roma con la famiglia e aveva in programma di studiare all’Università. Tuttavia, i suoi piani sono stati cambiati dal mondo del cinema. Giacomo Rondinella, amico di famiglia, ha convinto il produttore del film che stava girando ad accettare Virna per un'audizione. Lei supera e debutta nel cinema all'età di diciassette anni in “...e Napoli canta!” (1953). In seguito ha recitato in parti minori. Il suo primo ruolo da protagonista è stato nel dramma “La donna del giorno” (1957) di Francesco Maselli. Le sue successive apparizioni cinematografiche furono nel dramma storico “Romolo e Remo” (1961) di Sergio Corbucci, e poi con Jeanne Moreau nel dramma “Eva” (1962) di Joseph Losey.
Per Virna arriva anche il genere poliziesco, col film di produzione italo-francese “Il delitto Dupré” (1963) di Christian-Jaque; in seguito, con Alain Delon recita in “Il tulipano nero” (1964) dello stesso regista, una pellicola di cappa e spada. Con quest'ultimo film attirò l'attenzione del pubblico internazionale e si recò a Hollywood dove firmò un contratto con gli studi Paramount nel 1965. Nel suo primo ruolo negli Stati Uniti ha recitato come una sorta di sostituta di Marilyn Monroe al fianco di Jack Lemmon in “Come uccidere vostra moglie” (1965), del regista Richard Quine. In seguito, si è esibita al fianco di Tony Curtis in “Due assi nella manica” (1966) di Norman Panama e poi con Frank Sinatra in “U-112 assalto al Queen Mary” (1966) di Jack Donohue.
Presto si stancò dei ruoli americani delle stupide bionde e decise di rescindere il contratto con la Paramount, pagando così una pesante multa. Ha rifiutato il ruolo da protagonista in Barbarella di Roger Vadim (accettato da Jane Fonda). Tornò in Europa per sempre e cercò interpretazioni più complesse. Nella seconda metà degli anni Sessanta ebbe ruoli memorabili in film come “Casanova'70” (1965), di Mario Monicelli con Marcello Mastroianni; e le commedie “Signore & signori” (1966), del regista Pietro Germi; e “Arabella” (1967) di Mauro Bolognini. Ha recitato anche con Anthony Quinn e Anna Magnani nel dramma storico “Il segreto di Santa Vittoria” (1969) di Stanley Kramer, girato in Italia.
Durante gli anni '70 ha rallentato la sua carriera cinematografica. Da quel momento i suoi ruoli più importanti sono stati quelli di “Barbablù” (1972) di Edward Dmytryk e Luciano Sacripanti e quello della sorella di Friedrich Nietzsche nel dramma biografico “Al di là del bene e del male” (1977), di Liliana Cavani. Negli anni '80 ha recitato nel film drammatico “La Cicala” (1979), di Alberto Lattuada; e “Buon Natale... Buon anno” (1989) di Luigi Comencini.
Ha poi iniziato a recitare in film e serie TV. Il suo grande ritorno sul grande schermo è stato con il ruolo di Caterina de' Medici nel dramma storico “La regina Margot” (1994) di Patrice Chéreau, per il quale ha ricevuto il premio come migliore attrice al Festival di Cannes. In seguito ha recitato prevalentemente in TV. Uniche eccezioni sono state le collaborazioni con la regista Cristina Comencini nel dramma romantico “Va' dove ti porta il cuore” (1996) per il quale ha vinto il Globo d'Oro come migliore attrice e nel dramma “Il più bel giorno della mia vita” (2002).
E’ morta a causa di un cancro all'età di settantotto anni, a Roma; il 18 dicembre 2014.
Il fotografo Pierluigi Praturlon
Viaggiamo indietro con la mente. Siamo a Roma nel 1960, una donna bionda in abito da sera entra in Fontana di Trevi. Lei si chiama Anita Ekberg, bellissima interprete de “La Dolce Vita”, di Federico Fellini, nella scena maggiormente iconica di tutto il film.
Pochi spettatori sanno che quella scena del film è la ricostruzione di un evento reale. Due anni prima, Ekberg aveva trascorso la serata con un fotografo di scena, Pierluigi Praturlon, al nightclub Rancho Grande di Roma. Per alleviare i suoi piedi doloranti, sulla strada di casa era entrata nella fontana. Praturlon, che non andava mai da nessuna parte senza la sua Leica, ha illuminato la scena con i fari della sua auto e ha colto il momento in una fotografia che Fellini ha poi visto su una rivista, Tempo Illustrato.
Pierluigi Praturlon è nato a Roma nel 1924. Ha iniziato la sua carriera come "fotografo di strada" nel 1946 e, solo pochi anni dopo, divenne il "principe" della fotografia di scena in Italia, lavorando (1959-1987) sui set cinematografici di Cinecittà e Hollywood. Con più di 400 film Pierluigi Praturlon ha fotografato la realizzazione di capolavori acclamati della storia del cinema: Ben Hur, Cleopatra, La grande guerra, 007 Thunderball, Grand Prix, La Dolce Vita, La pantera rosa, Matrimonio all'italiana, Amarcord, La Ciociara.
A quel tempo era l'unico fotografo italiano in grado di parlare correntemente l'inglese (conosceva cinque lingue). Per questo motivo, egli è stato in grado di sviluppare rapporti diretti con attori e registi di film e lavorare come il fotografo ufficiale delle icone del cinema come Sophia Loren, Claudia Cardinale, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Anita Ekberg, Raquel Welch, Peter Sellers, Frank Sinatra, Ursula Andress e molti altri.
Insomma, Pierluigi non era un paparazzo, anche perché non ha mai rovinato una celebrità. Claudia Cardinale lo definiva come un gentiluomo.
Avendo lavorato all'inizio della sua carriera come fotoreporter, Praturlon è stato in grado di portare sul set cinematografico il senso del reportage di; anzi, gli è attribuito il merito di aver trasformato l'arte del fotografo di scena. Prima del suo arrivo, almeno in Italia, le star si limitavano a posare per le immagini fisse durante le pause delle riprese; Praturlon ha vagato per i set, catturandoli mentre svolgevano il loro lavoro.
Il 1960, anno de “La Dolce Vita”, fu l'apice della carriera di Praturlon. L'ultimo film importante in cui ha lavorato è stato Ginger e Fred di Fellini, uscito nel 1986. Gli ultimi anni di Praturlon furono tristi: una spirale discendente di alcol e depressione che si concluse con la sua morte nel 1999. Ancora oggi, pochi conoscono il ruolo che aveva avuto nel raccontare il periodo d'oro del cinema italiano.
Claudia Cardinale scrisse di lui: «Guardare le fotografie di Pierluigi Praturlon e riflettere su di esse è rivivere un'epoca gloriosa, ma irrimediabilmente perduta, alla quale non posso non guardare indietro con un pizzico di orgoglio e rimpianto».
Le fotografie
Virna Lisi anni ’60. Ph. Pierluigi Praturlon