Skip to main content

GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

Il 25 novembre 1960, tre sorelle (Patria Mercedes, María Argentina Minerva e Antonia María Teresa) venivano uccise brutalmente, a bastonate, dal regime del dittatore Trujillo, nella Repubblica Dominicana. Ecco perché questa data è stata scelta dall'ONU come simbolo della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, che si celebra in tutto il mondo.
La ricorrenza è stata istituzionalizzata il 17 dicembre 1999, con una risoluzione che definiva così la violenza sulle donne: «Una delle violazioni dei diritti umani più diffuse, persistenti e devastanti che, ad oggi, non viene denunciata, a causa dell’impunità, del silenzio, della stigmatizzazione e della vergogna che la caratterizzano».
Sempre nel documento dell’ONU si legge: «Il femminicidio è la manifestazione di una disparità storica nei rapporti di forza tra uomo e donna che ha portato al dominio dell’uomo sulle donne e alla discriminazione contro di loro; e ha impedito un vero progresso nella condizione della donna».

In tutto il mondo le scarpe rosse sono diventate un simbolo per denunciare le vittime di femminicidio. Questo lo si deve alla creatività dell’artista messicana Elina Chauvet, che nel 2009 aveva realizzato l’installazione “Scarpette rosse”: scarpe da donna di colore rosso, sistemate in ogni nelle città per dire stop alla violenza di genere. Elina voleva denunciare i femminicidi compiuti in una cittadina nel nord del Messico, dove le violenze si erano moltiplicate negli anni nell’indifferenza dei media. Da allora l’installazione ha fatto il giro del mondo. Anche in Italia è stata esposta a Milano, Genova e Lecce.

Fermare la violenza sulle donne sarà difficile. Occorrerà un lavoro collettivo: sociale, politico, culturale; che da subito dovrà correggere le disparità esistenti tra i generi. C’è poi il tema della responsabilità e riguarda il mondo maschile in toto, obbligato a interrogarsi individualmente su comportamenti e atteggiamenti, con fiducia: le donne ci salveranno e molte l’hanno già fatto con tanti di noi uomini.

Quotidianamente ci occupiamo di fotografie e fotografi e anche oggi non potevamo tirarci indietro. Abbiamo scelto due immagini di altrettanti fotografi: Beppe Buttinoni e Alberto Buzzanca (Grazie). Non sappiamo se sono adeguate al tema, ma mostrano il simbolo della giornata: le scarpe rosse. Pensiamo possa bastare.

Beppe Buttinoni, un incontro

Incontriamo Beppe Buttinoni presso il suo studio. Lo raggiungiamo dopo un’oretta di viaggio da Milano, districandoci tra le rotonde (nascono come funghi!) della bergamasca. Lo stabile è grande, spazioso: diviso su due piani; al primo, il luogo dello scatto, con fondali enormi, bank, luci, pannelli. L’approccio di Beppe è cordiale, un po’ come lo immaginavamo. Sta per iniziare una seduta di shooting, ma lui è tranquillo: preso più dal telefono e dalle compagnie aeree che gli spostano i voli. «Debbo andare in Egitto ed ancora non so quando potrò partire», ci dice. «La stylist è a New York e credo non potrà viaggiare con noi», aggiunge.
Grande fermento, quindi: questo è ciò che notiamo da subito. Nello studio si lavora molto, ma l’attenzione per le luci è quasi maniacale. Questo ci piace, anche perché vediamo (in diretta) la genesi della foto. «Mi piacciono le luci che dipingono», ci spiega Beppe: «Ed anche delle sorgenti forti che provengano da dietro il soggetto, quasi a tagliarlo». Noteremo questi aspetti tecnici visionando le sue fotografie, come anche un formalismo d’immagine non scontato. Costumi e intimo si vedono un po’ ovunque, ma spesso manca l’originalità, il nuovo, forse anche l’azzardo. Beppe guarda oltre, perché ha dalla sua la luce e l’ombra. Queste vengono usate con maestria: non per giocare su cosa svelare o nascondere, ma al fine di esaltare il soggetto; che quindi è interprete della scena e non solo illuminato di bianco.

Beppe Buttinoni, note biografiche

Beppe Buttinoni è nato nel 1961. Dopo le scuole superiori, nel 1983, ha iniziato i suoi studi di fotografia commerciale e di moda allo IED (Istituto Europeo di Design) di Milano. Il suo primo Portfolio gli ha dato la possibilità di iniziare a lavorare per un certo numero di Aziende commerciali e di abbigliamento. Nel frattempo, approfondisce e migliora le sue conoscenze frequentando workshop guidati da fotografi di fama internazionale e corsi specializzati in Italia e all'estero, da cui attinge quelle tecniche che trasferisce nei propri lavori.
Si dedica con successo alla fotografia pubblicitaria, che per lunghi periodi lo vede intento ad approfondire le più avanzate tecnologie analogiche e digitali.br Dalla creatività vivida e intrigante, amplia di continuo le proprie conoscenze, con una ricerca dedicata allo studio della luce in location e all’aperto.
Nel corso degli anni è riuscito a viaggiare spesso in molti paesi per realizzare i servizi fotografici.

Il fotografo Alberto Buzzanca e l’importanza del padre

Il titolo rischia sempre di ingannare. La figura paterna ha avuto la sua importanza, senza però influenzare direttamente Alberto Buzzanca. Possiamo dire che sono stati i ricordi del padre ad aver ispirato il nostro fotografo, peraltro piuttosto tardi nel tempo. Non ci troviamo di fronte a Monaldo e Giacomo (Leopardi), tantomeno a Leopold e Wolfgang (Mozart). Di questi mancano i conflitti, forse le stesse contraddizioni. Padre e Figlio, Buzzanca in questo caso, sono due figure simili: che si sono passate il testimone per il bello e l’eleganza. Ringraziamo entrambi, perché forse un giorno scopriremo che quanto uno ha lasciato è stato subito preso dall’altro, se pure in una disciplina diversa.
Delle immagini di Alberto c’è poco da dire: sono molto belle (e buone). Si ha quasi la sensazione che lui abbia lavorato assiduamente, in profondità: perché ovunque c’è coerenza, stile, riconoscibilità. Lo abbiamo scovato quasi nel nulla: come spesso accade quando cerchiamo qualcosa su Internet. All’improvviso si percepisce di essere di fronte all’immagine giusta, perché sensuale quasi al tatto. Al telefono la simpatia ci invita a continuare, a domandare: per capire il ruolo di una vita. Al bello ci si arriva con la fatica della rincorsa; con le immagini che vediamo ne abbiamo la conferma.

Alberto Buzzanca, note biografiche

Alberto Buzzanca nasce a Gorizia nel 1969. eredita dal padre, pittore visionario e vignettista pungente, l’armamentario per fotografare; ma forse molto di più. All’età di 23 anni nasce così il suo impegno artistico e la fotografia diventa la sua principale professione. Dopo gli inizi paesaggistici diventa interprete di un nuovo concetto della fotografia glamour, marcando la strada, insieme ad altri, di un filone moderno e dinamico soprattutto nelle riprese dei ritratti. Apre uno studio e avvia la collaborazione con agenzie di comunicazione pubblicando su riviste nazionali. Tra i vari volumi, Le voci di una conchiglia 2007, in cui segue il percorso artistico del pittore Matteo Massagrande.
È vincitore nel 2009 del concorso "Photo France". Le persone sono i soggetti preferiti da Buzzanca: modelle in studio o immerse in location suggestive, ma anche uomini, donne e bambini ritratti nei reportage in giro per il mondo. Opera in digitale. Il suo stile è riconoscibile per le luci morbide che avvolgono il soggetto e creano una grande presenza.

Le fotografie

Elena 2006, Beppe Buttinoni
In occasione di Miss Italia 2020, Alberto Buzzanca

Like what you see?

Hit the buttons below to follow us, you won't regret it...