CHIUDE ELLIS ISLAND
29 novembre 1954, chiude Ellis Island, il principale punto d’immigrazione del porto di New York, l’isoletta che sorge di fronte a Manhattan, nell’insenatura in cui è situato il porto di New York. Attivo dal 1892, per milioni di emigranti rappresentava il primo contatto per tentare di realizzare il sogno americano. Tanti italiani sono passati da lì, tra speranze o lacrime in caso di rifiuto d’ammissione. Ellis Island riapre nel 1990 come museo.
«La prima classe costa mille lire, la seconda cento, la terza dolore e spavento; e puzza di sudore dal boccaporto e odore di mare morto», così recita la canzone Titanic di Francesco De Gregori. Già, perché le prime discriminazioni iniziavano da subito.
Quando le navi giungevano a New York, i passeggeri benestanti di I e II classe venivano “ispezionati” comodamente a bordo nelle rispettive cabine e scortati a terra; quelli di III, invece, venivano portati ad Ellis Island. I medici “esaminavano” e “marcavano” tutti coloro per i quali occorreva un esame per verificarne le condizioni di salute, distinguendo tra indesiderabili e malati. Chi non superava le visite, veniva confinato sull’isola fino a diversa decisione o rimbarcato.
Sull’isola le famiglie venivano divise: uomini da una parte, donne e bambini dall’altra. Molti erano affamati, sporchi, senza denaro; e in più non conoscevano la lingua. Le persone rifiutate si tuffavano in mare pur di raggiungere Manhattan, altre si suicidavano pur di non tornare indietro. Su quell’isola veniva deciso il destino di tante famiglie.
Qualche cifra circa i nostri connazionali. Gli italiani che hanno mosso i primi passi sul suolo americano sono stati tanti. Negli anni Ottanta dell'Ottocento erano 300.000; nel 1890, 600.000; nel decennio successivo, più di due milioni. Nel 1920, quando l’immigrazione cominciò a diminuire, più di 4 milioni di italiani erano arrivati negli Stati Uniti e rappresentavano più del 10% della popolazione nata all’estero (Fonte sito ufficiale Ellis Island).
Ma se ghe penso allôa mi veddo o mâ, Veddo i mæ monti e a ciassa da Nûnsiâ, Riveddo o Righi e me s'astrenze o chêu, Veddo a lanterna, a cava, lazû o mêu (Ma se ci penso allora io vedo il mare, vedo i miei monti e piazza della Nunziata, rivedo Righi e mi si stringe il cuore, vedo la lanterna, la cava, laggiù il molo...). La canzone parla di un emigrante genovese e della sua nostalgia per la città che ha lasciato. Tornerà, quell’emigrante, nonostante i suoi figli non volessero farlo. Già, gli immigrati in America perdevano da subito i loro figli, integrati nelle idee e nella lingua. In pochi tornavano.
Per le fotografie siamo andati sul sicuro, ricorrendo a Lewis W. Hine. Lui dedicherà la vita nel fotografare il lavoro minorile e le classi meno abbienti. Ha anche documentato gli immigranti a Ellis Island.
Il fotografo Lewis W. Hine, note di vita
Lewis Hine è nato il 26 settembre 1874 a Oshkosh, Wisconsin. Dopo la morte del padre in un incidente, ha iniziato a lavorare per potersi permettere gli studi.
Si forma come sociologo presso l'Università di Chicago, continuando il proprio percorso educativo all’interno delle Università di Columbia e New York. Negli anni lo troviamo a insegnare presso la Scuola di Cultura Etica, dove annovera tra i propri studenti Paul Strand, che lui stesso avvicinerà alla fotografia. Hine ha sicuramente incoraggiato i suoi studenti a utilizzare le immagini e la fotografia come strumento di documentazione, magari a Ellis Island: per ritrarre le migliaia d’immigrati che là giungevano ogni giorno. E’ quindi sui trent’anni che Hine affronta seriamente la fotografia, che da subito concepì come strumento di studio per descrivere le condizioni sociali che lo circondano.
Oggi Hine viene definito spesso come un riformatore sociale, ancor prima che un fotografo. Lui stesso, però, si rese conto che le sue immagini non dimostravano nulla: per contribuire al cambiamento sociale avrebbero dovuto in primis colpire la sensibilità di coloro che le guardavano.
Gran parte del lavoro di Hine non deve essere letto come un atto di protesta, ma alla stregua di una celebrazione di quelle persone che hanno avuto coraggio, abilità, muscolo, e tenacia. C'è nelle sue fotografie un po’ di pietà, tanto amore e rispetto per coloro che sono stati casualmente annoverati tra la gente comune.
Tra il 1904 e il 1909 Hine ha un archivio di più di 200 fotografie e alla fine è venuto alla conclusione che la sua vocazione era il foto-giornalismo.
Nel 1909 ha lasciato il suo posto d’insegnante per diventare un fotografo per il Comitato Nazionale di lavoro minorile; eccolo quindi intento a ritrarre i lavoratori, i bambini e gli adulti, intenti a svolgere le attività di tutti i giorni. Lui era solito prendere gli stessi rischi dei lavoratori, se non addirittura più grandi.
Nonostante i suoi successi professionali, Hine ha incontrato difficoltà economiche, che l’hanno portato ad accettare l'offerta per documentare la costruzione dell'Empire State Building. Hine ha fotografato i lavoratori in posizioni precarie, prendendo molti rischi per ottenere i migliori punti di osservazione. Hine è stato calato in un cesto appositamente progettato per lui a 1.000 piedi sopra la Fifth Avenue.
Gli ultimi anni della sua vita sono stati i peggiori che abbia mai affrontato. Nessuno era interessato al suo lavoro, passato o presente che fosse; e Lewis Hine ha ritrovato quella povertà che aveva ritratto nelle sue fotografie.
E’ morto all'età di 66 anni, il 3 novembre 1940, presso il Dobbs Ferry Hospital, dopo un'operazione chirurgica.
Le fotografie
Ellis Island. Famiglia immigrante nel deposito bagagli. Ph. Lewis W. Hine.
Ellis Island. Madre italiana con suo figlio. Ph. Lewis W. Hine.