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RALLY DI MONTECARLO, LA PRIMA

Il 21 gennaio 1911 prende il via la prima edizione del Rally di Monte Carlo. La corsa si svolge lungo la costa francese, tra la riviera monegasca e il sudest francese. Fu voluto dal Principe Alberto I. La competizione presenta una grande varietà di condizioni: asfalto asciutto, bagnato, ghiaccio, neve fresca; e spesso tutte queste situazioni sono presenti anche in un’unica tappa, il che influisce sulle scelte di pneumatici e settaggi delle vetture.

Nella memoria di molti c’è la prova speciale del Col de Turini, corsa spesso in notturna. La frazione veniva anche chiamata “Notte dei Lunghi Coltelli”, per via dei potenti fasci di luce emessi dalle vetture mentre passavano nell’oscurità. Ce ne ha parlato anche Franco Turcati, l’autore delle fotografie che vediamo (grazie). Lui nel ’68 era sul Turini a scattare fotografie di fianco a Giorgio Lotti (chi lo avrebbe mai detto!), con delle scarpe normali e i piedi gelati; il che non gli ha impedito di cogliere l’immagine della Lancia HF, ricca di un fascino antico e fortemente evocativo.

Chi scrive, ricorda la Lancia Fulvia Coupé HF, versione sportiva dell’elegante Coupé; un sogno prematuro per i tempi, visto che non era ancora patentato. Quell’auto avrebbe vinto il Montecarlo nel 1972, con a bordo Sandro Munari e Mario Mannucci, una coppia storica dei rally.
Tra le auto di quel periodo, è giusto ricordare la Porsche 911, insieme alla Mini Cooper S. Quest’ultima vinse per la prima volta il Rally di Montecarlo nel 1964. A rivederla, la piccola inglese, pare quasi un paradosso; eppure sulle strade monegasche era velocissima, fatta quasi apposta. Si trattava di una piccola berlina familiare, con però tanti vantaggi; tra questi: la trazione anteriore e il motore montato trasversalmente. Il fatto che fosse di piccole dimensioni, con le strade rese più strette a causa della neve accumulata ai bordi, rappresentava un elemento positivo non trascurabile.

Oggi, nel mondo dell’auto, tutto è cambiato: si è andati oltre e manca il sogno plausibile. In ambito motoristico, piace il Moto GP, perché il più fortunati una Desmo16 se la possono permettere, mentre altri riescono a vederla come un desiderio alla portata. Che dire? Giusto così.

Il fotografo Franco Turcati, di tempo e relazione

E’ una strana pratica, quella della fotografia: vive di tempo (la luce non basta!) e muove i propri passi nella relazione. Un fotografo ha bisogno di soggetti e storie, senza i quali la sua professione non beneficerebbe dell’indispensabile materia prima, già dal click.
Il concetto appare semplice, persino banale; ma fa esplodere il suo significato nelle parole che Franco Turcati è riuscito a dedicarci durante i vari incontri con lui, nella Torino dove abita. Di volta in volta, ci è sempre apparso come una persona solida, gentile, giovanile, sorridente, attenta, capace di contribuire, ma anche (soprattutto) d’ascoltare. Parlare di fotografia con lui in ogni occasione ha sempre significato allargare gli ambiti del discorso. Certo, non ha mai disatteso la nostra curiosità per gli strumenti, le fotocamere di un tempo; nel dialogo, però, si è sempre proiettato altrove: dove ai “quando” e ai “come” ha continuamente aggiunto un valido “perché”. Anche qui tutto pare semplice a realizzarsi, ma il senso dello scatto assume connotati nobili e audaci al tempo stesso. Quel click, spesso agognato con orgoglio, non pronuncia con Franco il senso dell’essere, bensì quello più ampio dell’esistere. Come dire, con i suoi lavori il nostro non afferma semplicemente “io sono”; ma con eleganza e gentilezza proclama: “io esisto”. E qui si comprende come l’orizzonte fotografico si sia allargato, in ampiezza; perché, non dimentichiamolo, la storia siamo noi, con anche il racconto che ne consegue. La dote che possiamo offrire alla fotografia parte dal nostro esistere. E’ lì che incontriamo i racconti della nostra prossimità, le sfumature, i simboli; e Franco li ha sempre cercati con assiduità e rigore, senza fermarsi mai.
C’è un “prima” e un “dopo” nella fotografia del nostro, dicevamo, un “perché”; ma anche un “durante”: un filo rosso che lega tutta l’esistenza che gli appartiene. Della propria esperienza lui non ha buttato via nulla. E la fotografia? E’ sempre rimasta al centro, anzi: forse ha funto da collante tra le tante qualità che sviluppava e accantonava, senza buttare via nulla. A osservare le immagini che ci propone, ne emerge uno stile; che non è quello omologabile, bensì un altro: riconoscibile nella ricerca estetica e pure nel rigore, nello sguardo allargato a cogliere i contesti, in una contaminazione continua che viene dall’arte, nonché da un’osservazione attenta degli ambiti sociali, comportamentali, del tempo che stava vivendo, accentuando le capacità relazionali.
Nella carriera di Franco Turcati arriva anche la comunicazione. Questo non deve sorprendere, anche se sarebbe troppo facile circoscrivere il tutto in ambiti unicamente commerciali. Il fotografo autore divulga le proprie immagini, ne è ambasciatore. Un po’ tutti i grandi del passato si sono comportati in tal senso, anche se con strumenti differenti. Ci vengono in mente lo Scrapbook di Bresson, gli album familiari di Lartigue o l’enfasi di Capa: anche loro comunicavano, sempre nei termini relazionali.

Una volta svelato il segreto di Franco, è bello ripercorrerne la vita. Studia da solo, il nostro fotografo, immergendosi anche in ambiti non suoi, come la chimica dell’E6. Cambia la vita sul più bello, quando una carriera commerciale gli propone un futuro solido e definito. Il resto, in fotografia, pare avvenire automaticamente, quasi senza sforzo; ma Franco è già pronto, consapevole, aggiornato e soprattutto avvezzo al nuovo. L’attrezzatura? Ha usato un po’ tutto, dal grande fino al piccolo formato, delegando allo strumento la fiducia necessaria; quasi che la fotocamera fosse in grado di continuare uno sviluppo proprio, nella forma e nel linguaggio. E oggi? Franco è sempre lui. Anche quando dialogava con noi apriva la “cassetta degli attrezzi”, rianimando gli strumenti necessari. E’ pronto, Franco, a ripartire in ogni momento con l’agognato click. La sua relazione è ancora viva e aspetta solo il tempo: quello che gli appartiene da sempre.

Franco Turcati, note biografiche

Franco Turcati è il titolare dell’omonimo studio di fotografia pubblicitaria, grafica e advertising fondato nel 1968, quando il fotografo Franco Turcati decide di esprimere appieno le sue doti di comunicatore. È con lo still-life che approda nel mondo della pubblicità comprendendo così il suo obiettivo: farsi interprete delle esigenze delle Aziende nella costruzione complessiva della loro identità.
Dal marchio al packaging, dalle monografie alle campagne istituzionali, Franco Turcati realizza piani di comunicazione e strategie comunicative di massimo profitto.
L’attività dello Studio, operante di fatto da quarantotto anni sulla scena della comunicazione, segue un percorso segnato da un’impronta stilistica precisa, e da una filosofia che vede nella soddisfazione e nel raggiungimento degli obiettivi della clientela i suoi scopi primari.
Contro il bombardamento di immagini e messaggi che ha caratterizzato la pubblicità in Italia in questi ultimi trent’anni, lo Studio Franco Turcati si è sempre avvalso di modalità espressive di grande impatto, associando alla carica emozionale delle immagini fotografiche messaggi sintetici, ma efficaci, che evitando forme di comunicazione urlata e raffazzonata colpiscono il bersaglio prefissato senza dispersione alcuna.

Le fotografie

Alpine Renault n° 4, 1969. Ph. Franco Turcati.
Pat Moss e Nystrom Elisabeth su Lancia Fulvia HF, 1968. Ph. Franco Turcati.

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