TOSCANINI DIRIGE LA PRIMA DI BOHÈME
E’ il 1°febbraio 1896, debutta La Bohème di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. La prima si è tenuta al Teatro Regio di Torino, diretta dal ventinovenne Arturo Toscanini.
Già a quel tempo, seppur giovane, il maestro aveva messo in mostra la propria personalità, riformando lo spettacolo lirico. I cantanti prima di lui erano i padroni della scena, ma Toscanini inizia a coinvolgere tutti: le voci, l’orchestra, il pubblico; in un’unità rivoluzionaria allora. Impone luci basse, silenzio assoluto, sposta l’orchestra nella buca (altrettanto fece in seguito a Milano con il “golfo mistico”) impedisce i bis, cura ogni particolare. Da quegli anni, la figura del direttore d’orchestra assunse un‘importanza maggiore, la stessa che riconosciamo oggi.
Negli anni ’20 contribuisce al successo della Scala di Milano, quando si era già diffusa la sua fama di maestro esigente, fin troppo severo, e dal carattere difficile. La cura del dettaglio lo portava a scelte tollerate solo a lui, giustificate dal suo amore per la musica e gli autori.
Dopo la morte di Giacomo Puccini, Toscanini dirige al Teatro alla Scala, in prima mondiale, Turandot, opera incompleta, ultimata da Franco Alfano. E’ il 25 aprile 1926. Non farà eseguire tutta l’opera, ma si fermerà sulle ultime note del musicista toscano, pronunciando le famose parole: «Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto».
Toscanini vivrà una lunga parentesi statunitense, costellata di successi radiofonici, televisivi e discografici. Segue però le vicende italiane e lo stato della sua Scala, distrutta parzialmente dai bombardamenti. «La Scala è l'amante che più mi ha fatto disperare», pronunciò un giorno. La ricostruzione sarà rapida, grazie anche alla donazione di Toscanini, che versa un milione di lire: una cifra astronomica per l’epoca. Il maestro, a guerra finita, rientrerà in Italia per celebrarne la riapertura.
La sera dell'11 maggio 1946, dirigerà le note di Rossini, Verdi, Puccini e Boito, portando al debutto una giovanissima promessa: il soprano Renata Tebaldi (come letto ieri).
Quel giorno, il maestro parmense salì sul podio non solo per i tremila spettatori presenti in sala, ma anche per tutta la folla che occupava le piazze vicine, davanti agli altoparlanti: operai, artigiani, piccoli commercianti; coloro che avevano visto Milano bruciare e che potevano festeggiare la rinascita di uno dei simboli della città.
Arturo Toscanini, note biografiche
Arturo Toscanini nasce il 25 marzo 1867, a Parma. Direttore d'orchestra italiano, è considerato uno dei grandi direttori d'orchestra della prima metà del XX secolo.
Fin da bambino, è avviato allo studio della musica. I suoi genitori, Claudio Toscanini e Paolina Montani, sono sarti, hanno un’indole risorgimentale, cantano e amano la musica. Arturo studia violoncello, pianoforte e composizione alla Regia Scuola di Musica di Parma, l’attuale Conservatorio della città.
All’età di 19 anni, mentre suonava al Teatro dell’Opera di Rio de Janeiro, fu chiamato a sostituire il direttore d’orchestra ed eseguì a memoria l’Aida di Giuseppe Verdi, a partitura chiusa: la conosceva a memoria. Divenne famoso come direttore d'orchestra in Italia e altrove e fu nominato direttore musicale della Scala di Milano nel 1898 e del Metropolitan Opera di New York City nel 1908. Diresse la New York Philharmonic-Symphony Orchestra dal 1928 al 1936 e si esibì con le orchestre di tutto il mondo, tranne quelle dell'Italia e della Germania durante il regime fascista. Dal 1937 al 1954 diresse la NBC Symphony, un'orchestra sponsorizzata dalla rete radiofonica statunitense.
Toscanini divenne noto principalmente per le sue letture delle opere di Verdi e delle sinfonie di Beethoven, e diede notevoli esecuzioni della musica di Wagner. Le sue interpretazioni erano notevoli per il dettaglio del fraseggio, l'intensità dinamica e una concezione essenzialmente classica della forma. La sua memoria fenomenale gli tornò utile quando, affetto da problemi di vista, fu costretto a dirigere sempre a memoria. Comandava agli artisti che lavoravano sotto di lui una devozione che spesso faceva loro raggiungere qualcosa di simile al suo stesso fervore.
Nell’aprile del 1954, è di nuovo a New York. In programma ci sono composizioni di Wagner. A un certo momento, il Maestro ha un vuoto di memoria e si arresta, riprendendo a dirigere dopo quindici secondi. È il suo ultimo concerto, si ritira dalle scene. La sua morte avviene tre anni dopo, il 16 gennaio 1957, nella sua residenza di New York.
Il giorno dopo, la salma, portata in Italia, viene accolta da una folla immensa. La camera ardente è allestita presso il Teatro alla Scala, il suo teatro. A celebrare la messa funebre in Duomo sarà l'Arcivescovo di Milano Montini, il futuro Papa Paolo VI.
La fotografa Trude Fleischmann, note di vita
Trude Fleischmann nasce a Vienna il 22 dicembre 1895, seconda di tre figli di una ricca famiglia ebrea. Lei frequentò il Liceo dell'Associazione scolastica delle figlie dei dipendenti pubblici. Il padre Wilhelm, un venditore originario dell'Ungheria, e la madre Adele costituirono un'importante fonte di sostegno finanziario ed emotivo all'inizio della sua carriera. La sua formazione ha compreso un semestre di storia dell'arte a Parigi e tre anni presso la "Lehr-und Versuchsanstalt für Photographie und Reproduktionsverfahren", dove le donne iniziarono a potersi formare in fotografia solo dal 1908.
Dopo aver terminato gli studi, nel luglio 1916 divenne un’apprendista nello studio della nota ritrattista Madame D'ora (Dora Kallmus), della quale ammirava molto il lavoro. Poiché d’Ora si lamentava della sua lentezza, abbandonò il lavoro dopo sole due settimane.
In seguito, Fleischmann riuscì ad assicurarsi un posto presso il fotografo Hermann Schieberth, i cui clienti della scena culturale e intellettuale viennese la interessavano molto.
Nel 1919 divenne membro della Società fotografica viennese. Nel 1920, con l'incoraggiamento della madre e il sostegno finanziario della famiglia, fondò il proprio studio.
Fleischmann, che non si sposò mai, ebbe numerose relazioni con donne.
Il fatto che Fleischmann sia stata in grado di perseguire una carriera di successo durante gli anni tra le due guerre dimostra il suo talento, soprattutto perché non ha fotografato matrimoni o battesimi, né è rimasta sotto contratto con alcuna rivista. Anche il boom della fotografia durante quel periodo, parallelo alla crescita delle riviste, aiutò la sua carriera. I ritratti artistici di Fleischmann di celebrità dell'opera, della musica, della danza e del teatro divennero presto indispensabili per la stampa austriaca e internazionale.
Man mano che la sua cerchia di amici nel mondo dell'arte cresceva, lo studio di Fleischmann divenne un luogo di ritrovo per l'élite culturale di Vienna. La sua mancanza di incarichi e clienti fissi le ha permesso una maggiore libertà circa lo stile.
La carriera di Fleischmann a Vienna rappresentava parte di una tendenza seguita da un certo numero di donne, molte delle quali ebree, nell’intraprendere una carriera nel campo della fotografia. Lei la considerava un mestiere piuttosto che un'arte, un atteggiamento che contribuì anche ad aprire il campo alle donne.
A causa delle sue origini ebraiche, Fleischmann fu costretta a cercare lavoro altrove nel 1938. Lasciandosi alle spalle la maggior parte dei suoi negativi, emigrò a Parigi, Londra e infine, con l'aiuto della sua ex studentessa e amante Helen Post (1907–1979), a New York. Lì intraprese una carriera di successo nella fotografia, prima insieme a Helen e, dopo il 1940, nel suo studio al 127 West 56th Street, che gestì fino al 1969 insieme a Frank Elmer, un altro emigrato viennese. A differenza dei suoi lavori precedenti, delle fotografie del periodo presentano il paesaggio urbano di New York e le modelle che spesso fotografava per Vogue. Tra i suoi clienti a New York figuravano anche emigranti della scena culturale europea, tra i quali Arturo Toscanini (1867–1957). Nel 1969 Fleischmann si ritirò a Lugano, in Svizzera, sostenendo di non voler tornare a Vienna a causa del comportamento della popolazione durante la guerra. Nel 1987 ritornò negli Stati Uniti per vivere con suo nipote, il pianista Stefan Carell, a Brewster, New York fino alla sua morte avvenuta il 21 gennaio 1990.
Le fotografie
Arturo Toscanini. Fotografia di Leone Ricci, Fotografo attivo nell'Ottocento a Milano, in corso Vittorio Emanuele 22. Archivio storico Ricordi.
Arturo Toscanini, Fotografia di Trude Fleischmann.