QUOTE ROSA IN SOTTOMARINO
23 febbraio 2010. La Marina statunitense ammette le donne all'interno dei sottomarini. A consentirne per prima l'accesso è stata la Norvegia nel 1995, seguita dall'Australia, dal Canada e infine dalla Spagna.
La notizia pare di poco conto, e forse lo è; ma ci consente di fantasticare un po’, in qua e là, proprio per la curiosità che ci viene offerta dalla fotografia. Alla fine approderemo a un grande autore.
Iniziamo dal cinema. Un film famoso che riguardi un sottomarino è “Operazione sottoveste”, quello del sommergibile rosa (1959). La pellicola, a carattere comico, si rivede sempre volentieri ed è opera di uno dei mostri sacri di Hollywood, il regista Blake Edwards, che in seguito avrebbe diretto cult movie come Colazione da Tiffany, La grande corsa, Victor victoria e naturalmente la famosissima serie di film sulla Pantera rosa.
L’ammiraglio Sherman, Cary Grant, si presenta al mattino prest a bordo del Sea Tiger, il sottomarino che un tempo comandava, destinato nel giro di qualche ora a finire in rottamazione. Nell’attesa che arrivi il comandante incaricato di guidare il Sea Tiger nel suo ultimo viaggio (Tony Curtis), l’ammiraglio legge le peripezie registrate nel diario di bordo che lui stesso aveva scritto. Durante gli eventi, il Tiger subisce un restauro di fortuna per farlo giungere a un porto più attrezzato. Nel frattempo, il comandante è costretto ad accogliere a bordo un gruppo di soldatesse con le quali l’angusto spazio del sottomarino diventa difficilmente gestibile.
In seguito, saliranno sul natante donne gravide, bambini e una capra. Il sottomarino, senza la radio funzionante e dipinto di rosa durante le riparazioni, diventa il bersaglio dell’ironia dei giapponesi e della diffidenza degli americani, convinti che sia un tentativo nipponico di infiltrare un loro sommergibile. Per salvarsi comandante ed equipaggio le pensano tutte e, quando alla fine arriveranno in un porto amico a bordo del loro famigerato sottomarino rosa, troveranno ad accoglierli una folla di marinai festanti. Come vuole il genere del film, tutto si risolve nel migliore dei modi. L’aspetto comico della trama vive nell’inconsueta presenza femminile in un ambito concepito solo per uomini, che oggi parrebbe maschilista. Ci dispiace, ma la coerenza col titolo è salva.
Per la fotografia d’autore che riguardasse un sottomarino ci siamo rivolti a Massimo Sestini (che ringraziamo). Solo lui poteva offrirci uno scatto del genere.
Massimo Sestini, il cuore per la notizia
Non è la prima volta che incontriamo Massimo Sestini: era già successo sette anni addietro e ne scaturì un’intervista dal titolo “La Fotografia Impossibile”. Oggi ci rammarichiamo di aver riservato unicamente un ambito “estremo” al lavoro del fotografo fiorentino. E’ vero: lui si presenta adrenalinico, esplosivo, persino imprevedibile; però le sue immagini stanno raccontando spettacolarmente le piccole e grandi storie del nostro Paese, e di tutto il mondo.
Massimo Sestini è una notorietà nel suo genere. Lungo le pareti del suo studio, a Firenze, riconosciamo tante fotografie, ormai icone del nostro tempo, di fianco ai suoi backstage. Lo vediamo “appeso” a un elicottero, all’interno di un caccia della Marina Militare o immerso di fianco a un sommergibile. Questa volta, però, non ci lasciamo ingannare. Per quanto difficili (o impossibili) gli appostamenti di Massimo rappresentano punti di vista autoriali, scelti per raccontare: in profondità.
Lui si definisce anche paparazzo (termine del quale abusa), forse per via degli esordi. No, non è il termine a spaventarci (il capostipite dei paparazzi era tale solo perché padre, ma sempre di fretta: papà-razzo, appunto), bensì la linea di demarcazione che si sviluppa tra bene e male; tra la presunzione culturale e la stessa che, dall’altra parte, condanna senza tregua un’informazione anche “spinta”, ma sincera. Non siamo certo qui a decidere del dove collocare quella riga.
Preferiamo guardare le fotografie, giudicandole per quello che sanno restituirci, scoprendo così come siano belle, buone ed efficaci. Ne esce un Sestini giornalista, con il cuore per la notizia; ma anche un altro: tecnologico, coraggioso, senza limiti, però fotografo vero, e per nulla spavaldo.
Crediamo altresì che le sue “imprese” nascano anche dal desiderio di superarsi, per dedicare al soggetto la propria timida sensibilità; del resto molti dei suoi lavori sono strutturalmente unici, particolarmente quelli scattati in volo. Quando si è lassù, in uno “zenit personale”, si ha solo un’opportunità, che poi è la visione d’insieme. Gli altri accadimenti sono preclusi, lasciati ai terrestri; e Massimo può solo guardare, pensando a noi: con una preghiera tutta sua.
Massimo Sestini, note biografiche
Massimo Sestini è nato a Prato (Firenze) nel 1963. Le prime fotografie le scatta mentre è al liceo scientifico: concerti rock e le primissime foto rubate al mare, a Forte dei Marmi. Qui è istruttore di windsurf e si fa passare informazioni dai bagnini. Alla fine del liceo comincia a occuparsi di cronaca locale, passando dalla Nazione a una piccola agenzia fiorentina, la Fotocronache di Fulvio Frighi; collabora a un altro quotidiano, La Città. Pubblica i primi servizi.
Non compie nessuno studio di fotografia, ma ricorda che qualcosa al liceo gli hanno insegnato.
Comincia a occuparsi di grande cronaca e piazza i suoi primi scoop nel 1984. Riesce a fotografare Licio Gelli a Ginevra mentre viene scortato in carcere e il 23 dicembre 1984 è il solo fotografo ad entrare nel vagone del Rapido 904 annientato da una bomba nella Galleria di San Benedetto Val di Sambro. Una sua foto sarà la cover di Stern.
Anche se sempre più attratto da avvenimenti internazionali non perde la passione per la cronaca della sua città: con l’apertura dell’edizione di Firenze de La Repubblica, nel 1988, comincia a presentarsi come il punto di riferimento per la copertura fotografica di città e regione: vince l’appalto fotografico per La Repubblica. Lo terrà per una decina d’anni. Manterrà quindi a lungo una doppia funzione: fotografo e agente, coordinando il lavoro di reporter locali.
Comincia a lavorare sempre di più a livello internazionale e nel decennio successivo collabora con le principali agenzie fotografiche italiane (l’agenzia di Giovanni Liverani, l’Olympia di Walfrido Chiarini, Farabola, Contrasto), ottiene un contratto di fotografo staff dalla grande agenzia francese Gamma, che gli permetterà di essere presente ai grandi fatti, cerimonie internazionali, inizia la sua collaborazione con tutte le principali testate italiane.
E’ un decennio di attività formidabile. Da un lato apprende e insegna l’arte del paparazzo, collaborando tra gli altri con Riccardo Germogli, Elio Zammuto. Bossi in canottiera, il funerale di Casiraghi nel 1990, il bikini di Lady D sono alcuni scatti celebri. E’ presente e scatta la foto esclusiva nei tragici avvenimenti italiani: l’incursione sulla Moby Prince in fiamme, le foto aeree degli attentati a Borsellino e Falcone.
La collaborazione con Epoca di Roberto Briglia e Carlo Verdelli lo spinge al reportage, al fotogiornalismo, in cui una tappa importante è “Italia Novanta”. La fotografia sportiva è un’altra sua passione. La “scuola” di Epoca gli insegna a collaborare da giornalista con i settimanali; diventa una presenza indispensabile per tutte le principali redazioni italiane: Panorama, Gente, Oggi, Sette, Il Venerdì, Espresso, Sorrisi e Canzoni.
Lavora per il Corriere della Sera. Sempre più organizza o improvvisa scatti aerei per cogliere la foto che nessun altro collega ha.
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta decide di imparare a fare anche i posati, per affrontare i personaggi con un’altra creatività. Luci, preparazione del set, inventiva per accontentare lo stile e le esigenze dei committenti: si trova così a rivedere spesso i personaggi dello spettacolo e della politica che aveva paparazzato, da fotografo “ufficiale” inviato dai giornali. In questo modo aggiunge a quotidiani e settimanali i mensili nella sua esperienza di fotografo “di giornali”; in particolare Style e le testate del gruppo Class.
Per nulla imbarazzato dal drastico ingresso del digitale nel tradizionale campo della fotografia, Massimo Sestini è riuscito immediatamente ad intuirne le infinite opportunità creative e tecnologiche.
Massimo Sestini in oltre trent’anni di carriera (quasi quaranta) ha sempre continuato a raccontare, offrendoci immagini da ricordare. Il 12 febbraio 2015, mentre documentava il Festival di San Remo, veniva a sapere di aver vinto il 2° premio General News del World Press Photo of the Year, il premio fotogiornalistico più importante al mondo.
Le fotografie
Locandina del film “Operazione sottoveste”, 1959
Incursori della Marina escono dal portello di un sottomarino. Ph. Massimo Sestini.