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MINA, LA VOCE D’ITALIA

Erano altri tempi: la musica passava dalle fessure delle porte e attraverso le finestre aperte. In quel periodo, ma anche in seguito, Mina occupava le vite degli italiani. I suoi brani non erano eminentemente commerciali, anzi: portavano la firma di autori illustri; ma lei aggiungeva la voce e l’interpretazione, un valore aggiunto impagabile.
La “Tigre di Cremona”, bella e potente, ha quasi segnato il calendario di tutti, perché ogni successo è riuscito a segnare un’epoca, nonostante i testi non affrontassero temi sociali. Era la sonorità dei brani a essere attuale e coerente negli arrangiamenti. Se infatti abbiamo lodato la sua voce, altrettanto dobbiamo fare per la musicalità di quanto ha proposto negli anni. Ne riconosciamo arpeggi, pieni d’orchestra, fraseggi di violini e tanto altro. Il canto di Mina poggiava su basi solide, in ogni disco.
Ci manca, quella Mina. Nel ricordo emerge la sua presenza televisiva, elegante in abito scuro. Anche come presentatrice si è comportata bene, introducendo Don Lurio e le gemelle Kessler. “La notte è piccola per noi”, cantavano quest’ultime, quella che per gli italiana non è mai passata, almeno nella memoria.

Tutti i paesi hanno una cantante che, con la sua voce, definisce la nazione nella sua interezza, superando i confini sociali e quelli dell’età. Gli Stati Uniti hanno Barbra Streisand, il Canada ha Céline Dion, l’Italia ha Mina. Lei fa parte del panorama culturale italiano dagli anni '60. All'inizio della sua carriera, Mina è apparsa in televisione e, grazie alla sua presenza, è riuscita a entrare nelle case degli italiani, come regina indiscussa del regno musicale italiano.

Mina non è mai apparsa in concerto, perché non veste i panni di una rock star. Da artista di altissimo livello, ha scelto la televisione e le registrazioni in studio come mezzo attraverso il quale esprimere il suo talento.

Mina si è esibita in TV con Battisti e ha registrato con Cocciante e Adriano Celentano e molti altri. Oltre alle comprovate capacità artistiche, ciò che l’ha trasformata in un mito è stata la sua decisione di lasciare il pubblico all’apice della carriera. Nonostante si sia allontanata dagli occhi del pubblico, non ha privato i fan della sua voce.
La longevità di Mina può essere attribuita anche alla sua capacità di comprendere il cambiamento di suono che arriva con ogni generazione. Anche quando appariva in televisione, si assicurava sempre che il suo spettacolo non oscurasse la sua voce. Vestita in maniera elegante e sobria, risultava sempre indimenticabile.

Anna Maria Mazzini (Mina), note biografiche

Anna Maria Mazzini, (poi solo Mina), nasce il 25 marzo 1940 a Busto Arsizio. I suoi genitori, Giacomo e Regina Mazzini, dopo tre anni si trasferiscono a Cremona, dove la coppia ebbe un altro figlio.
Anna Maria ha imparato a suonare il pianoforte fin da piccola, ma non è riuscita a padroneggiare bene lo strumento.
La ragazza è cresciuta come una bambina attiva e irrequieta. Non riusciva a stare ferma a lungo, amava affrontare cose nuove senza finire il lavoro. All'età di 13 anni si interessò al canottaggio. Anna Maria non era diligente negli studi, si annoiava.

Fin dall'infanzia, Mina è stata attratta dalle professioni creative. Considerava suonare il pianoforte un'attività noiosa, ma cantava e si esibiva volentieri sul palco. Nel 1958, mentre si rilassava con la famiglia al mare, Anna Maria assistette all'esibizione del cantante cubano Don Marino Barreto. Dopo la fine del concerto, è salita inaspettatamente sul palco, ha chiesto un microfono, cantando davanti a un vasto pubblico che non si è dileguato. Quello è stato un punto di svolta nella carriera della cantante. Il proprietario della sala concerti ha invitato la giovane artista a esibirsi nelle sere successive. Mina si rese così conto che doveva iniziare la carriera di cantante. Nella sua città natale ha iniziato a lavorare con gli Happy Boys, ma per soli 3 mesi. Con un proprio gruppo, ha tenuto il suo primo concerto nel settembre del 1958, ottenendo in seguito un contratto con uno studio di registrazione.

Anna Maria Mazzini ha pubblicato il suo singolo d'esordio con lo pseudonimo di Mina, destinato a un pubblico italiano, mentre per una platea straniera si era data lo pseudonimo di Baby Gate. Nel 1959 abbandona questo nome, lavorando esclusivamente con il nome Mina.

Col tempo, Mina è stata conosciuta in Italia e anche in altri paesi. Avendo ottenuto un certo successo, la cantante ha cercato di collaborare con il famoso maestro dello spettacolo italiano Elio Gigante. Grazie a lui, entra nelle migliori sale da concerto e le sue canzoni diventano dei successi.
Nel 1960 Mina partecipa per la prima volta al Festival di San Remo. Ha raggiunto solo il 4° posto, ma i brani eseguiti sono diventati dei veri successi. Una delle canzoni è arrivata anche nella Billboard Hot 100 americana, un grande risultato per un aspirante artista d'oltreoceano. Mina nel 61 tentò nuovamente di ottenere l'ambita vittoria al festival di Sanremo. Il risultato è stato ancora una volta il 4° posto. La ragazza disse che non avrebbe più tentato di partecipare a questo evento.
Nel 1959 partecipa a Canzonissima ottenendo un enorme successo. Nel 1961 ritorna in televisione con Studio Uno dove insieme a Don Lurio e alle gemelle Kessler esegue i classici della canzone napoletana, americana e sudamericana. Il successo è stato enorme.

Il debutto nel campo del cinema avviene subito dopo. La canzone "Tintarella di luna", eseguita sul grande schermo, divenne un vero successo. In seguito Mina si è cimentata come attrice in piccoli ruoli, il che ha aumentato la sua popolarità.
Già nel 1961, la cantante si esibì con successo in Venezuela, Spagna, Francia. Nel 1962, Mina pubblicò il suo debutto in tedesco, conquistando rapidamente un nuovo pubblico. Da lì in poi, nel corso degli anni della sua carriera, ha registrato canzoni in tedesco, spagnolo, inglese, oltre che francese e giapponese.

Nel 1963 si è saputo del legame di Mina con l'attore Corrado Pani. A quel tempo, l'uomo aveva un matrimonio ufficiale, al quale stava cercando di porre fine. La cantante ha dato alla luce un figlio con lui. Le regole rigide nella società di quel tempo coprivano di vergogna le donne nella sua situazione. La carriera di Mina era in pericolo, ma Tonino Ansoldi, il nuovo manager, credette nella ripresa del successo della cantante. Durante il periodo nero furono pubblicati 4 dischi con canzoni meravigliose. Nel 1966 l'atteggiamento nei confronti della cantante si modificò repentinamente. Mina entra in televisione come conduttrice di Studio Uno.

Dopo aver ammorbidito l'atteggiamento del pubblico, Mina lavora con autori diversi, collezionando un successo dopo l'altro. Nel 1967, insieme a suo padre, apre il proprio studio di registrazione. L'artista stessa sceglie gli autori, seleziona i gruppi musicali.

Nel 1978, Mina decise inaspettatamente di porre fine alla sua vivace carriera. Nello stesso anno, salutò la televisione. Va in onda per l'ultima volta su Mille e una luce.
Si trasferisce in Svizzera. Qui riceve la cittadinanza, conduce una vita normale e pubblica regolarmente dischi.

A livello personale, terminata la prima relazione scandalosa, la cantante inizia una relazione con il musicista Augusto Martelli. Nel 1970 sposa il giornalista Virgilio Crocco. La felicità non durò a lungo. Il marito muore 3 anni dopo in un incidente stradale. La cantante ebbe una figlia da lui. Mina in Svizzera è poi vissuta con il cardiologo Eugenio Quaini. Dopo 25 anni insieme, la coppia si è sposata. Anna Maria ha preso il cognome del marito.

Renzo Chiesa fotografo, il ritratto e oltre

Conosciamo Renzo Chiesa per una fotografia di Lucio Dalla, quella che gli abbiamo chiesto per il sito di Image Mag. Da lì in poi si è aperto un orizzonte ampio, ricco di scoperte sulle sue fotografie e circa l’impegno che ha profuso dietro l’obiettivo e non solo.
Nasce in campagna, Renzo; in un paese che ti costringe a guardare lontano per via della pianura. Ci piace iniziare così, perché forse lì è sorto il suo atteggiamento nei confronti dell’esistenza da vivere, comprese le ambizioni da poter pretendere. In lui riconosciamo una mentalità contadina, quella buona per intenderci: dove l’impegno viene al primo posto, in anticipo rispetto alle richieste. Ecco che il suo racconto diventa quasi un romanzo, tra treni che passano e opportunità da cogliere, con anche quella camera oscura dove si rifugia per stampare e comprendere, di continuo. E poi arriva la musica, per lui un fiume in piena, un ambito da esplorare a fondo, con cura. Non si ferma, comunque; e nemmeno cambia atteggiamento. Perché quella pianura dov’è nato gli ha suggerito di essere osmotico, percettivo, pronto ad ascoltare consigli e insegnamenti. Del resto, cosa avrebbe potuto fare? Come obbedire ai sogni espressi da bambino di fronte ai documentari di una TV in bianco e nero? Voleva diventare regista, Renzo; ma per esaudire quel desiderio occorreva l’ambiente idoneo, la relazione, l’interagire col mondo altrui con generosità, senza pretendere peraltro.
E allora, ecco i suoi ritratti, ambientati a dovere, inseriti nel contesto che meritavano. Il regista si manifestava lì e la curiosità lo spingeva altrove, dove venivano meno le note musicali: il food, gli interni degli artisti, la pubblicità. Si è divertito, Renzo, questo ci suggerisce. Voleva il mondo oltre la pianura e forse l’ha raggiunto, ritraendo persone e non solo. Giusto e bene così.

Renzo Chiesa, note biografiche in prima persona

Cremonese di nascita, 1951, milanese d’adozione dal 1961. Milano la città dello studio, dello sviluppo e crescita professionale. La passione dell’immagine era già nata, alla fine anni cinquanta, dopo l’acquisto in famiglia del primo televisore.

Dopo studi regolari, il primo approccio al mondo fotografico c’è stato con l’inserimento nel laboratorio fotografico all’interno della Arnoldo Mondadori nella storica sede di via Bianca Maria di Savoia. Poter vedere da vicino il lavoro dei vari fotografi, inviati in tutto il mondo, da zone di guerra, a spettacoli musicali e teatrali, foto di moda e bellezza, ha fatto esplodere la voglia di fare questa professione. Fù anche la fortuna di lavorare alla Mondadori che mi fece conoscere il dott. Polillo, dirigente e organizzatore del Festival Internazionale del Jazz al Teatro Lirico. Questo mi permise di fotografare tanti grandissimi del jazz, da Duke Elligton, a Ella Fitgerald, da Nina Simone a Miles Davis.

Passaggio successivo fu fare l’assistente in studi fotografici professionalmente diversi, e più tardi, l’apertura del proprio studio. La collaborazione con case discografiche è iniziata presto. Avevo un desiderio, realizzare tre copertine di artisti che amavo, Lucio Dalla, Paolo Conte e Enzo Jannacci. Fatto questo volevo dedicarmi ad altri settori, invece la popolarità dei tre artisti mi portò ancora di più lavoro nel campo discografico. Il ritratto è sempre stato il mio obiettivo. A questo proposito si era sparsa la voce che portavo fortuna ai candidati alle elezioni, di cui avevo fatto il ritratto. Furono tutti eletti.

Le collaborazioni iniziarono anche con grandi editori, Mondadori, Rizzoli, Abitare Segesta. Varie le testate con cui ho collaborato, da Panorama, a Costruire, Max, Amica, Casa&Country, AD, Musica Jazz, Suono, Prog, Classic Rock. Questo mi ha permesso di fotografare grandi artisti, architetti, scrittori, attori e chef in giro per l’Italia e il mondo. Da cinque anni sono anche il fotografo ufficiale della Rassegna Tenco, della canzone d’autore, che si svolge al Teatro Ariston di Sanremo.

Ho anche organizzato varie mostre che ho esposto a Milano ai Frigoriferi Milanesi, alle gallerie d’arte Eroici Furori e Head Quarter, a Pavia al Broletto, a Parigi in una mostra omaggio a Jimi Hendrix e la collettiva Obiettivo Rock. “Noi, non erano solo canzonette”, ultimo impegno, una mostra itinerante, dove il mio contributo va da un reportage giovanile a Londra nel 1969, alla contestazione anni settanta/ottanta milanese a una serie di grandi della musica italiana, da Mina a Gaber, da Demetrio Stratos a Fabrizio de André, da Francesco Guccini a Lucio Dalla.

Le fotografie

1969 Milano, Teatro Lirico. Mina fotografata da Renzo Chiesa.

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