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FOTOGRAFIA DA LEGGERE

Il bello dei libri è che spesso saltano fuori all’improvviso, un po’ come le fotografie. Quello di oggi lo abbiamo ritrovato liberando una casa, quella della madre di chi scrive. Ne approfittiamo per riprendere la rubrica “Fotografia da Leggere”. Il volume in questione è “Dalla mia Terra alla Terra”, di Sebastião Salgado (Edizioni Contrasto).

Il lavoro è strutturato come un racconto di viaggio, suddiviso in capitoli, tutti accompagnati da alcune fotografie iconiche. Del resto, nella sua vita Salgado è partito e ripartito più volte, con la curiosità di chi vuole vedere con la fotografia. Lo dice lui stesso in copertina: «Adoro la fotografia, adoro fotografare, tenere in mano la fotocamera, giocare con le inquadrature e con la luce. Adoro vivere con la gente, osservare le comunità e ora anche gli animali, gli alberi, le pietre. E un'esigenza che proviene dal profondo di me stesso. È il desiderio di fotografare che mi spinge di continuo a ripartire. Ad andare a vedere altrove. A realizzare sempre e comunque nuove immagini».

Dalla mia Terra alla Terra raccoglie le riflessioni scritte in prima persona da Sebastião Salgado: un lungo racconto orientato alla sensibilità ecologica del fotografo brasiliano in cui descrive la realizzazione dell'Istituto Terra in Brasile e il suo percorso di uomo e testimone del nostro tempo. Lo scrittore Salgado è capace di trascinare il lettore con una prosa coinvolgente, in paesi lontani che sono territori d’immensa bellezza ma anche di profonde ingiustizie. Le sue fotografie hanno fatto il giro del mondo. Nel libro fotografo ce le racconta: il bianco e nero di ritratti di uomini e donne sconosciuti, di lavoratori o rifugiati, e più di recente il suo progetto Genesi volto alla conservazione dei luoghi più belli del nostro pianeta. Con la semplicità che lo contraddistingue, Salgado ricostruisce il suo percorso, espone le sue convinzioni, ci rende partecipi delle sue emozioni. Viene fuori così il suo talento di narratore e l’autenticità di un uomo che sa coniugare militanza e professionismo, talento e generosità. All’interno del volume ci sono i racconti appassionanti dell’Africa, del Brasile, delle Americhe, del Mozambico e del Ruanda e poi ancora la nascita dell’Instituto Terra, del reportage Genesi, dall’agenzia Magnum Photos fino ad Amazonas Images. (Fonte: sinossi del libro).

Belle sono le parole che Isabelle Francq dedica al fotografo nella prefazione: «Guardare una foto di Sebastião Salgado non vuol dire solo fare l’incontro dell’altro, ma anche fare l’incontro di se stessi. Vuol dire fare l’esperienza della dignità umana, capire ciò che significa essere una donna, un uomo, un bambino. Probabilmente Sebastião nutre un amore profondo verso le persone che fotografa. Altrimenti non riuscirebbe a farcele sentire così presenti, vive e fiduciose? Come potremmo trovare quel senso di fraternità?».

Abbiamo incontrato Salgado

Abbiamo incontrato Salgado: un momento unico, indimenticabile. Lui parlava francese e Berengo Gardin (suo amico) ci faceva da interprete.
Era il febbraio 2014. C’era l’acqua alta, a Venezia; quasi un segno del destino. Debuttava “Genesi”, la mostra di Salgado (ai Tre Oci) e la “città sull’acqua” mostrava i segni della propria sofferenza. Se n’è parlato anche in conferenza stampa, quando una giornalista ha detto: “Salgado, è un onore averla qui”. “Vede com’è ridotta la nostra città?”. “Lei può farci un regalo, scattare una fotografia che possa essere testimonianza di una situazione drammatica”.
Il fotografo, sempre attento e lucido, non ha declinato l’invito; si è limitato a sottolineare come una fotografia, da sola, non possa smuovere le opinioni. “Occorrono progetti”, ha aggiunto, “A più livelli”. “E’ la società che deve cambiare, a partire dalla coscienza collettiva”. Una delle anime dell’attività condotta dal fotografo brasiliano sta proprio lì: nella capacità di costruire architetture complesse, progetti appunto; condotti peraltro a lunghissimo termine, coerenti, forti, imponenti, quasi impossibili.
Crediamo che Sebastião Salgado vada approcciato proprio nella dimensione che riesce a restituire ai propri lavori. La fotografia del nostro vive in simbiosi con la sua vita, con il credo che la contraddistingue, arrivando a influenzarne lo stesso comportamento. Un grande del passato ebbe modo di dire che “lo scattare immagini rappresenta un modo per condurre la propria esistenza”; per Salgado questo è ancor più vero. Le sue opere respirano della sua emozione, ne prendono vita: in un istante, quello del Click, da raggiungersi quasi come in un rito, religiosamente.

Sebastião Ribeiro Salgado, note biografiche

Sebastião Ribeiro Salgado nasce l’8 febbraio 1944 ad Aimorés, nello stato di Minas Gerais, in Brasile. A 16 anni si trasferisce nella vicina Vitoria, dove finisce le scuole superiori e intraprende gli studi universitari.
Nel 1967 sposa Lélia Deluiz Wanick. Dopo ulteriori studi a San Paolo, i due si trasferiscono prima a Parigi e quindi a Londra, dove Sebastião lavora come economista per l’Organizzazione Internazionale per il Caffè. Nel 1973 torna insieme alla moglie a Parigi per intraprendere la carriera di fotografo, lavorando prima come freelance e poi per le agenzie fotografiche Sygma, Gamma e Magnum, creando in seguito, insieme a Lèlia, la agenzia Amzonas Images.
Sebastião viaggia molto, occupandosi prima degli indios e dei contadini dell’America Latina, quindi della carestia in Africa verso la metà degli anni Ottanta. Queste immagini confluiscono nei suoi primi libri.
Tra il 1986 e il 2001 si dedica principalmente a due progetti. Prima documenta la fine della manodopera industriale su larga scala nel libro La mano dell’uomo, (Contrasto, 1994poi l’umanità in movimento, non solo profughi e rifugiati, ma anche i migranti verso le immense megalopoli del Terzo mondo, in due libri di grande successo: In cammino e Ritratti di bambini in cammino (Contrasto, 2000).
Genesi inizia come progetto nel 2003 e viene presentato al mondo dopo nove anni di lavoro. La mostra è accompagnata dal libro omonimo Genesi (Taschen, 2013).
Lélia e Sebastião hanno creato nello stato di Minas Gerais in Brasile l’Istituto Terra che ha riconvertito alla foresta equatoriale - che era a rischio di sparizione - una larga area in cui sono stati piantati decine di migliaia di nuovi alberi e in cui la vita della natura è tornata a fluire. L’Istituto Terra è una delle più efficaci realizzazioni pratiche al mondo di rinnovamento del territorio naturale ed è diventata un centro molto importante per la vita culturale della città di Aimorès.

Le fotografie

Una fotografia all’interno del libro: Stazione di Churchgate, Bombay (Mumbai), India, 1995.
Copertina del libro “Dalla mia Terra alla Terra”, Edizioni Contrasto.

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