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[“SUA ALTEZZA” SIGOURNEY WEAVER]

E’ alta, Sigourney Weaver, come un buon playmaker di pallacanestro. Pare abbia sofferto molto, per questo, particolarmente durante l’adolescenza; da quello che abbiamo visto sul grande schermo, però, quei problemi sono stati superati abbondantemente. La ricordiamo nel film Alien: alta come un’amazzone, con un look androgino. La femminilità la usava al momento giusto e ne usciva una bellezza senza pari, legata a una sensualità straordinaria.

Sigourney Weaver nasce a New York l'8 ottobre 1949. Il padre è il presidente della rete televisiva NBC, mentre la madre è un'attrice di origini inglesi. Il suo vero nome è Susan, ma a quattordici anni sceglie di farsi chiamare Sigourney dal nome di uno dei personaggi del romanzo "Il grande Gatsby" di F. Scott Fitzgerald.

Sono gli anni del liceo a spingerla verso la recitazione. Terminati gli studi, si trasferisce in Conneticut per frequentare la Yale Drama School, dove diventa amica di Meryl Streep. Terminata la scuola (1974), la sua carriera la vede protagonista in piccole parti, tra teatro, soap opera e cinema. Tra l’altro la si scorge nel film di Woody Allen “Io e Annie”.

Il suo vero debutto cinematografico avviene nel 1979, col film "Alien" di Ridley Scott. Veste i panni del tenente Ellen Ripley (se vogliamo, un ruolo normalmente destinato a un attore) e riceve una nomination agli Oscar. Dopo Alien, arrivano: "Un anno vissuto pericolosamente" (1982) di Peter Weir, "Ghostbusters" di Ivan Reitman, "Una donna in carriera" (1988) di Mike Nichols.

Nel 1984 si sposa con un attore più giovane di lei. Dal matrimonio nasce Charlotte (1990). Partecipa anche ad "Alien III" (1992), rasata a zero; e a "Ghostbusters II" (1989). Nel 1994, è impegnata nel film "La morte e la fanciulla" diretto da Roman Polanski che le fa conoscere il maestro di recitazione Jack Waltzer. Da lui comprenderà come affrontare emotivamente il personaggio da incarnare. La sua vita privata è piuttosto movimentata. Sigourney è una convinta attivista politica, ma anche una grande appassionata di musica jazz, amore trasmessogli dal marito.

Durante la sua carriera, ha affrontato vari generi, senza mai disdegnare neanche la commedia, interpretando film come: "Heartbreakers - Vizio di Famiglia" (2001) diretto da David Mirkin e "Baby Mama" (2008) di Michael McCulliers.

Sigourney Weaver proviene da una famiglia colta e intellettuale. Il padre, per molto tempo a capo della NBC, era appassionato di storia. In TV pare abbia inventato la formula del talk show. La madre era un’attrice, che ha recitato anche di fianco a Bette Davis. La sua educazione è stata raffinata. Teniamo conto che può vantare ance una laurea in Letteratura inglese. Per fronteggiare gli alieni occorre avere tutto: altezza, coraggio, ma anche pensiero.

Il fotografo, Robert Mapplethorpe

Robert Mapplethorpe nasce il 4 novembre 1946 a Long Island (New York). È il terzo di sei figli. La sua è una famiglia cattolica di origini irlandesi, appartenente alla media borghesia americana. Si racconta che a sedici anni sia stato sorpreso mentre tentava di rubare un giornalino pornografico. In realtà, a quell’età, comincia a manifestarsi la sua omosessualità, non ancora pienamente palese. Sempre a sedici anni s’iscrive al Pratt Institute di Brooklyn. Studia disegno, pittura e scultura. Influenzato dalla produzione di artisti del calibro di Marcel Duchamp, comincia a sperimentare usando vari materiali. Produce una serie di collage composti con immagini tratte da giornali, riviste e libri.

Si stanno chiudendo gli anni ‘60 e per gli Stati Uniti sono momenti di grande cambiamento. La guerra del Vietnam, i movimenti studenteschi, la lotta per i diritti civili, delle donne, degli afroamericani, la rivolta dei gay, sono tutti accadimenti che stanno modificando l’America e il mondo intero. A New York si vive un’atmosfera irripetibile. Robert Mapplethorpe prende vigore dalla cultura pop, rappresentata allora da Andy Warhol. Il fermento creativo è palpabile in quegli anni. Robert è un testimone del suo tempo, il che rappresenta un merito.

Patti Smith, poi la fotografia

Nel 1967 l’artista incontrò Patti Smith, allora solo una giovane ragazza spiantata, che non pensava neanche di diventare cantante. Era da poco arrivata a New York. Robert se ne innamorò. I due andarono a convivere dapprima a Brooklyn e poi presso il famosissimo Chelsea Hotel di Manhattan, un luogo di ritrovo per artisti, scrittori e musicisti nei primi anni Settanta. Dopo qualche anno vissuto come amanti, Patti e Robert rimasero semplicemente amici.

Lei, fra il 1970 e il 1973, fu ritratta più volte dal compagno. La foto più celebre rimane quella della copertina dell’album Horses. Mapplethorpe all’inizio non pensava di diventare un fotografo. Fu solo per cercare immagini adatte ai suoi collage che si rivolse alla fotografia, inizialmente utilizzando una Polaroid SX-70. Due anni dopo il fotografo passò a una medio formato e cominciò a ritrarre le persone che lo circondavano: artisti, musicisti, celebrità, ma anche attori del cinema porno.

Mapplethorpe organizzò le sue prime mostre importanti nel 1977, a New York: una di fiori e un’altra su nudi maschili e immagini sadomaso. Le sue stampe restituivano una gradazione infinita di bianchi e neri, di luci e ombre. Al di là del soggetto, le sue immagini risultavano eleganti e provocatorie al tempo stesso. Un confine era stato rotto, quello che offriva alla visione un coraggio nuovo, mai provato. Si allargavano gli orizzonti verso ciò che non si poteva (né voleva) vedere.

Chi ha avuto la fortuna di visitare quelle mostre si sarà perso dietro una miriade di aggettivi, disobbedendo o approvando quell’anima bacchettona che permeava la cultura americana del tempo. Ancora oggi, però, possiamo dire che dietro le fotografie di Mapplethorpe c’è qualcosa che non ci saremmo aspettati. Ci ha tolto le bende dagli occhi e vediamo oltre il sogno offerto dalla cecità.

La tecnica

Dal punto di vista della tecnica, il fotografo fondò il suo stile tra il classico e il moderno. I nudi, come i fiori, risultavano armonici, impeccabili, levigati, asettici per ambientazione, tanto da ricordare la scultura rinascimentale, in particolare quella di Michelangelo. Il paragone può sembrare esagerato, persino irriverente; a tal punto che siamo costretti a scorgere qualche differenza. L’artista fiorentino viveva il contrasto tra anima e corpo, cercando di trascendere da quest’ultimo in una concezione neo platonica della vita. Robert è attratto dalle contrazioni del muscolo, non le nasconde. Il corpo per lui diventa natura, verità, paesaggio sconfinato nel quale perdersi. Ne sono un esempio i suoi nudi, lussuriosi perché “così è”, scultorei in quanto pulsanti; come il corpo di Lisa Lyon, la prima campionessa di body building femminile.

L’ultimo momento

Robert morì in seguito alle complicazioni causate dall’AIDS, il 9 marzo 1989, a Boston. Patti Smith ricorda quel momento, nel libro Just Kids (2010), con queste parole: “Ci salutammo e lasciai la stanza”. “Qualcosa mi spinse a tornare indietro”. “Era scivolato in un sonno leggero”. “Restai a guardarlo, così sereno, come un bambino vecchissimo”. “Aprì gli occhi e mi sorrise”. “Sei già tornata?” “Poi si riaddormentò”. “L’ultima immagine di lui fu come la prima: un giovane che dormiva ammantato di luce, che riapriva gli occhi col sorriso di chi aveva riconosciuto colei che mai gli era stata sconosciuta”.

Le fotografie. Sigourney Weaver, 1988. Robert Mapplethorpe, per Vanity Fair.

Robert Mapplethorpe, Sigourney Weaver, 8 ottobre 1949

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