[NASCE GESUALDO BUFALINO]
Nato il 15 novembre 1920 a Comiso (Ragusa), Gesualdo Bufalino arriva tardivamente al mondo letterario, grazie soprattutto all’amico Leonardo Sciascia, che ne lancia il breve romanzo "Diceria dell'untore" (1981). Non è comunque un caso isolato. Altri prima di lui sono arrivati tardi alla “fama letteraria”, se non addirittura dopo la morte: Tomasi di Lampedusa, Italo Svevo, Campana.
Gesualdo Bufalino, è affascinato sin da ragazzino dalla parola scritta. Trascorreva ore nella piccola biblioteca del padre, fabbro ferraio con l'hobby della lettura. Al liceo, che frequentava inizialmente a Ragusa e poi dal 1936 a Comiso, ebbe come insegnante d'italiano Paolo Nicosia. Bufalino intraprende gli studi universitari a Catania, ma nel 1942 fu costretto a interromperli perché chiamato alle armi.
Catturato dai tedeschi all'indomani dell'armistizio, riuscì a fuggire rifugiandosi in Emilia, trascorse quei momenti concitati dando lezioni private. Alla fine del 1944 si ammala di tisi e viene ricoverato all'ospedale di Scandiano. Un medico gli mette a disposizione un'imponente biblioteca. Dopo la Liberazione si reca a Palermo, in un sanatorio, dal quale esce guarito nel 1946. Intanto riprende gli studi e si laurea in lettere nell'ateneo di quella città.
Bufalino non ha accettato i primi successi letterari, anche quelli che provenivano dalle trasmissioni radiofoniche; preferendo viceversa una vita semplice e riservata. Ha dedicato tutta la sua vita all'insegnamento in un istituto magistrale. Nel 1950 comincia a lavorare a un romanzo, quello che sarà il già citato "Diceria dell'untore", ma non va oltre la prima bozza; lo riprende, portandolo a termine, nel 1971, dopo una decennale revisione. La pubblicazione di questo capolavoro, avvenuta nel 1981 (Bufalino aveva ormai sessantuno anni), diventa un autentico caso letterario, culminato nel conferimento del premio del Campiello.
Il decennio successivo è caratterizzato da una frenetica attività produttiva che spazia dalla poesia alla prosa, dalla narrativa alla saggistica per finire alle antologie. Gesualdo Bufalino muore il 14 giugno 1996, nella sua Comiso, a causa di un drammatico incidente stradale.
Gesualdo Bufalino e Giuseppe Leone fotografo.
La vita di Gesualdo Bufalino ci permette di introdurre Giuseppe Leone, fotografo siciliano. Lo abbiamo conosciuto anni addietro. Ci è piaciuto incontrare la sua capacità narrativa, inserita culturalmente nel neorealismo del tempo. Tra l’altro, ciò che ci sorprese fu il suo profilo internazionale, raggiunto senza mai abbandonare i territori delle sue origini.
Giuseppe Leone nasce a Ragusa nel 1936. Nella sua lunga carriera fotografica è stato un testimone della sua Sicilia, nei suoi molteplici e spesso aspetti contraddittori: dal paesaggio all’architettura barocca, dalle feste popolari alle immagini dei suoi conterranei. Molte sono state le sue pubblicazioni e numerose volte ha esposto in Italia e all’estero. Ricordiamo: Istituto Italiano di Cultura (Madrid 1984), Galleria d’Arte Moderna (Paternò 1986), Galleria Il Diaframma (Milano 1991), Istituto Italiano di Cultura (Parigi 1993), New York University - Acta International (New York 1995), Palazzo Borghese - Galleria Minima Peliti (Roma 1996), Istituto Italiano di Cultura (Edimburgo 1996), Acta International (Roma 1997), Istituto Italiano di Cultura (Monaco 1998).
Giuseppe Leone è entrato in contatto anche con la Sicilia letteraria, grazie anche all’amicizia con Bufalino e Sciascia. Ricordiamo a proposito il libro “Gli anni di Sciascia e Bufalino”, dove appunto compaiono le sue fotografie.
Giuseppe Leone fotografo (fonte sito dell’autore).
Esiste fra il fotografo e la succube realtà che lo circonda un rapporto di belligeranza non molto dissimile da quello che contrappone il cacciatore alla preda: così come la mano dell’uno si prolunga nel fucile, l’occhio dell’altro s’incorpora nell’apparecchio e se ne fa arma alla cultura d’un frammento irripetibile di spazio-tempo. Un ladro di luce, dunque, il fotografo; un rapinatore di eventi, che fulmina l’attimo e lo imprigiona in un breve rettangolo di cartone per consegnarlo all’eternità.
Ciò vale per ogni fotografo. Vale specialmente per un fotografo siciliano al quale la terra natia offre una dovizia d’immagini quale raramente la storia, la cronaca, l’arte, il paesaggio sciorinano dinnanzi a un obbiettivo curioso. Un privilegio che tuttavia da solo non basterebbe, ove non scorressero la bravura tecnica e l’eccellenza del gusto. Doti che abbondano in Giuseppe Leone, un’artista caro a Leonardo Sciascia e autore di molte e pregevoli opere. Non si cerchi in queste foto la collera civile o la pietà di chi s’impegna a ritrarre la Sicilia più funebre e amara. In Leone risuona una musica diversa. Una musica che somiglia al particolare triangolo ionico che l’ha generato, là dove il retaggio mafioso pesa meno che altrove. Piace dunque a Leone cogliere le mimiche significanti del grande teatro umano, tanto negli individui quanto nelle folle, durante le cerimonie e le liturgie delle feste: piace altresì indulgere alle forme, ai comportamenti, alla pelle del cielo della terra e del mare. Ne risulta una Sicilia malnota o ignota a noi stessi che l’abitiamo. Dove si esibiscono altipiani di amplissimo giro che un albero solitario soggioga: dove ondulate colline si spartiscono toppe di campi, cinti da muri a secco e guardati da case simili a sentinelle; dove le bestie più antiche, più elementari (vacche, pecore, buoi) ripetono antiche movenze, ignare di vivere sulle soglie del terzo millennio…
È una Sicilia insospettata, che talvolta non sembra quasi mediterranea. […] Più spesso la presenza umana a farci sentire: giochi di bambini, conciliaboli di vecchi, gesti e facce che raccontano una lunghissima favola sacra alla fatalità del dolore. Ce ne viene un turbamento che non si placa, sebbene il bianco e nero di queste carte gareggi con le morsure del più impassibile acquafortista. Pare di visitare un tempo fuori del tempo, donde esula, o quasi, ogni segno di civiltà.
La fotografia. Racalmuto (Agrigento), contrada La Noce: Vincenzo Consolo, Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino 1984.