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[VIENE INVENTATA LA PALLACANESTRO]

La pallacanestro, o il basket che dir si voglia, compie oggi 130 anni. Ha visto la luce il 15 dicembre del 1891. A inventarlo è stato l’insegnante di educazione fisica (e medico) canadese James Naismith. Siamo a Springfield (Massachusetts), dove Naismith insegnava. A lui venne chiesto di trovare un’attività che potesse impegnare gli studenti durante l’inverno, visto che le temperature rigide imponevano le lezioni di ginnastica al coperto. In più si voleva un gioco facile da imparare, con poche occasioni di contatto.

Naismith trasse ispirazione da antichi giochi aztechi e maya, così dopo due settimane dalla richiesta formulò cinque principi, che poi tradusse in tredici regole di base. Il 15 dicembre organizzò la prima partita sperimentale della storia, disputata dal cosiddetto First Team: un gruppo di diciotto giocatori (gli studenti della classe di Naismith), divisi in due squadre di nove ciascuno. La partita fu giocata con un cesto di vimini, usato per la raccolta delle pesche, dentro il quale occorreva indirizzare una palla (tonda, e non ovale, come nel football americano o nel rugby). Alcune fonti parlano di un cesto posto su un palo e privo di foro per la fuoriuscita del pallone, ma forse si trattò dei primi esperimenti. Resta il fatto che il canestro (chiamiamolo così) venne appeso alla tribuna della palestra, che diventò quindi l’altezza ufficiale per gli anni a venire. La pallacanestro è uno sport dinamico e molte regole sono cambiate negli anni. E’ stato anche ridotto il diametro della palla per il basket femminile; ma crediamo che la distanza da terra della prima affissione non potrà mai essere cancellata.

Altre date. Il 9 febbraio 1895, fu giocata la prima partita inter collegiale 5 contro 5. Nel 1932, venne creata la Federazione internazionale (FIBA), per uno sport che divenne olimpico ai Giochi del 1936, a Berlino (vinsero gli Usa, in finale proprio contro il Canada Paese nativo dell’inventore). Nel 1946 nacque negli USA la National Basketball Association (NBA), con lo scopo di rendere lo sport più popolare.

Oggi è bello ricordare alcuni postulati circa l’invenzione di Naismith: si deve usare un pallone rotondo, che può essere toccato solo con le mani; non si può camminare con il pallone fra le mani; i giocatori possono posizionarsi e spostarsi ovunque nel campo; non è permesso il contatto fisico tra i giocatori.

Le cose sono cambiate, di molto. Rimane però il valore dell’invenzione, perché oggi possiamo assistere a uno spettacolo dove anche i secondi sono importanti. Una partita di basket offre fisicità e precisione, velocità e intelligenza cestistica, per un sogno che può diventare leggenda.

Chi scrive, in mansarda ha un canestro appeso al muro, ovviamente non alto come quello della palestra di Springfield. Con un pallone di gomma piuma, ogni tanto tenta un tiro: sperando che sia vincente, da “tre”, scoccato a fil di sirena. E’ il basket.

La seconda fotografia che proponiamo porta la firma di Pepi Merisio, già ospite della rivista Image Mag.

[Il fotografo gentile]

Per parlare di Pepi Merisio, ripensiamo alle sue fotografie. Ci accorgiamo come i soggetti, i paesaggi, gli oggetti, siano tutti più vicini a chi guarda. Merisio ha concesso a noi la conoscenza che gli era propria, i sentimenti che lo animavano. Ogni immagine racchiude un racconto, esprimendo anche un sentimento, un’amozione, una forte suggestione. Ci passano davanti gioia, dolore, fatica, sacrificio, persino amore, senza che il fotografo abbia edulcorato nulla. Non è un girone dantesco, quello che vediamo, e nemmeno il luogo della bellezza nostalgica di quanto è stato. Le persone che incontriamo sono senza nome e senza storia, ma ne stanno costruendo l’elemento portante, che poi è la vita.

Merisio ha trattato tutti con rispetto: nelle sue valli e pure nel corso dei viaggi intrapresi un po’ dovunque in Italia. Ha cercato, e trovato, i medesimi racconti; perché i “senza nome” sono tali in ogni luogo. Meglio salvarne la dignità, quindi, rendendola palese a chi guarderà. Basta parlare a tutti dando loro del “lei”, pacatamente. È un fatto di educazione: quella di un fotografo gentile, appunto.

[Pepi Merisio, note biografiche]

Pepi Merisio è nato a Caravaggio, nella bassa bergamasca, il 10 agosto 1931 e comincia a fotografare da autodidatta nel 1947. Progressivamente protagonista del mondo amatoriale degli anni Cinquanta, ottiene numerosi e prestigiosi riconoscimenti in Italia ed all’estero. Nel 1956 inizia la collaborazione con il Touring Club Italiano e con numerose riviste: Camera, Du, Réalité, Photo Maxima, Pirelli, Look, Famiglia Cristiana, Stern, Paris - Mach e numerose altre. Nel 1962 passa al professionismo e l’anno seguente entra nello staff di Epoca, allora certamente la più importante rivista per immagini italiana.

L’ambito ideale della poetica di Merisio è, insieme con la grande tradizione contadina e popolare della provincia italiana, anche il variegato mondo cattolico. Nel 1964 pubblica su Epoca il suo grande servizio "Una giornata col Papa" avviando così un lungo lavoro con Paolo VI. Dello stesso anno è il suo primo libro dedicato all’amico scultore Floriano Bodini. Da questo momento, mentre continua la collaborazione con grandi riviste internazionali (celebri i tre numeri monografici di Du sul Vaticano, su Siena e sull’Italia cattolica) avvia un’intensa attività editoriale. Caposaldo, dichiarazione d’intenti e summa preventiva della sua attività di narratore per immagini è l’opera Terra di Bergamo in tre volumi, edita nel 1969 per il centenario della Banca Popolare di Bergamo.

Da allora ha pubblicato oltre un centinaio di libri fotografici con editori diversi, tra i quali Atlantis, Bär Verlag, Conzett e Huber, Orell Füssli, Zanichelli, Electa, Silvana, Bolis, M. D’Auria, Editalia, Pubbliepi, Monte dei Paschi, Grafica e Arte, Lyasis e l’ECRA di Roma, per la quale ha curato la collana “Italia della nostra gente”, che ha raggiunto i ventotto volumi. Per l’Editrice Atlantis e Zanichelli ha pubblicato undici volumi sulle Regioni d’Italia, e otto volumi per la Bolis sulle Terre Marchigiane. Per il Centro Studi Valle Imagna ha curato “Per le antiche strade” (2003), “Acqua” (2003), “Un altro Paese” (2005) e “In Valle Imagna” (2009). Con Mario Luzi ha pubblicato il volume “Mi guarda Siena” (2002).

Nel 1972 la Rai gli dedica una puntata della trasmissione “Occhio come mestiere”, curato da Piero Berengo Gardin. Nel 1979, per la Polaroid, esegue un reportage in bianco e nero ora conservato nella Collection Polaroid International di Boston, nel 1964 consegue il Premio Nazionale di Fotogiornalismo a Milano; nel 1965 il Premio Internazionale di Fotogiornalismo a Genova.

Particolarmente significative sono le numerose opere di documentazione etno-geografica e d’arte, le personali allestite in Italia e all’estero. Da ricordare le mostre alla Helmaus di Zurigo per i 50 anni di Atlantis (1980); 158 fotografie al Teatro Sociale di Bergamo (1985) e a Palazzo Barberini in Roma (1986); Il Duomo guarda Milano all’Arengario (1986); La Valtellina alla Fiera di Milano (1988); Meeting di Rimini (2007).

Nel 1980 Progresso fotografico dedica a Merisio un numero monografico. Nel 1982 è L’Editoriale Fabbri che lo accoglie nella collana “I grandi fotografi” mentre è del 1996 il numero a lui dedicato di Foto Magazine. Nel 2007 la FIAF gli dedica il volume “Grandi autori”. Il Ministero degli Affari Esteri nel 2008 ha incaricato Pepi Merisio di allestire la mostra fotografica “Piazze d’Italia”, per le principali capitali europee. Nel 2010 viene montata la grande mostra “Ieri in Lombardia” per la Regione Lombardia nel Grattacielo Pirelli a Milano.

Nel 2011 è invitato alla 54ª Biennale di Venezia.

Pepi Merisio ci ha lasciato il 3 febbraio 2021.

Le fotografie

Beach basket, Lido di Spina 2014. Anonimo.

Basket in Seminario, Bergamo, 1964, © Pepi Merisio

pallacanestro, basket, James Naismith, 15 dicembre 1891, Pepi Merisio

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