[NASCE IL SIGNOR G.]
“La mia generazione ha visto le strade, le piazze gremite di gente appassionata, sicura di ridare un senso alla propria vita; ma ormai son tutte cose del secolo scorso: la mia generazione ha perso“, (da “La razza in estinzione”). E’ una riflessione di Giorgio Gaber, una di quelle recitate a Teatro per far riflettere, manifestando il proprio pensiero con onestà intellettuale. Di fronte a platee e gallerie lui ha consacrato la propria carriera, iniziata nei locali della Milano migliore e passata anche per la TV, dal “Musichiere” a “Canzonissima”. Con “Com’è bella la città” ci ha fatto comprendere come qualcosa in lui stesse cambiando. Ecco quindi la “Canzone-Teatro”, un format unico e originale, che gli lascerà un posto riservato nel panorama culturale italiano.
Ci piace ricordare Gaber, per quello che ha detto e cantato, per la sua chitarra e anche quella musicalità da “ballata” che l’ha reso famoso agli inizi. Ma Cerutti Gino non esiste più, e neanche quel bar del Giambellino. Aveva ragione il Signor G: “Siamo una razza in estinzione”.
Giorgio Gaber, nasce a Milano il giorno 25 gennaio 1939. Adolescente, per curare il braccio sinistro colpito da poliomielite, a 15 anni inizia a suonare la chitarra.
Dopo un diploma in ragioneria, frequenta la facoltà di Economia e Commercio alla Bocconi pagandosi gli studi con i guadagni provenienti dalle serate in cui suona al Santa Tecla, famoso locale milanese. Conoscerà qui Adriano Celentano, Enzo Jannacci e Mogol; quest'ultimo lo invita alla Ricordi per un'audizione: è lo stesso Ricordi a proporgli di incidere un disco.
Comincia una brillante carriera con "Ciao, ti dirò", scritta con Luigi Tenco. In seguito arriveranno: "Non arrossire", "Le nostre serate", "Le strade di notte", "Il Riccardo", "Trani a gogò", "La ballata del Cerruti", "Torpedo blu", "Barbera e champagne".
Nel 1965 sposa Ombretta Colli. Partecipa a quattro edizioni del Festival di Sanremo (con "Benzina e cerini", 1961; "Così felice", 1964; "Mai mai mai Valentina", 1966; "E allora dai", 1967). A "Canzonissima" edizione 1969 propone "Com'è bella la città", uno dei primi brani che lasciano intravedere un cambio di direzione artistica.
Nello stesso periodo, il Piccolo Teatro di Milano gli offre la possibilità di allestire un recital, "Il signor G", il primo di una lunga serie di spettacoli musicali tra sociale e politica, amore e speranza, ironia e presa di coscienza.
Dopo gli album dei suoi spettacoli, torna al mercato discografico con l'album "La mia generazione ha perso" (2001) che include il brano"Destra-Sinistra": ironico e insinuante.
Ci lascia il 1° gennaio del 2003, all'età di 63 anni, nella sua villa di Montemagno a Versilia, dove si era recato per trascorrere il Natale accanto alla moglie e alla figlia Dalia.
"Io non mi sento italiano" è il suo ultimo lavoro: uscirà il 24 gennaio.
[Il fotografo, Gianni Greguoli]
Per quarant’anni Gianni Greguoli ha fotografato i grandi miti della musica e della canzone, da stelle internazionali come Miles Davis e Billie Holiday agli italianissimi Giorgio Gaber e Adriano Celentano.
Fin dagli anni Cinquanta Gianni cattura con la sua macchina fotografica le performance di leggende del jazz del calibro di Lester Young, Miles Davis, Chet Baker, Ella Fitzgerald, Louis Armstrong e perfino Billie Holiday nel suo unico concerto italiano. Nel 1957 ritrae Maria Callas al Teatro alla Scala di Milano per la copertina dei due dischi contenenti le registrazioni di una storica Medea di Cherubini.
In quegli anni Gianni è anche testimone di un periodo d’oro della canzone italiana, in particolare della nascente canzone d’autore: pochi sanno che suoi sono i primissimi servizi fotografici di Luigi Tenco con i suoi Cavalieri, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Umberto Bindi, Fabrizio De André, Adriano Celentano, Milva, Renato Carosone, Tony Renis, Mia Martini, Riccardo Cocciante, Franco Cerri e altri ancora, che fotografa nel suo piccolo studio in centro a Milano, oppure in sala di registrazione o in concerto.
Gianni ha sempre preferito lavorare in luce ambiente, ideale per fissare sulla pellicola con naturalezza ed efficacia l'atmosfera di un particolare momento, nella convinzione che sia meglio una foto “vera”, anche con qualche minima imperfezione, ad un’immagine costruita. Le sue fotografie sono apparse su innumerevoli riviste musicali, pubblicità e copertine di dischi. Di queste ha spesso anche progettato la grafica, collaborando con case discografiche anche nell’ideazione del logo e della linea grafica aziendale: tra queste La Voce del Padrone, Dischi Ricordi, Mercury, Fonit Cetra, Music Records, Saar Dischi, Ariston Dischi e Produttori Associati.
(Fonte, Wall of Sound Gallery)
[Guido Harari, la passione e oltre]
Molte volte, in fotografia, sentiamo parlare di passione, ma spesso questa scalda, motiva, induce, esalta; non andando oltre. Per molti resta uno spazio invalicabile tra l’esistere e il percepire, come se il sentimento rappresentasse unicamente uno strumento da utilizzare alla bisogna. Per Guido non è così: lui della passione si nutre, vive, opera. Non a caso, le sue idee vanno oltre, anche al di là dello spazio temporale della sua vita. Ci dice che vorrebbe essere nato prima, per trovarsi “in fase” con gli anni ’60. No, non si tratta di un rimpianto, bensì di un riflesso verso uno sguardo allargato: sempre propenso all’oltre, alla scintilla che illumina l’anima.
Per finire, ecco il ritratto: che lui ama sin dal contatto, dall’incontro. Spesso lo chiude con l’inquadratura, perché gli piace esserci, per sentirsi percepito. E allora la forza è tutta lì: tra piccolo e grande, tra dentro e fuori, tra interiore ed esteriore. Lui, Guido, cerca sempre; nutrendosi di passione. Sta a noi cercarlo, magari in un ritratto chiuso: per giunta in B/N. C’è un moto perpetuo nel suo creare, un movimento continuo. Saltiamoci sopra: è meglio.
[Guido Harari, note biografiche]
Guido Harari nasce al Cairo (Egitto) nel 1952. Nei primi anni Settanta avvia la duplice professione di fotografo e di critico musicale, contribuendo a porre le basi di un lavoro specialistico, sino ad allora senza precedenti in Italia. Dagli anni Novanta il suo raggio d'azione contempla anche l'immagine pubblicitaria, il ritratto istituzionale, il reportage a sfondo sociale. Dal 1994 sono membro dell'Agenzia Contrasto. Ha firmato copertine di dischi per Claudio Baglioni, Angelo Branduardi, Kate Bush, Vinicio Capossela, Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele, Bob Dylan, Ivano Fossati, BB King, Ute Lemper, Ligabue, Gianna Nannini, Michael Nyman, Luciano Pavarotti, PFM, Lou Reed, Vasco Rossi, Simple Minds e Frank Zappa, fotografato in chiave semiseria per una storica copertina de «L’Uomo Vogue». È stato per vent’anni uno dei fotografi personali di Fabrizio De André. Ha al suo attivo numerose mostre e libri illustrati tra cui Fabrizio De André. E poi, il futuro (Mondadori, 2001), Strange Angels (2003), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, Mondadori, 2004), Vasco! (Edel, 2006), Wall Of Sound (2007), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (Rizzoli, 2007).
Di lui ha detto Lou Reed: "Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido”. “So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento”. “Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi”. “Considero Guido un amico, non un semplice fotografo".
[Le fotografie]
Gianni Greguoli. Giorgio Gaber & Maria Monti, Milano, 1961.
Guido Harari. Giorgio Gaber, Milano 1993.
Grazie a Guido Harari per entrambe le immagini, provenienti dalla Wall of Sound Gallery.