[AUGURI A TUTTE LE DONNE]
Alle volte ci siamo persi solo a vederle camminare. In altre occasioni ci sono piaciuti i gesti, i sorrisi, le movenze. Farle ridere ci ha sempre procurato soddisfazione, così come il parlare con loro, a lungo. Da giovani ce ne siamo innamorati all’improvviso, come in un soffio: sperando in un dopo, e poi in un altro ancora.
Con loro abbiamo vissuto l’amore: quello che si sospira e anche l’altro, che pure “si fa”. Le abbiamo rincorse, pregate, ammirate, attese, salutate, baciate, riprese, allontanate, abbracciate, lasciate. Siamo stati anche lasciati: senza comprendere, o rinunciando a farlo. Abbiamo riso, per loro; pianto. Alle volte ci siamo anche meravigliati. Sono le donne, quelle dalle quali abbiamo sempre imparato qualcosa.
L'occasione ci suggerisce (e lo facciamo volentieri) di occuparci delle donne fotografe, ma il rispetto ci impone di usare nome e cognome. L'8 Marzo non deve rappresentare un punto d'arrivo, ma sempre una data dalla quale ripartire: abbandonando pregiudizi e luoghi comuni. Dimentichiamo, ad esempio, i plurali, tipo: “le donne”, “quelle donne”, “tutte le donne”, “perché le donne”. Ci vorrà più rispetto, ecco tutto: nel leggere e nel comprendere. Forse aveva ragione Honoré de Balzac: “... Devono avere i difetti delle loro qualità”.
Auguri a tutte le donne
Parlando di fotografe (emancipate per forza, visto il mestiere), abbiamo scelto due professioniste incontrate nella rivista, pubblicando per entrambe un’immagine a loro firma. Ci saranno altri nomi al femminile in futuro. E’ un impegno che ci prendiamo.
[Malena Mazza, una Fantasia Emancipata]
Altro non sappiamo dire, mentre iniziamo a scrivere, se non ripeterci il titolo. Abbiamo guardato a lungo le immagini che la fotografa ci ha dedicato, senza riconoscere dei codici di lettura attuali e quindi scontati. I luoghi comuni non esistono, e occorre impegno: anche solo per guardare.
Le tante donne che vediamo? Sono belle, sensuali, persino carnali e voluttuose; eppure distanti al tempo stesso, da conquistare con coraggio, qualora se ne trovasse il modo. E’ l’individualità di Malena a generare tutto questo, la stessa che cerca e trova nei soggetti che ha di fronte. Del resto, per Lei la persona non costituisce un centro d’attenzione, ma vive col contesto, all’interno dell’idea, dove abita la fantasia. E lì inizia l’emancipazione, forse anche quella femminile: non si possono separare i soggetti dagli oggetti, occorre “prendere” tutto, l’integrità dell’individuo.
Inizia col cinema, Malena; ma non ci piace fare paralleli, che peraltro forse non esistono. Certo, tutto è utile, soprattutto a livello culturale; ma nel dialogo con lei ci è piaciuta la fantasia, la creatività, quell’orizzonte lontano al quale tendere senza inibizione alcuna. Ecco, sì; la sua fotografia è contaminata e continuamente contaminabile. Lei prende, cattura, assorbe; e quando fotografa non ha nulla da chiedere, se non operare per come sa fare. Fantasia emancipata è anche questo: non azzardare o creare forzature. E’ la semplicità che deve emergere, a partire dalla conoscenza e dal rispetto per gli individui: sia che scattino o che si facciano ritrarre.
[Malena Mazza, note biografiche]
Malena Mazza diventa Primo Assistente di registi di fama internazionale come i fratelli Taviani, Michelangelo Antonioni, Maurizio Zaccaro, Giancarlo Soldi, Giampaolo Tescari, Maurizio Azzali, Dario Piana, Gavino Sanna, Andrea Cardile, Jerard de Batista, JacquesVenait, Robert Fraisse e altri. Si specializza nella regia di videoclip (Luca Carboni, Pino Daniele, Gino Paoli, Stadio) e spot pubblicitari (Brooklyn, Swatch, Glent Grant, Four Roses, Morositas, Loewe, Jeans Market, Kerastase, CBM gioielli, Lovable, Vivident, Longines, Ferrari ecc) e programmi televisivi (Nonsolomoda, Sereno Variabile). Lavora come fotografa di moda a New York, Londra, Parigi, Madrid e Milano per numerose testate tra cui Amica, Anna, Biba, Casa Amica, Centurion, Citizen K, Cosmopolitan, D di Repubblica, Departure, Elle, Glamour, Harpers Bazaar America, Interni, Io Donna, Kidswear, Label, Marie Claire, Max, New Woman, Pap Magazine, Playboy Italia, Sportweek, Spoon, Surface, Sport & Street, Style,Tell, Urban, Vogue Gioiello, Vogue Pelle, Vogue Sposa, Vogue Bambino, Vogue Italia.
ADV: Barilla, AEM, Banca Aletti, Basile, Brooklyn, BTicino, Borbonese, BPU Banca, Brendell, Coast Weber & Hauser, Dema, Divani & Divani, Facis, Fiat, Finmeccanica, Flou, Four Roses, Frau, Frigoriferi Milanesi, Gattinoni, Garnier, Glen Grant, Hettabrez, Illy Caffe’, Inc Corea, Las, Le Coccinelle, Legrand, Longines Orologi, Lovable, Mazzini, Meliani, Monoprix, Morositas, Nina Ricci parfume, Nivea, New Penny, Padovan, Prenatal, Pringles, Printemps, Quelle, Ras, Redwall, Roc, Romeo Gigli, Safilo, Seat, Siemens, Silk & Soie, La Stampa, Strato, Swatch, Vivident ed altri. CD cover: Fausto Leali, Ottmar Liebert, Loreena Mckennit, Atmosphere, Mara Sottocornola e altri. Etichette per la casa vitivinicola Al-Cantàra, in Sicilia. Le sue opere compaiono in molte mostre personali in Italia, Parigi, Hong Kong. Nel 1995, 2003 e 2011 espone alla Biennale di Venezia. Dal 2005 le foto di Malena Mazza sono battute all’asta da Sotheby’s e ha pubblicato numerosi libri fotografici in Italia e all’estero.
[Maria Vittoria Backhaus, al di là del tempo]
Incontriamo Maria Vittoria nel suo studio, vicino ai Navigli; e subito ci rendiamo conto di essere di fronte a tante storie in una. Perché questa è stata la sua vita, o almeno crediamo: un incrocio complesso di esigenze, desideri, volontà, costruzioni, progetti. È una Milano straordinaria, quella che ha dovuto affrontare. Tra gli spazi metropolitani esplodevano creatività e design, moda e made in Italy. Al fermento culturale si affiancava l’ideologia, su un terreno nel quale imperversavano i conflitti sociali più accesi. Maria Vittoria combatte per la propria vita impugnando la fotografia, impedendo che a ogni lavoro possa seguirne un altro simile, già visto. A vincere in lei è l’idea notturna, quella del giorno prima. È da lì che nasce il progetto per domani, quando, come una regista, imposta e dirige la sua scena. Alla fine ne esce sempre un racconto, quello che supera le idee preconcette, le tendenze, il rischio di un modello preformato. Nelle sue immagini (o scene?) vivono modelle che abitano scenari infiniti, alle volte enormi, immobili ma pur sempre in divenire. Nel guardarle, è il nostro pensiero ad adeguarsi: ieri, come oggi. E lo stesso accadrà domani. È per questa ragione che i suoi lavori perdono il connotato temporale, diventando eterni: non nella storia, ma nell’idea che ci faremo di loro. Per finire, Maria Vittoria è una donna, una di quelle che vorresti incontrare sempre. Lontana dai modelli estetici, rigorosa, pugnace, ha sempre lottato per il suo lavoro: un’esigenza fattiva e non il viatico di un’emancipazione forzata. La immaginiamo in quella Milano, nebbiosa e senza le polveri sottili, mentre frequenta sfilate e mostre d’arte, sempre tesa a comprendere, capire, assorbire. La creatività non è solo una dote, ma anche il frutto terminale della conoscenza; da mettere in pratica, poi. Per Maria Vittoria è così: ieri, oggi, domani. Al di là del tempo, appunto.
[Maria Vittoria Backhaus, note biografiche]
Reporter e fotografa d’interni, still life, moda, cibo e natura. Ha studiato scenografia presso l'Accademia di Brera di Milano, dopo di che ha lavorato in stretta collaborazione con stilisti di punta degli anni '70, durante il loro momento di massima creatività, mentre emergevano sulla scena internazionale. Ha lavorato quando era in atto un conflitto politico e sociale, ma anche sull’onda di straordinario fervore culturale. Il suo modo di vedere le cose sembra "fuori forma". Ad esempio, nel momento in cui l'immagine femminile veniva impostata su uno sfondo bianco, Maria Vittoria poneva una donna "reale" in un set gigantesco che raccontasse la sua storia. Il suo lavoro passato e presente è il risultato di una stretta professionalità nei confronti dei propri committenti. Le sue fotografie esistono sia come registrazione della realtà che - in contraddizione apparente - come un'invenzione continua. I suoi scatti fotografici sono il contrario dell'improvvisazione: il risultato cosciente del pensiero e della ricerca. La sensazione è quella per la quale le sue immagini non sembrano mai invecchiare: avrebbero potuto essere state scattate ieri, o anche domani. Vive e lavora a Milano.
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