[UN ANNO SENZA GIOVANNI]
Ciao Giovanni, non dovevi andar via così, all’improvviso. Ci hai lasciati soli, con l’eco delle nostre stesse parole: quelle che ascoltavi sempre. Già, la tua era una presenza rara, perché mossa da una disponibilità infinita, senza secondi fini, per la quale (forse) sei stato amato da tutti. Le cose sono anche peggiorate e tu sei quell’amico al quale avremmo voluto scrivere, per una manciata di lucidità e buon senso. E invece eccoti lassù, dove spesso alziamo gli occhi perché non riusciamo a capire.
Potevi almeno avvisarci, Giovanni: non ci avresti disturbato, anzi. Un tuo saluto avrebbe evitato il disordine nel quale viviamo oggi: in fotografia e anche altrove. Manca il senso di quanto si può fare assieme, anche un viaggio in autostrada, di notte, per parlare con più calma.
Grazia Giovanni per quanto hai saputo donarci.
[Un incontro con Giovanni, la poesia]
Tutte le volte che incontriamo Giovanni Gastel veniamo accolti da una gentilezza antica, confortevole, rara a trovarsi. Di mezzo c’è la fotografia, ma non solo; perché con Giovanni Gastel puoi parlare di qualsiasi cosa, liberando entusiasmi e opinioni. Si ha quasi l’impressione che lui sia arrivato a compimento di molte cose; e te ne accorgi nei modi, nei gesti, negli istinti, nei percorsi, nelle opere. In lui non ci sono strade, né filoni da ricercare; solo una grande mole “artistica” da capire, ingigantita col tempo. Ci parla a lungo del suo rapporto con la poesia, iniziato sin da ragazzo. “Fotografia e poesia rappresentano due anime che convivono in me”, afferma. “La poesia la definirei come il primo amore, alla fotografia sono arrivato più tardi”. Sì, perché Giovanni ha scritto sempre volentieri, sin dalle scuole elementari. Il primo libro l’ha pubblicato a soli sedici anni.
Gli chiediamo di possibili analogie tra versi e immagine e lui sulle prime nega un eventuale rapporto, salvo poi ritrovarlo nella sintesi, nella necessità di dover racchiudere parole o idee in uno spazio ridotto e razionale.
“Anche nella poesia c’è bellezza”, dice il fotografo. Ci spiega che alla base, nei due ambiti, c’è un bisogno molto diverso. Lo scatto è liberazione istantanea; la scrittura si rende necessaria per oggettivare, risolvere in segni, uno stato d’animo latente che si è reso visibile e manifesto. La fotografia è ricerca del meraviglioso, la poesia della propria parte dolorosa. Sono due lingue che nascono da necessità altrettanto forti, ma modi di pensiero lontanissimi. Noi, però, non dobbiamo cadere nell’errore di separare troppo i due mondi. Non c’è un “altro Gastel”, ma un uomo che ha trovato il modo di completarsi, sempre; anche in quello scatto breve che si allunga nel tempo: soffio che si somma ad altri, trasformando la vita in un eterno istante, come recita il titolo del suo libro.
Adriana salta nel vento
con leggerezza naturale
in una sospensione
che sembra eterna.
Nuvole inquiete la aspettano
poco più in alto.
Forse il senso della vita è tutto
in quel suo fragile tentativo di volo.
Filicudi 2012
[Le fotografie]
Giovanni Gastel. Un ritratto di Cristiano Miretti.
“Adriana in the sky”, Giovanni Gastel. Filicudi, 2012.
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