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[NASCE ALBERT EISTEIN]

Albert Einstein, oltre ad essere un grande fisico, è stato interprete di alcune immagini diventate iconiche. Una l’abbiamo celebrata lo scorso anno e vede lo scienziato tedesco mentre dedica la linguaccia ai fotografi. Era il 14 marzo 1951, il giorno in cui Albert Einstein compiva 72 anni. Si era tenuta una festa di compleanno in suo onore presso l’istituto di Princeton. I paparazzi lo stavano aspettando fuori. Einstein si sentiva infastidito dalla loro presenza. Eppure era lì, bloccato sul sedile posteriore di una limousine, stretto tra l'ex direttore dell'istituto, Frank Aydelotte, e sua moglie, Marie, incapace di sfuggire ai lampi dei flash. "Basta, ne ho abbastanza!", si dice che abbia ripetutamente gridato ai giornalisti invadenti. "Ehi, professore, sorrida per una foto di compleanno, per favore", pare abbia gridato un fotografo. In un gesto di fastidio, Einstein ha tirato fuori la lingua, dedicandola ai paparazzi presenti: un istante che è stato catturato dal fotografo Arthur Sasse.

Quella fotografia, pur in assenza dei social allora, è circolata rapidamente in tutto il mondo, diventando un'immagine iconica. Il professore distratto, dai capelli arruffati, che spesso si dimenticava delle cose più comuni, ma autore della teoria della relatività, è stato elevato a figura mitica nel corso della sua stessa esistenza. L'istantanea sfacciata della linguaccia gli è valsa anche lo status d’icona pop, anche per le generazioni successive.

Quest’anno ci occuperemo di un’altra immagine, diventata anch’essa famosa. A scattarla è stata il fotografo armeno Yousuf Karsh, che ci parlerà anche del suo incontro col fisico tedesco.

[Albert Eistein, la vita]

Albert Einstein, nasce il 14 marzo del 1879 a Ulm, in Germania, da genitori ebrei. L’Albert bambino è un solitario ed impara a parlare molto tardi. L'incontro con la scuola è difficile e ne detesta i metodi severi. La madre lo avvia allo studio del violino, e lo zio a quello dell'algebra.

Nel 1894 la famiglia si trasferisce in Italia per cercare miglior fortuna con una fabbrica a Pavia, vicino a Milano. Albert rimane solo a Monaco affinché possa terminare l'anno scolastico al ginnasio; raggiunge poi la famiglia.

Gli affari della fabbrica non vanno bene e il padre spinge Albert a iscriversi al famoso Politecnico di Zurigo, presso il quale potrà accedere solo nel 1896 e non prima, perché non in possesso di un diploma abilitante (gli studi letterari non gli andavano a genio). Nel corso dei suoi studi a Zurigo matura la sua scelta: si dedicherà alla fisica piuttosto che alla matematica, concentrando i suoi sforzi nell’insegnamento. Albert Einstein si laurea nel 1900. Prende dunque la cittadinanza svizzera per assumere un impiego all'Ufficio Brevetti di Berna.

Nel 1905 pubblica tre studi teorici. Il primo riguarda la prima esposizione completa della teoria della relatività. Col secondo studio, Einstein afferma che in determinate circostanze la radiazione elettromagnetica ha natura corpuscolare. Il terzo, e più importante studio, è del 1905, reca il titolo "Elettrodinamica dei corpi in movimento": esso contiene la prima esposizione completa della teoria della relatività ristretta. Proprio quest’ultimo porterà Albert Einstein a conseguire il premio Nobel per la Fisica nel 1921. Nel 1916 pubblica la memoria: "I fondamenti della teoria della Relatività generale", frutto di oltre dieci anni di studio.

Con l'avvento al potere di Hitler, Einstein è costretto a emigrare negli Stati Uniti, dove gli venne offerta una cattedra presso l'Institute for Advanced Study di Princeton, nel New Jersey. Di fronte alla minaccia nazista, il fisico tedesco rinuncia alle posizioni pacifiste e nel 1939 scrive assieme a molti altri fisici una lettera indirizzata al presidente Roosevelt, nella quale viene sottolineata la possibilità di realizzare una bomba atomica.

Albert Einstein muore all'età di 76 anni negli Stati Uniti, a Princeton, il giorno 18 aprile 1955.

[Le fotografie]

Albert Eistein, 11 febbraio 1948. Università di Princeton. Ph. Yousuf Karsh

[Yousuf Karsh incontra Albert Eistein, le sue parole]

L'11 febbraio 1948, Yousuf Karsh, forse il più abile fotografo ritrattista della sua generazione, visitò l'Institute for Advanced Study di Princeton per realizzare un suo sogno: fotografare Albert Einstein. Ecco cosa disse a proposito.

Tra i compiti che la vita di fotografo mi aveva assegnato, un ritratto di Albert Einstein mi era sempre sembrato un 'must', non solo perché questo più grande rifugiato del nostro secolo è stato considerato da tutto il mondo come lo scienziato più importante dopo Newton, ma perché il suo volto, in tutta la sua ruvida grandezza, invitava e sfidava la fotocamera.

All'Institute for Advanced Study di Princeton, ho trovato un Einstein semplice, gentile, quasi infantile, troppo grande per qualsiasi aggettivo. Non era necessario comprendere la sua scienza per percepire il potere della sua mente o la forza della sua personalità. Ammirato davanti a questo intelletto unico, mi sono azzardato a chiedergli le sue opinioni circa l’immortalità umana. Alfred rifletté per un momento e poi rispose: “Cosa credo dell'immortalità?”. “Ve ne sono sono due tipi. Il primo vive nell'immaginazione delle persone ed è quindi un'illusione. C'è poi un'immortalità relativa, che può conservare la memoria di un individuo per alcune generazioni. Ma c'è solo una vera immortalità, su scala cosmica, ed è l'immortalità del cosmo stesso. Non c'è altro”.

Parlava di questi ultimi misteri con un'aria di tale tranquilla sicurezza, che trovai la sua risposta profondamente inquietante per uno che sosteneva altri punti di vista. Sapendo che era un violinista affermato, ho ribaltato la conversazione e gli ho chiesto se c'era qualche connessione tra musica e matematica. “Nell'arte”, diceva, “E negli ordini superiori della scienza, c'è un sentimento di armonia che sta alla base di ogni sforzo. Non c'è vera grandezza nell'arte o nella scienza senza quel senso di armonia. Chi ne è privo non potrà mai essere altro che un grande tecnico in entrambi i campi”.

Era ottimista sulla futura armonia dell'umanità stessa? Sembrò riflettere profondamente e osservò con toni più gravi: "Ottimista? No. Ma se l'umanità non riesce a trovare una soluzione armoniosa, ci sarà un disastro in una dimensione al di là dell'immaginazione di chiunque”. A quale fonte dovremmo cercare la speranza del futuro del mondo? "A noi stessi", disse Einstein. Parlava con tristezza ma con serenità, come uno che aveva guardato nell'universo ben oltre i piccoli affari dell'umanità. In questo umorismo la mia macchina fotografica è riuscito a catturarlo: il ritratto di un uomo che aveva viaggiato al di là della speranza o della disperazione".

Quando gli ho chiesto come sarebbe finito il mondo se fosse stata sganciata un'altra bomba atomica, ha risposto stancamente: "Ahimè, non saremo più in grado di ascoltare la musica di Mozart".

[Il fotografo, Yousuf Karsh]

E’ facile imbattersi nelle fotografie di Yousuf Karsh, fotografo ritrattista. Le sue immagini le possiamo riconoscere ovunque: sulle copertine dei libri, su banconote e francobolli, e, naturalmente, esposte nelle gallerie. Nel corso della sua lunga carriera (più di 65 anni), Karsh ha fotografato alcuni tra i più importanti leader del 20° secolo, con una tecnica di illuminazione della quale lui stesso è stato pioniere. Divenne particolarmente richiesto, al punto che il giornalista Perry pubblicò sul London Sunday una frase particolarmente esaustiva: “Quando i famosi cominciano a pensare all’immortalità, chiamano Karsh”. Osservare le sue immagini significa studiare, andare a lezione, far proprio un atteggiamento da tenersi di fronte al soggetto; oltre che, ovviamente, rendere percepibili (e riconoscibili) gli elementi essenziali di colui che si va a ritrarre.

[La vita di Yousuf Karsh]

Yousuf Karsh, uno dei più importanti fotografi armeno-canadesi, era famoso per i suoi ritratti. Nasce a Mardin, una città nella parte orientale dell'Impero ottomano (Turchia) il 23 dicembre 1908. È cresciuto nell'era del genocidio armeno e, quando aveva 16 anni, i suoi genitori lo spinsero a vivere insieme a suo zio Georg Nakash, anche lui fotografo, a Sherbrooke, nel Quebec, in Canada. Karsh ha frequentato la scuola per un breve periodo, mentre aiutava suo zio con il lavoro in studio. Nakash vide sul campo le capacità di suo nipote e nel 1928 organizzò per lui uno stage sotto un grande ritrattista che viveva a Boston, di nome John Garo.

Nel 1931, per farsi un nome, Yousuf Karsh tornò in Canada e iniziò a lavorare con John Powl, nel suo studio, che poi ha rilevato pochi anni dopo. Nel 1936, ha esposto la sua prima mostra nella Drawing Room dell'hotel Château Laurier. Tempo dopo, trasferì lì il suo studio, dove visse e lavorò fino al 1992.

Karsh è stato scoperto dal primo ministro canadese, Mackenzie King, che ha presentato Karsh ai notabili in visita per le sedute di ritratto. Il suo lavoro iniziò a raccogliere consensi, ma la svolta arrivò quando ritrasse Winston Churchill, nel 1941 mentre Churchill pronunciava un'orazione alla Camera dei Comuni canadese a Ottawa. Questo è rimasto il uno dei ritratti più riprodotti nella storia.

La grande opera di Yousuf Karsh è esposta in numerosi stimati istituti e gallerie come collezione permanente. Pochi esempi sono il Museum of Modern Art di New York, il Metropolitan Museum of Art, la Bibliotheque nationale de France, il George Eastman House International Museum, la National Gallery of Canada e altri. Diverse biblioteche e vari registri in Canada conservano l'intera collezione, insieme ai negativi e ai documenti. Gli strumenti fotografici di Karsh sono stati donati al Canada Technology and Science Museum di Ottawa.

Yousuf Karsh muore il 13 luglio 2002, a Boston.

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