[VITA SPERICOLATA, CON STILE]
“Voglio una vita esagerata, Voglio una vita come Steve McQueen”, così cantava Vasco Rossi nel 1983. In realtà il cantautore, nella canzone avrebbe voluto un’esistenza spericolata, ma “esagerata” ci sta bene; perché l’attore ha fatto tendenza nell’abbigliamento e negli accessori. Non vogliamo citare le marche (non ci compete), ma i pantaloni chiari de “La grande fuga” sono entrati nel guardaroba dei giovani “cool”. Lo stesso può dirsi per le giacche da moto, i giubbotti di pelle trapuntati, i montoni e le magliette polo. Orologi di classe e occhiali da sole (fantastici quest’ultimi) completano il “look” di Steve, tutto portato con disinvoltura su automobili da urlo.
Non vogliamo però ridurre il valore dello Steve attore, che ha occupato nella filmografia uno spazio tutto suo: quello del duro in semplicità, come se fosse facile esserlo. Lui però era così, e ha riportato sullo schermo parte della sua vita. Il “look” è arrivato dopo, per un divo (bello, non c’è che dire) senza forzature.
Steve McQueen nasce il 24 marzo 1930 a Indianapolis (Indiana, Stati Uniti). Star del cinema americano degli anni '60 e '70, i suoi eroi solitari parlavano attraverso le azioni e raramente con le parole.
In gioventù Steve era un poco di buono e la madre fu costretta a mandarlo in una scuola correttiva. McQueen ha poi svolto lavori saltuari, e trascorso tre anni di servizio nel Corpo dei Marines degli Stati Uniti, prima di iniziare a esibirsi al Neighborhood Playhouse di New York City nel 1952. Il debutto sullo schermo è avvenuto nel 1956, con una piccola parte in “Lassù qualcuno mi ama”. Il suo primo ruolo da protagonista è stato nel classico dell’horror “Fluido mortale” (The Blob, 1958), e in quello stesso anno ha ottenuto il ruolo principale di un cacciatore di taglie nella serie televisiva “Wanted: Dead or Alive”, che è andata avanti fino al 1961.
All'inizio degli anni '60 McQueen raggiunse la celebrità quando apparve in due film d'azione diretti da John Sturges. Il primo di questi è stato il western “I magnifici sette” (1960), nel quale recitava con Yul Brynner e Charles Bronson come difensori di un villaggio messicano. Il secondo film d'azione a perfezionare l'immagine di McQueen è stato “La grande fuga” (1963), in cui ha interpretato un prigioniero alleato in un campo di prigionia tedesco della seconda guerra mondiale che compie un'audace fuga in motocicletta.
McQueen ha recitato in diversi film di qualità durante gli anni '60, tra cui “Amante di guerra” (1962), “Strano incontro” (1963), “Soldato sotto la pioggia” (1963), “L’ultimo tentativo” (1965) e “Cincinnati Kid” (1965). Ha ricevuto la sua unica nomination all'Oscar per un'altra epopea di guerra, “Quelli della San Pablo” (1966), ma il suo ruolo definitivo è arrivato impersonando un detective stanco del mondo che risolve un caso di omicidio di mafia in “Bullitt” (1968). In questo film, l'entusiasmo della vita reale di McQueen per le corse è entrato in gioco in un celebre lungo inseguimento in auto per le strade di San Francisco, per il quale lo stesso McQueen ha agito come stuntman. Ne “Il caso Thomas Crown” (1968) McQueen è un ladro ricco ed elegante, e si è rivelata una delle sue interpretazioni più memorabili.
Molti altri film di successo seguirono negli anni '70, tra questi “Papillon” (1973) e il popolare film catastrofico “L’inferno di cristallo” (1974). Tuttavia, McQueen ha sempre fatto poco per svilupparsi come attore. Nel 1980 McQueen ha interpretato due volte un cacciatore di taglie, nel western “Tom Horn” e nel film d'azione contemporaneo “Il cacciatore di taglie”, il suo ultimo film.
A McQueen venne diagnosticato un mesotelioma nel 1979. Data la prognosi sfavorevole, cercò un trattamento alternativo in Messico, dove morì il 7 novembre 1980, in seguito a un intervento chirurgico per rimuovere un tumore.
[Le fotografie]
Richard Avedon, ritratto nel film “Il caso Thomas Crown”, 1968.
William Claxton, Steve McQueen 1962
[Il fotografo, Richard Avedon]
Richard Avedon (1923-2004) è nato e ha vissuto a New York City. Il suo interesse per la fotografia è iniziato in tenera età e si è unito al club fotografico della Young Men's Hebrew Association (YMHA) quando aveva dodici anni. Ha frequentato la DeWitt Clinton High School nel Bronx, dove ha co-curato la rivista letteraria della scuola, The Magpie, con James Baldwin. È stato nominato Poeta Laureato delle scuole superiori di New York nel 1941.
Avedon si è unito alle forze armate nel 1942 durante la seconda guerra mondiale, come fotografo nella marina mercantile degli Stati Uniti. Come ha descritto, “Il mio lavoro era scattare fotografie d’identità”. “Credo di aver fotografato centomila volti prima che mi venisse in mente che stavo diventando un fotografo".
Dopo due anni di servizio, ha lasciato la marina mercantile per lavorare come fotografo professionista, inizialmente creando immagini di moda e studiando con l'art director Alexey Brodovitch presso il Design Laboratory della New School for Social Research. All'età di ventidue anni, Avedon ha iniziato a lavorare come fotografo freelance, principalmente per Harper's Bazaar. Ha fotografato modelli e moda per le strade, nei locali notturni, al circo, sulla spiaggia e in altri luoghi non comuni, impiegando intraprendenza e inventiva che sono diventati i caratteri distintivi della sua arte. Sotto la guida di Brodovitch, è diventato rapidamente il fotografo principale di Harper's Bazaar.
Dall'inizio della sua carriera, Avedon ha realizzato ritratti per la pubblicazione sulle riviste Theatre Arts, Life, Look e Harper's Bazaar. Era affascinato dalla capacità della fotografia di suggerire la personalità ed evocare la vita dei suoi soggetti. Ha catturato pose, atteggiamenti, acconciature, vestiti e accessori come elementi vitali e rivelatori di un'immagine. Aveva piena fiducia nella natura bidimensionale della fotografia, le cui regole si piegavano ai suoi scopi stilistici e narrativi. Come ha detto ironicamente, "Le mie fotografie non vanno sotto la superficie”. “Ho grande fiducia nelle superfici, una buona è piena di indizi”.
Dopo aver curato il numero di aprile 1965 di Harper's Bazaar, Avedon lasciò la rivista ed è entrato a far parte di Vogue, dove ha lavorato per più di vent'anni. Nel 1992, Avedon è diventato il primo fotografo dello staff del The New Yorker, dove i suoi ritratti hanno contribuito a ridefinire l'estetica della rivista. Durante questo periodo, le sue fotografie di moda sono apparse quasi esclusivamente sulla rivista francese Égoïste.
In tutto, Avedon ha gestito uno studio commerciale di successo. E’ stato ampiamente accreditato di aver cancellato il confine tra la fotografia "artistica" e "commerciale". Il suo lavoro di definizione del marchio e le lunghe associazioni con Calvin Klein, Revlon, Versace e dozzine di altre aziende hanno portato ad alcune delle campagne pubblicitarie più famose della storia americana. Queste campagne hanno dato ad Avedon la libertà di perseguire grandi progetti in cui ha esplorato le sue passioni culturali, politiche e personali. È noto per la sua estesa ritrattistica del movimento americano per i diritti civili, la guerra del Vietnam e un celebre ciclo di fotografie di suo padre, Jacob Israel Avedon. Nel 1976, per la rivista Rolling Stone, ha prodotto "The Family", un ritratto collettivo dell'élite di potere americana al momento delle elezioni del bicentenario del paese. Dal 1979 al 1985 ha lavorato a lungo su commissione dell'Amon Carter Museum of American Art, producendo il libro In the American West.
Dopo aver subito un'emorragia cerebrale mentre era in missione per The New Yorker, Richard Avedon è morto a San Antonio, in Texas, il 1° ottobre 2004.
(Fonte Avedon Foundation)
[Il fotografo, William Claxton]
Il fotografo americano William Claxton era noto soprattutto per i suoi ritratti in bianco e nero di musicisti jazz e star di Hollywood. La sua abilità è stata quella di combinare le proprie passioni con il mezzo prescelto, compilando un resoconto culturale della vita negli Stati Uniti dagli anni '50 agli anni '90.
Claxton è nato e cresciuto in una casa confortevole a Pasadena, in California, il 12 ottobre 1927. Si è iscritto all'UCLA (l'Università della California, Los Angeles) per studiare psicologia. Aveva già iniziato a fotografare come hobby e la sua robusta fotocamera Speed Graphic da 4x6 pollici lo accompagnava di continuo laddove il jazz prendeva vita, anche nelle cantine più buie. Nel 1952 ebbe la fortuna, nel leggendario club Haig, di incontrare Dick Bock, fondatore dell'etichetta Pacific Jazz, che lo assunse come art director e fotografo.
Abbandonati gli studi, William si concentrò sul suo stile fotografico, quello che aveva ereditato dagli anni Quaranta. "La maggior parte della fotografia jazz prima di me mostrava musicisti sudati, con facce luccicanti, in piccoli bar bui e fumosi”. “Quello era il jazz per la maggior parte delle persone”. “Essendo sulla costa occidentale, volevo far emergere il fatto che i musicisti vivevano in ottima salute, consapevoli dell'ambiente”. “Quindi ho iniziato a metterli in spiaggia o in montagna o sulla strada nelle loro decappottabili.
Condivideva con McQueen la passione per le auto veloci e questo l’ha portato a scattare la celebre immagine dell'attore che guida la sua Jaguar decappottabile lungo Mulholland Drive a Los Angeles, scrutando oltre il bordo dei suoi occhiali da sole (1962). Quella fotografia ha rappresentato un allontanamento dal lavoro precedente di Claxton, per indirizzarlo verso la ritrattistica delle celebrità di Hollywood.
Claxton è entrato nel colore per la fotografia di moda, che ha iniziato all'inizio degli anni '60, complice sua moglie Moffitt. Nel 1991, le sue immagini di moda sono state raccolte in The Rudi Gernreich Book, pubblicato da Benedikt Taschen, che ha descritto Claxton come "... un grande fotografo che ha toccato la vita dei suoi amici attraverso generosità, fascino e gentilezza".
In nessun ambito, tuttavia, il rapporto con i suoi soggetti è più chiaro di quello evocato dalle immagini del primo amore di Claxton, quello per la musica. Nel suo libro Young Chet (1993), scrisse: "Il jazz è improvvisazione musicale, è l'arte del momento”. “Nella registrazione del jazz, l'ispirazione e l'inventiva di questo momento è resa permanente dalla tecnologia, dando piacere molti anni dopo la prestazione".
Le fotografie di Claxton sono state pubblicate su: Time, Life, Vogue, Paris Match e Interview; nonché in più di una dozzina di libri d'arte di grande formato. Ha tenuto decine di mostre e il suo lavoro è conservato nella collezione del Museum of Modern Art di New York.
William James Claxton, fotografo, è morto l'11 ottobre 2008.
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