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[NASCE ERIC “SLOWHAND” CLAPTON]

Lo andiamo a cercare spesso, sui canali video: lui e la sua Stratocaster. Eric Clapton è la chitarra: un emblema per molti, un esempio per altri. E’ bello anche ascoltarlo, a volte nel disco che lo vede suonare con B.B. King e la sua Lucille (altra chitarra) o anche in Unplugged, dove emerge l’anima del blues bianco. E’ passato attraverso diverse fasi, Slowhand: dal rock dei Cream al R&B più tradizionale; ma è lo stile a differenziarlo, il suono, forse lo stesso modo di esprimersi e di cantare. Il suo diteggio sulle corde è da invidia, soprattutto quando affronta il palco da solo, con un occhio di bue su di lui. Il resto della musica entrerà dopo, quando il rif di intro ha già acceso l’emozione.

Eric Clapton è nato a Ripley, Surrey, in Inghilterra, il 30 marzo 1945. Il suo vero padre era un pilota canadese, ma non l’ha scoperto fino all'età di 53 anni. Quando aveva 2 anni sua madre sentiva di non essere in grado di prendersi cura di lui, così Eric è andato a vivere con i nonni. A 14 anni iniziò a suonare la chitarra, essendo stato influenzato da artisti blues come B.B King, Buddy Guy, Muddy Waters e John Lee Hooker.

Nel 1963, dopo essere stato cacciato dal college d'arte, si unì al bassista Paul Samwell-Smith. E’ rimasto con lui per circa 18 mesi, prima di iniziare un periodo con i Bluesbreakers di John Mayall. Eric impressionò l'intera scena musicale inglese con il suo straordinario modo di suonare la chitarra.

Dopo circa un anno, Eric decise di formare un gruppo tutto suo, così nel 1966 formò una band con il bassista Jack Bruce e il batterista Ginger Baker che divenne nota come Cream, un trio rock e blues.

I Cream trascorsero la maggior parte del 1967 in tournée o scrivendo, registrando e producendo "Disreali Gears", un successo mondiale. Nonostante le vendite dei dischi e il tutto esaurito in quasi tutti i concerti, il gruppo decise di dividersi.

Nell'inverno del 1969 Eric iniziò a suonare con l'ex frontman dei Traffic Steve Winwood. Con l'aggiunta del bassista Ric Grech alla formazione, nacquero i Blind Faith.

Dopo la fine del loro tour, fu pubblicato l’unico album del gruppo, "Blind Faith", che raggiunse la vetta delle classifiche mondiali. Nonostante il successo dell'album e del tour, i Blind Faith decisero comunque di sciogliersi.

Per Eric Clapton inizia un periodo nero. Deve anche intraprendere una dura battaglia contro l'eroina, un vizio che lo stava portando alla rovina (per soddisfare gli spacciatori aveva addirittura impegnato le sue preziose chitarre). Sull'orlo della catastrofe ha il buon senso di tirare i remi in barca e di rimanere fermo per un paio di anni.

Il 13 gennaio 1973 Pete Townshend e Steve Winwood organizzano un concerto per riportarlo sul palco. Arriva per lui un successo enorme, dietro l'angolo però lo aspetta un altro fallimento, determinato da scelte stilistiche alla lunga non apprezzate dal pubblico.

Il 1980 è un anno ricco, con dei risvolti tragici: alle donne e ai soldi si aggiunge la tragica morte del figlio di due anni, avuto da una relazione con Lory Del Santo, a New York.

Dodici anni più tardi, Clapton trova nuovi stimoli con il disco "Unplugged", del 1992, acustico live per MTV: una rilettura sincera della propria carriera, che in parte restituisce Clapton al suo primo amore, il blues.

Oggi Eric Clapton è una superstar elegante. Dal blues ha sicuramente ricevuto moltissimo, più della grande maggioranza di coloro che l'hanno inventato. Tutti i chitarristi bianchi che suonano blues hanno dovuto confrontarsi con il suo suono personale e riconoscibilissimo. Senza dubbio Eric "Slowhand" Clapton (titolo dell’album pubblicato nel ’77) il suo posto tra i grandissimi se lo merita.

[Le fotografie]

Guido Harari, Eric Clapton 1994

Terry O’Neill, Eric Clapton 1993

[Guido Harari, la passione e oltre]

Molte volte, in fotografia, sentiamo parlare di passione, ma spesso questa scalda, motiva, induce, esalta; non andando oltre. Per molti resta uno spazio invalicabile tra l’esistere e il percepire, come se il sentimento rappresentasse unicamente uno strumento da utilizzare alla bisogna. Per Guido non è così: lui della passione si nutre, vive, opera. Non a caso, le sue idee vanno oltre, anche al di là dello spazio temporale della sua vita. Ci dice che vorrebbe essere nato prima, per trovarsi “in fase” con gli anni ’60. No, non si tratta di un rimpianto, bensì di un riflesso verso uno sguardo allargato: sempre propenso all’oltre, alla scintilla che illumina l’anima. Per finire, ecco il ritratto: che lui ama sin dal contatto, dall’incontro. Spesso lo chiude con l’inquadratura, perché gli piace esserci, per sentirsi percepito. E allora la forza è tutta lì: tra piccolo e grande, tra dentro e fuori, tra interiore ed esteriore. Lui, Guido, cerca sempre; nutrendosi di passione. Sta a noi cercarlo, magari in un ritratto chiuso: per giunta in B/N. C’è un moto perpetuo nel suo creare, un movimento continuo. Saltiamoci sopra: è meglio.

[Guido Harari, note biografiche]

Guido Harari nasce al Cairo (Egitto) nel 1952. Nei primi anni Settanta avvia la duplice professione di fotografo e di critico musicale, contribuendo a porre le basi di un lavoro specialistico, sino ad allora senza precedenti in Italia. Dagli anni Novanta il suo raggio d'azione contempla anche l'immagine pubblicitaria, il ritratto istituzionale, il reportage a sfondo sociale. Dal 1994 sono membro dell'Agenzia Contrasto. Ha firmato copertine di dischi per Claudio Baglioni, Angelo Branduardi, Kate Bush, Vinicio Capossela, Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele, Bob Dylan, Ivano Fossati, BB King, Ute Lemper, Ligabue, Gianna Nannini, Michael Nyman, Luciano Pavarotti, PFM, Lou Reed, Vasco Rossi, Simple Minds e Frank Zappa, fotografato in chiave semiseria per una storica copertina de «L’Uomo Vogue». È stato per vent’anni uno dei fotografi personali di Fabrizio De André. Ha al suo attivo numerose mostre e libri illustrati tra cui Fabrizio De André. E poi, il futuro (Mondadori, 2001), Strange Angels (2003), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, Mondadori, 2004), Vasco! (Edel, 2006), Wall Of Sound (2007), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (Rizzoli, 2007).

Di lui ha detto Lou Reed: "Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido”. “So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento”. “Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi”. “Considero Guido un amico, non un semplice fotografo".

[Il fotografo, Terry O’Neill]

Terry O’Neill è nato il 30 luglio 1938 da genitori irlandesi a Romford, nell'East London. Dopo aver rinunciato alla sua ambizione di diventare un batterista jazz, iniziò a dedicarsi alla fotografia, con un particolare interesse nei confronti del fotogiornalismo. O'Neill si è affacciato alla professione durante i primi anni '60. Mentre altri fotografi si concentravano su terremoti, guerre e politica, lui si rese conto come la cultura giovanile potesse trasformarsi in notizia su scala globale, così iniziò a raccontare i volti emergenti del cinema, della moda e della musica, che avrebbero poi definito gli Swinging Sixties.

Nel 1959, O'Neill scattò una fotografia al ministro degli Interni, Rab Butler, mentre dormiva all'aeroporto di Heathrow. L'immagine è stata utilizzata sulla copertina del Sunday Dispatch e l'editore ha offerto a O'Neill un lavoro part-time. Successivamente avrebbe trovato un ulteriore impiego presso il principale tabloid nazionale britannico, The Daily Sketch.

Dopo il successo iniziale, O'Neill è passato a lavorare come freelance. Ha fotografato i Beatles e i Rolling Stones, presentando i musicisti in un modo rilassato e naturale. Molte celebrità si sono presentate davanti il suo obiettivo, tra queste: Winston Churchill, Nelson Mandela, Frank Sinatra, Elvis, Amy Winehouse, Audrey Hepburn e tutti gli attori di James Bond. Definito il pioniere della fotografia di backstage, le immagini di O'Neill sono apparse su album rock, poster di film e copertine di riviste internazionali. Il suo lavoro è apparso su Look, Life, Vogue, Paris Match, Rolling Stone, consolidando la sua eredità come uno dei fotografi più pubblicati degli anni '60 e '70.

Durante gli anni '80 Terry O'Neill divenne il fotografo preferito di Hollywood. Ha esposto numerose volte nel Regno Unito e a livello internazionale. Il suo lavoro è conservato esclusivamente nella collezione della National Portrait Gallery di Londra, dove si prendono cura di 77 delle sue stampe.

O'Neill ci ha lasciato nel novembre 2019.

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