[CI LASCIA KAROL WOJTYLA]
Quello di Karol Wojtyla è stato un lungo pontificato, coinciso con un periodo storico ricco di cambiamenti, che il Pontefice ha vissuto in prima persona. Molte sono le fotografie che lo hanno ritratto, alcune diventate iconiche, come quelle firmate da Gianni Giansanti. Oggi proponiamo due autori: un concittadino di Karol (Adam Bujak, che lo ha accompagnato per tutta la vita) e Massimo Sestini, interprete di uno scatto estremo (azimutale), in occasione dei funerali del Papa.
Karol Józef Wojtyla nasce il 18 maggio 1920 a Wadowice, città a 50 km da Cracovia, in Polonia. E' il secondo dei due figli, ma perderà la madre a nove anni e il fratello a dodici. Nel 1938 si trasferisce a Cracovia con il padre ed inizia a frequentare la Facoltà di Filosofia della città. Nel 1940 lavora come operaio e nel 1941 il padre muore. Karol, appena ventenne, si trova del tutto solo. Il giorno 1 novembre 1946 Karol Wojtyla è ordinato sacerdote; dopo pochi giorni parte per proseguire gli studi a Roma. Al suo rientro in Polonia, viene destinato alla parrocchia di Niegowiæ presso Gdów.
A metà anni 50, diviene professore di Teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella Facoltà di Teologia di Lublino. Nel 1964 Karol Wojtyla è nominato arcivescovo metropolita di Cracovia: s’insedia ufficialmente nella Cattedrale del Wawel. Tra il 1962 e il 1964 partecipa alle quattro sessioni del Concilio Vaticano II.
Il 6 agosto 1978 muore Paolo VI, Karol Wojtyla partecipa alle esequie ed al conclave che, il 26 agosto 1978, elegge Giovanni Paolo I (Albino Luciani). In seguito alla improvvisa morte di quest'ultimo, il 14 ottobre 1978 inizia un nuovo Conclave e il 16 ottobre 1978 il cardinale Karol Wojtyla viene eletto Papa con il nome di Giovanni Paolo II. E' il 263° Successore di Pietro. Il primo Papa non italiano dal sedicesimo secolo: l'ultimo era stato l'olandese Adriano VI, morto nel 1523.
Il Pontificato di Giovanni Paolo II si caratterizza in particolar modo per i viaggi apostolici. Di particolare importanza, sono i viaggi nei paesi dell'Est europeo, che sanciscono la fine dei regimi comunisti e quelli in zone di guerra quali Sarajevo (aprile 1997) e Beirut (maggio 1997), che rinnovano l'impegno della Chiesa cattolica per la pace. Storico anche il suo viaggio a Cuba (gennaio 1998) e l'incontro con il "Leader maximo" Fidel Castro.
La data del 13 maggio 1981 è invece segnata da un episodio gravissimo: Ali Agca, un giovane turco nascosto tra la folla in piazza San Pietro, spara al Papa due colpi di pistola, ferendolo gravemente all'addome.
Nel 1986 Wojtyla visita la sinagoga di Roma. E' un gesto che nessun altro Pontefice aveva mai compiuto prima. Nel 1993 stabilisce le prime relazioni diplomatiche ufficiali tra Israele e Santa Sede. Il 16 ottobre 2003 è stato il giorno dei 25 anni di pontificato. L’allora Presidente Ciampi esprime gli auguri a Giovanni Paolo II con un messaggio televisivo, a reti unificate.
Dopo due giorni di agonia in cui le notizie sulla salute del Papa si sono rincorse con continui aggiornamenti in tutto il mondo, Karol Wojtyla è morto il 2 aprile 2005.
Il Pontificato di Giovanni Paolo II è stato esemplare. La sua figura è considerata una delle più significative e influenti per il corso della storia contemporanea. Il suo successore Papa Benedetto XVI lo proclama beato il giorno 1 maggio 2011 (è la prima volta in oltre mille anni che un papa dichiara beato il suo immediato predecessore). Viene canonizzato da Papa Francesco in una cerimonia condivisa con il papa emerito Benedetto XVI, insieme a Papa Giovanni XXIII, il 27 aprile 2014.
[Le fotografie]
Adam Bujak, Karol Wojtyla maggio 1977
Massimo Sestini, Roma, 2005. Funerali di Giovanni Paolo II Città del Vaticano. Fotografia scattata da un elicottero del primo Nucleo di Polizia della Polizia Italiana.
[Adam Bujak, il fotografo di Karol]
Adam Bujak è un fotografo polacco. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Nel 2013 gli è stata conferita la Medaglia d'Oro di Giovanni Paolo II e nel 2019, dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, la Medaglia d'Oro al Merito alla Cultura – Gloria Artis. È stato insignito della più alta onorificenza in Polonia: l'Ordine dell'Aquila Bianca (2017). E’ diventato famoso come fotografo di Papa Giovanni Paolo II ma anche come instancabile documentarista di storia, tradizione, costumi e architettura polacchi. Adam Bujak è dotato di un dono genuino nel catturare i momenti più transitori della vita umana.
Nato il 12 maggio 1942 a Cracovia, ha collegato la sua vita privata e professionale con questa città. È membro dell'Association of Polish Artists Photographers (Związek Polskich Artystów Fotografików) dal 1967 e della Royal Photographic Society di Londra dal 1970. Appartiene anche alla Federazione internazionale di arte fotografica in Svizzera. Espone le sue opere in tutto il mondo: il Museo Nazionale di Breslavia (Muzeum Narodowe we Wrocławiu), il Museo d'Arte di Łódź (Muzeum Sztuki w Łodzi), il Museo di Etnografia e Folklore di Tel Aviv o la George Eastman House di Rochester negli USA. La mostra permanente delle opere di Adam Bujak può essere ammirata nel Museo Arcidiocesano di Cracovia.
Il fotografo ha collaborato con diverse case editrici, come: "Harper and Row" a New York, "Herder Verlag" in Germania, "Styria Verlag" in Austria, "Ignatius Press", "Life Magazine" negli USA, "Editions du Dialogue", "Editions" in Francia, "Bosz", "Sport i Turystyka" o "Kwadrat". Dal 1996 collabora ininterrottamente con "Biały Kruk", una casa editrice di Cracovia.
Per quarant'anni ha documentato la vita e il ministero sacerdotale del Santo Padre Giovanni Paolo II. Si sono conosciuti a Cracovia dove erano vicini di casa. Bujak scattò la sua prima foto del futuro papa nel 1958, alla cerimonia dell'ordinazione episcopale di Wojtyła; e nel 1963 iniziò ad accompagnarlo permanentemente con la sua macchina fotografica. Centinaia di migliaia di fotografie da lui scattate sono diventate una testimonianza della vita sacerdotale di Giovanni Paolo II e di tutto il pontificato. Bujak era con il papa durante le più importanti celebrazioni religiose, nonché nei momenti di preghiera silenziosa e meditazione privata. Come fotografo Bujak è stato al fianco del Santo Padre durante gli eventi più significativi e indimenticabili come il pellegrinaggio a Gerusalemme, la visita alla Chiesa del Santo Sepolcro e tutti i pellegrinaggi in Patria. Bujak era al capezzale del papa morente e gli disse l'ultimo addio al funerale. Nel 2019 ha celebrato il 55° anniversario della sua attività.
[Massimo Sestini, il cuore per la notizia]
Non è la prima volta che incontriamo Massimo Sestini: era già successo sette anni addietro e ne scaturì un’intervista dal titolo “La Fotografia Impossibile”. Oggi ci rammarichiamo di aver riservato unicamente un ambito “estremo” al lavoro del fotografo fiorentino. E’ vero: lui si presenta adrenalinico, esplosivo, persino imprevedibile; però le sue immagini stanno raccontando spettacolarmente le piccole e grandi storie del nostro Paese, e di tutto il mondo.
Massimo Sestini è una notorietà nel suo genere. Lungo le pareti del suo studio, a Firenze, riconosciamo tante fotografie, ormai icone del nostro tempo, di fianco ai suoi backstage. Lo vediamo “appeso” a un elicottero, all’interno di un caccia della Marina Militare o immerso di fianco a un sommergibile. Questa volta, però, non ci lasciamo ingannare. Per quanto difficili (o impossibili) gli appostamenti di Massimo rappresentano punti di vista autoriali, scelti per raccontare: in profondità.
Lui si definisce anche paparazzo (termine del quale abusa), forse per via degli esordi. No, non è il termine a spaventarci (il capostipite dei paparazzi era tale solo perché padre, ma sempre di fretta: papà-razzo, appunto), bensì la linea di demarcazione che si sviluppa tra bene e male; tra la presunzione culturale e la stessa che, dall’altra parte, condanna senza tregua un’informazione anche “spinta”, ma sincera. Non siamo certo qui a decidere del dove collocare quella riga. Preferiamo guardare le fotografie, giudicandole per quello che sanno restituirci, scoprendo così come siano belle, buone ed efficaci. Ne esce un Sestini giornalista, con il cuore per la notizia; ma anche un altro: tecnologico, coraggioso, senza limiti, però fotografo vero, e per nulla spavaldo. Crediamo altresì che le sue “imprese” nascano anche dal desiderio di superarsi, per dedicare al soggetto la propria timida sensibilità; del resto molti dei suoi lavori sono strutturalmente unici, particolarmente quelli scattati in volo. Quando si è lassù, in uno “zenit personale”, si ha solo un’opportunità, che poi è la visione d’insieme. Gli altri accadimenti sono preclusi, lasciati ai terrestri; e Massimo può solo guardare, pensando a noi: con una preghiera tutta sua.
[Massimo Sestini, note biografiche]
Massimo Sestini è nato a Prato (Firenze) nel 1963. Le prime fotografie le scatta mentre è al liceo scientifico: concerti rock e le primissime foto rubate al mare, a Forte dei Marmi. Qui è istruttore di windsurf e si fa passare informazioni dai bagnini. Alla fine del liceo comincia a occuparsi di cronaca locale, passando dalla Nazione a una piccola agenzia fiorentina, la Fotocronache di Fulvio Frighi; collabora a un altro quotidiano, La Città. Pubblica i primi servizi. Non compie nessuno studio di fotografia, ma ricorda che qualcosa al liceo gli hanno insegnato. Comincia a occuparsi di grande cronaca e piazza i suoi primi scoop nel 1984. Riesce a fotografare Licio Gelli a Ginevra mentre viene scortato in carcere e il 23 dicembre 1984 è il solo fotografo ad entrare nel vagone del Rapido 904 annientato da una bomba nella Galleria di San Benedetto Val di Sambro. Una sua foto sarà la cover di Stern.
Anche se sempre più attratto da avvenimenti internazionali non perde la passione per la cronaca della sua città: con l’apertura dell’edizione di Firenze de La Repubblica, nel 1988, comincia a presentarsi come il punto di riferimento per la copertura fotografica di città e regione: vince l’appalto fotografico per La Repubblica. Lo terrà per una decina d’anni. Manterrà quindi a lungo una doppia funzione: fotografo e agente, coordinando il lavoro di reporter locali. Comincia a lavorare sempre di più a livello internazionale e nel decennio successivo collabora con le principali agenzie fotografiche italiane (l’agenzia di Giovanni Liverani, l’Olympia di Walfrido Chiarini, Farabola, Contrasto), ottiene un contratto di fotografo staff dalla grande agenzia francese Gamma, che gli permetterà di essere presente ai grandi fatti, cerimonie internazionali, inizia la sua collaborazione con tutte le principali testate italiane.
E’ un decennio di attività formidabile. Da un lato apprende e insegna l’arte del paparazzo, collaborando tra gli altri con Riccardo Germogli, Elio Zammuto. Bossi in canottiera, il funerale di Casiraghi nel 1990, il bikini di Lady D sono alcuni scatti celebri. E’ presente e scatta la foto esclusiva nei tragici avvenimenti italiani: l’incursione sulla Moby Prince in fiamme, le foto aeree degli attentati a Borsellino e Falcone.
La collaborazione con Epoca di Roberto Briglia e Carlo Verdelli lo spinge al reportage, al fotogiornalismo, in cui una tappa importante è “Italia Novanta”. La fotografia sportiva è un’altra sua passione. La “scuola” di Epoca gli insegna a collaborare da giornalista con i settimanali; diventa una presenza indispensabile per tutte le principali redazioni italiane: Panorama, Gente, Oggi, Sette, Il Venerdì, Espresso, Sorrisi e Canzoni. Sempre più organizza o improvvisa scatti aerei per cogliere la foto che nessun altro collega ha.
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta decide di imparare a fare anche i posati, per affrontare i personaggi con un’altra creatività. Luci, preparazione del set, inventiva per accontentare lo stile e le esigenze dei committenti: si trova così a rivedere spesso i personaggi dello spettacolo e della politica che aveva paparazzato, da fotografo “ufficiale” inviato dai giornali. In questo modo aggiunge a quotidiani e settimanali i mensili nella sua esperienza di fotografo “di giornali”; in particolare Style e le testate del gruppo Class.
Per nulla imbarazzato dal drastico ingresso del digitale nel tradizionale campo della fotografia, Massimo Sestini è riuscito immediatamente ad intuirne le infinite opportunità creative e tecnologiche.
Massimo Sestini in oltre trent’anni di carriera (quasi quaranta) ha sempre continuato a raccontare, offrendoci immagini da ricordare. Il 12 febbraio 2015, mentre documentava il Festival di San Remo, veniva a sapere di aver vinto il 2° premio General News del World Press Photo of the Year, il premio fotogiornalistico più importante al mondo.
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