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[DE GREGORI, MUSICA DA GUARDARE]

Francesco De Gregori ha accompagnato musicalmente la vita di molti, con i suoi testi criptici, spesso inspiegabili a un primo ascolto. Il tempo ha svelato tante cose, perché le frasi del cantautore diventavano immagini, quasi dei tagli dell’esistenza per riflettere ancora, una volta di più. Alice, Rimmel, Viaggi e Miraggi potranno affiancarsi ancora alle nostre idee e diventare fotografie del nostro tempo, perché per la musica c’è tempo, del resto: “Se ci fosse la luna, si potrebbe cantare”.

[“Quattro cani", LP Rimmel 1975]

Francesco De Gregori nasce a Roma il 4 aprile 1951, anche se trascorrerà buona parte della sua infanzia a Pescara, prima di rincasare nella capitale.

Le sue esperienze come artista musicale iniziano presso il Folkstudio, una “cantina” che oggi parrebbe improvvisata, situata in Trastevere e dove fece una sua apparizione Bob Dylan, non ancora famoso. Quel locale, purtroppo, non esiste più da anni. Gli sono di fianco gli amici: Antonello Venditti, Giorgio Lo Cascio e Mimmo Locasciulli. Lui, Francesco, s’ispira a Bob Dylan, che inserisce nel suo repertorio, con brani debitamente tradotti. Proporrà anche dei suoi pezzi, privi di melodia, costruiti su testi chiusi e personali.

Il successo arriva nel 1975, con l'album "Rimmel". Lì sono racchiuse molte perle del suo repertorio (anche attuale) e Francesco entra di diritto nell'Olimpo dei grandi autori della musica italiana. Seguiranno altri lavori: "Bufalo Bill" (1976), e "Titanic" (1982); poi il Q-disc "La Donna Cannone", fino a "Mira Mare 19.4.89", che propone un cantautore votato al rock e riconoscibile anche in "Canzoni d'Amore", quello di “Viaggi e miraggi” per intenderci.

Nel 1996 si presenta con "Prendere e lasciare" e nel 2001 con "Amore nel pomeriggio", col quale pare tornare all’antico, senza l’eco delle chitarre distorte. Nel 2002 incide un disco di canzoni popolari con Giovanna ("Il fischio del vapore"), che raggiunge un buon successo. Sono da segnalare anche alcune incisioni “live”, tra questi: "Il Bandito e il Campione" e "La Valigia dell'Attore", album che oltre a contenere i pezzi del tour teatrale.

Va ricordata anche la sua collaborazione con Lucio Dalla, accompagnata anch’essa da un tour. Ne sono nati arrangiamenti particolari, tutti da ascoltare. Recentemente Francesco ha anche cantato “Alice” con Ligabue.

[Le fotografie]

Francesco De Gregori, archivio Istituto Luce.

Francesco De Gregori, fotografato da Giovanni Gastel, per “Le 100 facce della musica italiana”.

[Il fotografo, Giovanni Gastel]

(Fonte: sito ufficiale dell’autore)

Giovanni Gastel nasce a Milano il 27 dicembre 1955 da Giuseppe Gastel e Ida Visconti di Modrone, ultimo di sette figli. La sua carriera di fotografo inizia in un seminterrato a Milano verso la fine degli anni ’70, dove Gastel, giovanissimo, trascorre i suoi lunghi anni di apprendistato scattando foto ed imparando le tecniche base di un mestiere che l’avrebbe poi portato al successo. Tra il ’75-‘76 lavora per la prestigiosa casa d’aste londinese Christie’s, mettendo in pratica ciò che aveva appreso.

La svolta della sua carriera arriva nel 1981 quando incontra Carla Ghiglieri, che diventa il suo agente e lo avvicina al mondo della moda: dopo la pubblicazione della sua prima natura morta sulla rivista italiana “Annabella”, nel 1982, inizia a collaborare con Vogue Italia e, poi, grazie all’incontro con Flavio Lucchini -Direttore di Edimoda- e Gisella Borioli, con Mondo Uomo e Donna.

Tra gli anni ’80 e i ’90, la carriera di Gastel nel mondo della moda esplode parallelamente al boom del “Made in Italy”. In quegli anni, Gastel sviluppa campagne pubblicitarie per le più prestigiose case di moda italiane tra cui Versace, Missoni, Tod’s, Trussardi, Krizia, Ferragamo e molte altre. Il successo nel suo paese lo porta anche a Parigi -dove negli anni ’90 lavora per marchi come Dior, Nina Ricci, Guerlain- nonché nel Regno Unito e in Spagna.

Sebbene la sua carriera inizi nel mondo della moda, Gastel (fotografo e, al contempo, anche poeta) capisce rapidamente che il suo impulso d’espressione necessita anche di progetti con fini prettamente artistici. La consacrazione artistica non tarda ad arrivare e, nel 1997, la Triennale di Milano gli dedica una personale curata dal grande critico d’arte, Germano Celant. La mostra lancia Gastel ai vertici dell’élite fotografica mondiale e il suo successo professionale si consolida così tanto che il suo nome che compare su riviste specializzate accanto a quello di mostri sacri della fotografia Italiana come Oliviero Toscani, Giampaolo Barbieri, Ferdinando Scianna e di leggende internazionali come Helmut Newton, Richard Avedon, Annie Leibovitz, Mario Testino e Jürgen Teller.

Il successo professionale apre le porte ad un altro lato del repertorio fotografico di Gastel che fino alla fine degli anni 2000 era rimasto inesplorato: il Ritratto. Negli ultimi anni, Gastel si scopre appassionato di questo ramo della fotografia e, come sempre ha fatto nella sua carriera, vi si immerge totalmente. Il suo lavoro culmina in una mostra al Museo Maxxi di Roma nell’anno 2020 con una selezione di 200 ritratti che ritraggono volti di persone del mondo della cultura, del design, dell’arte, della moda, della musica, dello spettacolo e della politica che lo stesso Gastel ha incontrato durante i suoi 40 anni di carriera. Alcuni dei ritratti degni di nota includono Barack Obama, Ettore Sottsass, Roberto Bolle e Marco Pannella.

[Una storia personale]

I pantaloni erano stretti e le scarpe a punta: allora usava così. Era il 1975. Un’estate calda apriva nuovi orizzonti a un ragazzo inconsapevole, provinciale, atterrato all’improvviso in una Riccione tutta bolognese, profumata di tigli e sale. Francesco De Gregori cantò lì, una sera d’agosto: da solo, accompagnato dalla sua chitarra bianca.

Erano in pochi, ad ascoltarlo; seduti per terra in un locale senza più memoria. Lui guardava lei, ascoltava, forse cercava di capire ciò che non aveva mai saputo.

“E qualcosa rimane, fra le pagine chiare e le pagine scure”.

Quelle parole diventarono un inno, perché restituirono un senso al vento caldo, al profumo di lei, al sogno che pareva prendere vita.

Francesco continuava a suonare quella sera e anche dopo, dai nastri prestati, quando già la pioggia rinfrescava un tempo che stava finendo.

“E qualcosa rimane, fra le pagine chiare e le pagine scure”.

Solo anni dopo, il ragazzo comprese come quella canzone fosse tristissima, amara come un rifiuto, simile ai tanti che sarebbero arrivati nel tempo, negli anni. Lui l’ha ascoltata più volte, sempre si potrebbe dire; provando anche a suonarla. E allora iniziava a vedere, come di rado la musica può permettere. Guardandosi indietro, comprese come De Gregori avesse accompagnato tutti gli amori della sua vita e che quelle pagine (scure e chiare) gli avevano riservato una promessa mantenuta: i brividi felici di un suono che riempie lo sguardo prima del pensiero, al di là dell’età.

Grazie.

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