[OSCAR AD AMARCORD]
Il 9 aprile 1975, a Los Angeles, Federico Fellini vince il suo quarto Oscar con il film Amarcord (migliore film straniero). La pellicola è strutturata in capitoli, che ci trasferiscono le memorie, arrotondate dal tempo, del regista riminese. Fellini, con Amarcord, dice addio alla città natale, abbandonata all’età di diciannove anni, nel 1939, per approdare a Roma. L’opera è arricchita dalla colonna sonora di Nino Rota. Co sceneggiatore è il poeta Tonino Guerra.
La trama si sviluppa dall'inizio della primavera del 1932 a quello della primavera del 1933 (quando si tiene la VII^ edizione della Mille Miglia), in una Rimini per come la ricordava Fellini in sogno. Viene narrata la vita nel quartiere di San Giuliano e dei suoi abitanti: le feste paesane, le adunate del "Sabato fascista", la scuola, i signori di città, i negozianti, il suonatore cieco, la donna procace ma un po' attempata alla ricerca di un marito, il venditore ambulante, il matto, l'avvocato, quella che va con tutti, la tabaccaia dalle forme giunoniche, i professori di liceo, i fascisti e gli antifascisti, ma soprattutto i giovani del paese, adolescenti in piena “tempesta ormonale”.
[Il regista, Federico Fellini]
Federico Fellini nasce a Rimini il 20 gennaio 1920. Dopo una collaborazione, nel 1938, come disegnatore di vignette alla “Domenica del Corriere”, Fellini si trasferisce a Roma con la scusa di iscriversi a Giurisprudenza. In realtà, inizia a frequentare il mondo dell’avanspettacolo e della radio, dove conosce Aldo Fabrizi, Erminio Macario e Marcello Marchesi, iniziando a scrivere copioni. Nel 1943 Federico incontra in radio Giulietta Masina e in quello stesso anno i due si sposano.
Il primo film “Lo sceicco bianco” è del 1952, l'ultimo, “La Voce della Luna” del 1990, in mezzo cinque Oscar (di cui uno alla carriera) e titoli immortali: 8 e ½, la Dolce Vita, Amarcord.
Con la Dolce Vita, il 20 Maggio 1960, Fellini vince il Festival di Cannes. Il film, visto per la prima volta, si presentò come estremamente innovativo. Le immagini, vivide e accese, erano scandite dal vagabondare di un jet set insidiato dai fotografi (il termine ‘paparazzi’ nasce con questo film).
Federico Fellini muore a Roma il 31 ottobre 1993.
[Le fotografie]
Propiniamo due fotografie che ritraggono Federico Fellini: la prima è firmata da Mauro Galligani, la seconda ha il timbro di Tazio Secchiaroli; e riguarda proprio “Amarcord”. Entrambe ci mostrano un regista visionario e osservatore, particolarmente quella di Mauro. Una parola in più spendiamola per il “paparazzo” (così era sopranominato Tazio). Lui ha collaborato a lungo col regista e ci ha mostrato come Fellini fosse la pre-recitazione dei film, perché spesso mimava le scene con precisione e dettaglio.
Federico Fellini fotografato da Mauro Galligani, 1980.
Federico Fellini durante le riprese del film Amarcord.
[Il fotografo, Mauro Galligani]
Mauro Galligani nasce a Farnetella, comune di Sinalunga (SI). Trasferitosi a Roma, frequenta la Scuola di Cinematografia, al termine della quale diviene direttore della fotografia. La storia del cinema e i maestri del neorealismo formano la qualità filmica dei suoi reportage. Nel 1964 viene assunto come fotoreporter dal quotidiano Il Giorno, entrando così a contatto con la migliore scuola di giornalismo italiano, che da allora segna la coerenza e lo stile di ogni suo servizio. Nel 1971 passa alla Mondadori. Dal 1975 al 1997 lavora per Epoca, non solo come fotografo ma anche come picture editor. È qui che vive il periodo d’oro del fotogiornalismo, in una delle più prestigiose redazioni al mondo. Per questa testata, Mauro Galligani segue i grandi avvenimenti della cronaca internazionale, dalle guerre in America Centrale, in Africa e in Medio Oriente, alla vita nell’Unione Sovietica, paese di cui segue da trent’anni ogni cambiamento. Dopo la chiusura di questo storico settimanale, il 25 gennaio del 1997, continua a svolgere la propria attività come freelance. Ha collaborato con alcune delle più importanti testate al mondo, fra le quali Life magazine.
(Biografia fonte FIAF)
[Il fotografo, Tazio Secchiaroli]
Tazio Secchiaroli (1925 – 1998) è stato una figura importante del reportage di casa nostra, in un’Italia che stava cambiando; identificato con troppa semplicità quale “paparazzo” della Dolce Vita di Fellini (ne ispirò il film, su sceneggiatura di Ennio Flaiano).Tazio Secchiaroli nasce a Roma nel 1925, e la sua carriera di fotografo inizia quasi per caso, nel 1943, mentre lavora come fattorino a Cinecittà. È qui infatti che da semplice spettatore comincia ad alimentare la sua passione per la fotografia, per quell’arte capace di interrompere il flusso continuo del tempo consegnando alla memoria attimi di una vita qualunque semplice e profonda insieme.
Nel 1944 diventa così fotografo ambulante, "scattino" riprendendo per le strade di Roma i soldati americani ed i turisti, alla ricerca di facce anonime, sorridenti ed incredibilmente affascinanti. Nel 1951 approda all'Agenzia Vedo di Adolfo Porry Pastore, uno dei padri del fotogiornalismo italiano, dal quale apprende "tutti i trucchi del mestiere", acquistando così la sicurezza sufficiente per decidere di dedicarsi completamente alla fotografia.
Nel 1955 fonda insieme a Sergio Spinelli, la "Roma Press Photos". Una scelta coraggiosa che si rivela da subito un ottimo investimento. È la strada giusta per il successo, un successo che consacrerà Secchiaroli tra i nomi più noti della fotografia.
Secchiaroli è stato comunque un personaggio complesso e variegato. Non deve essere confuso col gossip, ma considerato quale interprete di una certa Italia: quella della bella vita, del moralismo, degli scandali.
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