[LIBERA E CONTESTATRICE, CON STILE]
Il 14 aprile 1912 nasceva Robert Doisneau, ma lo abbiamo ricordato più volte: negli anni e in varie occasioni. Non senza qualche rimpianto, dirottiamo le nostre attenzioni su un’attrice che potrebbe essere considerata la prima influencer della storia. Il Time scrisse: «Quel che indossa Julie Christie influenza il mondo della moda più di quanto lo facciano i vestiti delle dieci donne meglio vestite al mondo». Erano gli anni in cui lei fu una delle principali rappresentanti della cosiddetta swinging London. Bella, forte e brava, aveva la contestazione dentro, ed era anche un’attivista. Lo stile però non lo perdeva mai: quello che le ha permesso di essere Lara nel Dottor Zivago, con tutta la signorilità necessaria.
Julie Francis Christie è nata il 14 aprile 1941 ad Assam, in India. Sua madre era una pittrice di origini gallesi, mentre il padre gestiva una piantagione di tè, e li è cresciuta. All'età di sei anni fu mandata a vivere con una madre adottiva in modo da poter frequentare una scuola conventuale in Inghilterra, dalla quale fu poi espulsa per aver raccontato una barzelletta scortese.
Dopo che i suoi genitori si sono separati durante la sua infanzia, ha trascorso del tempo con sua madre nelle zone rurali del Galles, prima di dirigersi a Parigi per finire gli studi e rispolverare il suo francese. Appassionata linguista, parla correntemente francese e italiano. Poi è tornata in Gran Bretagna e si è iscritta alla prestigiosa Central School of Speech and Drama di Londra.
La sua prima importante apparizione cinematografica è nel ruolo di Liz, nel film del 1963 “Billy il bugiardo”. La sua interpretazione convinse il regista a scritturarla per “Darling”, nel ruolo della modella amorale Diana Scott. In quell’occasione Julie vinse l’Oscar quale migliore attrice. La sua apparizione come Lara, nel “Dr Zivago”, ha ulteriormente cementato la sua reputazione. Nel 1967, Julie inizia una storia d'amore durata sette anni con l'attore americano Warren Beatty.
Sempre più interessata alle questioni politiche e ai diritti degli animali, Julie sembrava perdere slancio nel promuovere la sua carriera. Tuttavia, nel 1973, ha offerto una delle sue migliori interpretazioni in “A Venezia... un dicembre rosso shocking”.
Sebbene la relazione di Julie e Warren sia finita a metà degli anni Settanta, sono rimasti amici e hanno lavorato insieme a molti altri film, tra cui “Shampoo” del 1975 e, tre anni dopo, “Il paradiso può attendere”.
Alla fine degli anni Settanta, Julie voleva lasciare Los Angeles e si comprò una fattoria vicino a Montgomery, nel Galles del Nord, invitando alcuni amici a stare con lei. È il modo in cui vive tuttora. Ha anche una casa nell'East End di Londra, sempre condivisa con conoscenti. Negli anni '80 si pensava spesso che si fosse ritirata. Nel 1997, però, ha recitato in una seconda interpretazione da Oscar, come moglie infelice nel dramma domestico Afterglow, ma poi ha continuato a rifiutare i ruoli principali. Ha accettato di essere una protagonista in “Away from her – Lontano da lei”, di Sarah Polley, che gli è valso un’altra nomination all’Oscar.
Christie è sposata con il giornalista britannico Duncan Campbell e lo è dal 1979. È una sostenitrice della Palestine Solidarity Campaign e dedica molto del suo tempo ai diritti degli animali, alla protezione dell'ambiente e alle campagne contro il nucleare. Nel corso della sua carriera, l'attrice indiana ha vinto 42 premi ed è stata nominata per molti altri.
[Le fotografie]
Julie Christie by Richard Avedon 1968
Julie Christie, New York, 1964. Ph. Melvin Sokolsky
[Il fotografo Richard Avedon]
Di Richard Avedon sicuramente abbiamo già parlato, più volte. Ci stiamo comunque riferendo a uno dei fotografi più prolifici della seconda metà del XX secolo. Molti lo definiscono come il più importante fotografo di moda di tutti i tempi, ma noi gli abbiamo riconosciuto altri meriti, particolarmente nel ritratto. Al di là del genere comunque (fashion o portrait che sia), guardando a ritroso il lavoro del maestro, ne riconosciamo forza e coerenza, che andavano al di là delle singole interpretazioni. Di lui ci è sempre piaciuto il “potere”, quello buono; lo stesso che gli permetteva di lavorare sul soggetto con assiduità, senza limiti.
Richard Avedon è nato a New York City, figlio d’immigrati ebrei russi che possedevano un grande magazzino a Manhattan. In gioventù ha messo in mostra un’attitudine letteraria forte. Determinanti per lui sono stati gli studi con Alexey Brodovitch, presso il Laboratorio di Progettazione della New School for Social Research. La New York del tempo offriva tutto ciò che un giovane ambizioso potesse desiderare: teatro, cinema, musica, danza.
A noi piace pensare che Richard abbia vissuto la fotografia con intensità e profonda dedizione, sin dagli esordi: assorbendo tutto quanto potesse dalle lezioni di chi l’ha preceduto. E’ per questo che lui ha esplorato la fotografia in molte delle sue possibilità, anche tecniche. Determinanti, a tale proposito, sono stati i continui passaggi da una medio formato al banco ottico. Assiduità e dedizione vogliono anche dire consapevolezza, considerazione di sé; e lì forse nasce quel potere forte che gli riconosciamo, esercitato di continuo sui propri soggetti.
Molti sono stati gli elementi ispiratori per Avedon. Tra questi ricordiamo Martin Munkacsi, il pioniere della fotografia di moda in esterni. Il nostro però ha unito sapientemente l'esuberanza della fotografia outdoor con la tradizione statica dello studio, dimostrando così di aver assorbito le lezioni del mitico Edward Steichen.
Richard Avedon può contare una carriera lunga 60 anni, durante i quali ha ottenuto numerosi premi e per i quali è stato indicato da molti come il "re dei fotografi di moda". Avedon l’ha affrontata con uno stile senza precedenti. Per la prima volta l’approccio fotografico in una rivista di moda era fresco, anche divertente. Le immagini vivevano di una strana combinazione: erano costruite, ma allo stesso tempo mostravano un'aria di spontaneità mai vista prima.
I lettori delle riviste rimasero stupiti quando videro un modello sui pattini da Place de la Concorde, ma la rivoluzione totale venne compiuta quando Avedon ritrasse un’elegante Dorothy Horan (Dovima) con un abito Dior, assieme a degli elefanti. La dissonanza tra la pelle ruvida dei pachidermi e la squisita grazia del modello si rivelò una vera bomba. Come dissero in molti: “La fotografia di moda non sarebbe stata mai la stessa”.
Avedon aveva trasformato una disciplina statica e monotona in un genere vivo. Tutte le componenti del set (i capelli, il trucco, i vestiti, il corpo) diventavano uno spettacolo. Questo non deve sorprenderci: Avedon amava il teatro quasi quanto la fotografia (come Josef Koudelka). Tra l’altro Richard aveva prodotto molte delle copertine della rivista Theater Arts: la teatralità veniva trasferita al mondo della moda.
La moda di Avedon influenza anche il cinema. Nel 1957 esce nelle sale Funny Face (Cenerentola a Parigi), diretto da Stanley Donovan per la Paramount Pictures. Il lungometraggio era interpretato da Fred Astaire e Audrey Hepburn. Il personaggio di Astaire era liberamente ispirato alla figura del fotografo Richard Avedon, le cui foto appaiono nel film.
Come dicevamo, Avedon deve essere considerato anche (e soprattutto) come un grande ritrattista, probabilmente uno dei più grandi della storia della fotografia. Di fronte alla sua macchina fotografica di grande formato sono sfilate tutte le personalità famose del suo tempo. Essere fotografati da Avedon rappresentava una sorta di "certificato di celebrità".
I volti famosi rappresentano per il fotografo una lama a doppio taglio nei termini dell’immagine da produrre. Se ci si fida del personaggio preconfezionato, tutto può apparire facile; ma quando si cerca la profondità, probabilmente il soggetto erigerà una barriera. Avedon ha saputo attraversare le false ipocrisie, arrivando al nucleo della personalità.
Ingrid Bergman appare con un volto senza precedenti; ma il caso più evidente è il ritratto del 1957 che vede coinvolta Norma Jean Baker. Anche se il titolo dell’immagine recita "Marilyn Monroe, attrice" la donna che appare è stanca, spogliata dei successi di Hollywood, finalmente bambina.
Avedon era anche un provocatore e usava le sue qualità per ottenere dai soggetti il lato intimo della loro personalità. Un esempio? Il servizio che vide coinvolti i duchi di Windsor. Erano arrivati al Waldorf Astoria accompagnati dalla regalità maestosa della loro immagine. Dopo un'ora di lavoro, Richard non era riuscito a eliminare la loro impassibilità aristocratica. Il fotografo si è messo a recitare, arrivando a persino a mentire. “Il taxi che vi è venuto a prendere”, disse, “ha investito un cane, che è deceduto”. L’artista raggiunse il suo scopo, anche se per una via non ortodossa.
Avedon è ricordato anche per una serie di ritratti scattati a 752 persone tra il 1979 e il 1984. Si tratta della famosa serie del West americano. Richard aveva fotografato modelle, gli artisti più influenti, i politici più potenti; decide così di cambiare i suoi orizzonti, concentrandosi sulla gente comune. Per portare avanti il suo progetto, il nostro visitò diversi stati degli Stati Uniti occidentali, per incontrare i minatori, le persone senza fissa dimora, le casalinghe, i prigionieri, i predicatori itineranti.
Richard non cerca la coerenza con i soggetti, ma li affronta con la stessa furia creativa utilizzata con George Bush Sr. e Henry Kissinger.
Ci siamo dilungati a lungo su Avedon, non sapendo addirittura da dove iniziare. Perdonate: chi scrive è schierato! Oltre a una profonda passione per il reportage anni ’50, vive una forte attrattiva per alcuni fotografi. Avedon è uno di questi, forse perché a ogni visione gli vengono restituiti spunti nuovi, per via della complessità. Grazie per la pazienza.
[Il fotografo Melvin Sokolsky]
Melvin Sokolsky è nato nel 1933 a New York City, città dove è cresciuto. Lì ha iniziato la sua carriera come fotografo. All'età di ventuno anni fu invitato a far parte dello staff di Harper's Bazaar. Negli anni successivi ha lavorato come collaboratore importante per quattro riviste prestigiose: Esquire, McCall's, Newsweek e Show. Le sue fotografie di personaggi di fama internazionale sono apparse in molti dei maggiori musei e riviste del mondo.
Nel 1962, Sokolsky ha fotografato l'intero contenuto editoriale del McCall's Magazine, il primo a suo tempo. È meglio conosciuto per l’infusione di surrealismo nella sua fotografia di moda, con la sua serie iconica di donne racchiuse in bolle di plastica, che fluttuano in vari paesaggi urbani.
Nel 1964, Sokolsky fu invitato dalla School of Visual Arts di New York a tenere una classe speciale nel suo studio a New York. Nel 1969, Sokolsky ha intrapreso una nuova carriera negli spot televisivi come regista/cameraman. E’ stato premiato con venticinque Clio Awards ed è il destinatario di tutti i principali premi pubblicitari televisivi, inclusa l'ambita nomination alla "Directors Guild". Molti degli spot pubblicitari di Sokolsky sono nella collezione permanente del Museum of Modern Art.
Nel 1972, Sokolsky si è esperto in tutte le fasi degli effetti speciali e della cinematografia, ha presentato un obiettivo zoom computerizzato che ha progettato all'Accademia delle arti e delle scienze. Il sistema è stato successivamente nominato per un Academy Award. Nel 1975, Sokolsky è stato invitato dalla Japanese Graphic Society a tenere conferenze a Tokyo e Kyoto, e successivamente è stato nominato Professore Onorario di Fotografia.
Nel 1986, il Victoria and Albert Museum ha allestito una mostra di fotografie intitolata Shots of Style, una retrospettiva dei principali fotografi di moda del mondo. Il Victoria & Albert ha incluso le fotografie di Sokolsky nella mostra e successivamente ne ha collocate molte nella loro collezione permanente. Nel 1991, il Victoria and Albert Museum ha organizzato una mostra chiamata Appearances, che dovrebbe viaggiare in tutto il mondo.
(Fonte: www.sokolsky.com)
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