[UNA BELLA SIGNORA INGLESE]
Forse ce ne accorgiamo solo adesso: Emma Thompson, attrice, scrittrice e sceneggiatrice, è anche bella d’aspetto. Per anni hanno prevalso talento e capacità intellettuali, virtù che abbiamo ammirato nella sua ultima apparizione in una pellicola trasmessa in TV: Saving Mr. Banks, dove Emma recita al fianco di Tom Hanks. Il film prende spunto dalla vicenda di come Walt Disney abbia ottenuto i diritti del romanzo Mary Poppins della scrittrice australiana Pamela Lyndon Travers, dopo anni di richieste. Lì emerge l’anima inglese dell’attrice al cospetto di un mondo colorato e fantasioso, targato USA. Saranno i sentimenti a vincere, con un lieto fine. Brava Emma.
Emma Thompson è nata a Londra il 15 aprile 1959, figlia degli attori Eric Thompson e Phyllida Law. Con quei genitori non c'è da stupirsi che si sia avventurata nel mondo della recitazione. Studia a Cambridge e si laurea nel 1981 in Lettere.
Emma ha vinto due Oscar: uno come migliore attrice per la sua interpretazione in “Casa Howard” (diretto da James Ivory, 1992), e un altro per la migliore sceneggiatura circa l’adattamento cinematografico di “Ragione e Sentimento”, di Jane Austen (1995). Ha anche vinto numerosi Baftas (l'equivalente britannico degli Oscar), inclusi diversi premi come migliore attrice per il suo lavoro nei film e in televisione. Come vincitrice dell’Oscar come miglior attrice e scrittrice, ha dimostrato le sue capacità intellettuali e il suo meraviglioso talento. Per non parlare del fatto che è davvero molto carina. E divertente!
Finora, ha totalizzato 53 titoli per la recitazione e 11 circa la scrittura: non male per un’attrice sulla cinquantina (e ancora bellissima come sempre). Questa donna meravigliosamente talentuosa può essere ammirata in film brillanti come “Casa Howard”, “Gli amici di Peter” (1992), “Molto rumore per nulla” (1993), “Quel che resta del giorno” (di James Ivory, con Antony Hopkins,1993), “Ragione e Sentimento”, “L’Ospite d’Inverno” (1997, dove ha recitato insieme a sua madre, e che è stato diretto dal frequente co-protagonista Alan Rickman), “Love Actually” (2003), i film di Harry Potter (2001-11) e An Education (2009).
Emma ha una figlia e un figlio adottivo – un rifugiato ruandese di 16 anni che hanno adottato per impedirgli di essere deportato – con l'attore Greg Wise.
[Le fotografie]
Emma Thompson by Annie Leibovitz, New York 1995
Emma Thompson by Annie Leibovitz, Vanity Fair febbraio 1996
[ANNIE LIEBOVITZ, LEZIONI DI RITRATTO]
Ben presto ho imparato che un’immagine all’apparenza insignificante può divenire piena di significato, ed è un aspetto della fotografia che ho sempre adorato.
(Annie Leibovitz)
Il libro è sul tavolo. Si tratta di “Annie Leibovitz: Portraits 2005–2016”, pubblicato da Phaidon. Lo abbiamo sfogliato più volte, riconoscendolo sontuoso, prestigioso, sensoriale, riflessivo. Tutti i ritratti si sviluppano su una doppia pagina. I colori sono ambiziosi, così come le pose. Ne esce, ma ai nostri occhi, una visione intima e personale delle figure maggiormente influenti del nostro tempo: la regina Elisabetta con i suoi fedeli Corgi, Joan Didion a Central Park, Kim Kardashian e Kanye West a casa, Cindy Sherman nel suo studio, Hillary Clinton al telefono.
Apriamo ancora il volume, questa volta a caso. Ne riconosciamo una lezione di ritratto? Non possiamo, né sappiamo dirlo. Siamo sempre stati convinti che raffigurare una persona in fotografia volesse dire incontrarla su un terreno comune. Allo stesso tempo, nelle immagini cercavamo di continuo l’autore, la sua impronta, ma anche le tracce di quella personalità che ne ha animato i lavori. La Leibovitz sfugge a questi luoghi comuni e pare uscire dalle pagine che ci propone. Per una volta, siamo soli: di fronte ai volti e dentro gli spazi; dove anche il tempo rompe con la linearità, per divenire solido, rigido, ambiente esso stesso.
Lezioni di ritratto? Sarebbe meglio dire: “Lezioni dal ritratto”. Sì, perché noi, mentre riconosciamo i soggetti, da loro subiamo quasi un monito, un avvertimento repentino e potente. Le pose, gli abiti, i vestiti, gli ambienti, i volti, formano una complessità che ci investe, tutta insieme, suggerendoci persino; e dalla quale è difficile venir fuori.
Un altro sguardo vogliamo darlo, una volta di più. Sentiamo di doverlo fare, quasi per un obbligo verso noi stessi. Ci siamo persi? No, certamente. Non siamo riuscito a comprendere? No, perché mai? Forse abbiamo intrapreso un viaggio al quale non eravamo abituati: quello che dal soggetto arriva dentro di noi.
“Lezioni dal ritratto”, dicevamo; e, in effetti, è così. Lady Gaga, Sting, James Lebron, ci guardano, ma in silenzio. In realtà siamo noi guardanti che ci mettiamo a nudo a loro cospetto. Ecco che Annie ci fa capire chi siamo, consapevolmente: oltre quei vestiti che abbiamo fabbricato a fatica prima di indossarli. Qui, di fronte alle immagini del libro, non ci servono più; e nemmeno potremo usare quelli che vediamo.
La frattura è forte: noi e loro. Ci avvicina la coscienza, quella della paura e dei paradossi, dei timori e delle contraddizioni, degli sbagli e delle cose buone. A guardar bene, siamo anche in grado di ricomporci, afferrando un tempo più grande: il nostro, divenuto infinito, pieno, vero perché circostanziato al dove si è.
Lezioni di ritratto? Beh, proviamo a dire qualcosa. C’è una complessità infinita, nelle immagini che vediamo; persino dettagliata. E questo vale anche per i campi stretti, dove emerge il simbolo, l’elemento connotante. Gli ambienti, poi, risultano faraonici, surreali, persino esagerati; ma mai inadeguati. Diciamo che Annie si è assunta dei rischi, anche se forse non poteva fare altrimenti. La fama dei soggetti sarebbe divenuta ridondante; meglio quindi collocarli laddove potessero esprimersi senza invadere, liberi finalmente anche loro di strapparsi le vesti di rito, per farci comprendere: di loro, di noi, della vita.
[La fotografa, Annie Leibovitz]
Annie Leibovitz nasce il 2 ottobre 1949. Figlia di un ufficiale dell’Aeronautica, la sua vita giovanile è fatta di traslochi, da una base militare all’altra. Il finestrino della macchina del padre diventa la prima cornice attraverso la quale traguardare il mondo. Lei è un’inguaribile osservatrice, con una forte ammirazione per Richard Avedon.
Annie Leibovitz si è distinta in vari settori, anche nel reportage e nella moda. E’ poi diventata una ricercata e celebre ritrattista americana. La sua capacità è sempre stata quella di sorprendere: in maniera semplice, diretta, efficace. Ha fotografato i Blues Brothers con il volto dipinto di blu e l'attrice americana di colore Whoopi Goldberg immersa in una vasca da bagno piena di latte. John Lennon l'ha ritratto nudo e abbracciato a Yoko Ono in posizione fetale, la mattina del giorno in cui è stato ucciso. Era l'8 dicembre 1981.
Nel gennaio del 1981 (22 gennaio), l'immagine è apparsa sulla copertina della rivista Rolling Stone. Anni dopo la Leibovitz ha raccontato che quando Lennon ha visto il primo test Polaroid delle riprese, si era espresso così: "Hai catturato esattamente il nostro rapporto”.
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