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[LA GIORNATA MONDIALE DEL LIBRO]

Il 23 aprile di ogni anno viene celebrata la Giornata Mondiale del libro e del diritto d’autore, voluta dall’Unesco per dare valore alla lettura come momento di crescita personale e collettiva. Riflettendoci bene, ci accorgiamo come “il leggere” abbia accompagnato tutte la fasi della nostra vita: dalla scuola, fino all’età adulta. L’entrare in libreria, al di là della curiosità, ci permette d’incontrare degli amici: quei volumi già letti, rimasti nelle memoria come la canzone del cuore o la fotografia nel cassetto. Tante volte andiamo a riaprirli e spesso dentro scopriamo un segnalibro, ma anche una fotografia o quelle scritte a matita che richiamano le riflessioni di un tempo. La nostra biblioteca diventa quindi lo specchio della vita che ci appartiene: tra conoscenza e consapevolezza; facile comprendere, allora, come la Giornata Mondiale del Libro rappresenti la festa di tutti, e nel mondo intero, simbolo di eguaglianza, come di pari opportunità.

[Le fotografie]

Ferdinando Scianna, Roma 1997

Ferdinando Scianna, Italia 1991

[Fotografare, scrivere, leggere]

Parlare di libri, in una rubrica come questa, rende obbligatorio riferirsi a Ferdinando Scianna, il fotografo che più di altri ha confermato il legame stretto tra immagine e parola scritta. Insieme a lui ne abbiamo parlato spesso, facendo riferimento a quanti scrittori abbiano preso in mano una fotocamera (come Giovanni Verga e Georges Simenon); comprendendo poi come la circostanza non rappresentasse una risposta. Il fatto che il creatore del Commissario Maigret abbia anche scattato fotografie non aggiunge nulla (o poco) al rapporto delle stesse con la letteratura, che invece va ricercato nel linguaggio, nell’atteggiamento. E Scianna ne è un testimone diretto. Lui non concepisce la fotografia come un frammento della realtà e nemmeno come un semplice documento, bensì alla stregua di uno strumento per costruire un racconto dell’esistenza: racchiusa nelle immagini e attraverso di esse.

Nel libro 'Lettori' (ed. Henry Beyle, 2015) Scianna scrive: “Per me fotografo, o almeno per il tipo di fotografia che amo e che cerco di praticare, la realtà è un infinito libro da leggere e rileggere”. Del resto, per lui la scrittura rappresentava un lavoro, quello del giornalista; e lì ha compreso come le sue fotografie potessero anche essere lette. Per lui, divenne inevitabile scrivere testi che si adattassero alle immagini: non semplici didascalie, però; ma parole frutto di un linguaggio congiunto.

La lettura, tanto cara a Scianna, ha sempre rafforzato il legame tra la fotografia e il racconto scritto. Un giorno ci disse: “Henri Cartier-Bresson ha insegnato a tutti che gli scatti fotografici dovevano racchiudere un racconto, dove l’autore assumeva il ruolo del narratore”. “Io sono sempre stato influenzato dai libri che ho letto, in tutte le fasi della mia vita”.

[Un incontro, lo spirito narrativo]

Incontriamo Ferdinando Scianna nel suo studio. Ovviamente ne siamo emozionati, come in tutte le “prime” della vita. Ciò che ci meraviglia, da subito, è la naturalezza, la lucidità, Nel suo dire non traspare un luogo comune, un “già sentito” che possa facilitarci anche il solo capire. La sua logica è cristallina, ma scivolosa per i più; per nulla scontata, trova l’approdo in una verità consolidata e vissuta; suffragata da una dialettica schietta, colta perché ricca di punti di non ritorno. “Il fotografo non scrive con la luce”, ci dice, “la legge”; così iniziamo ad addentrarci in un ambito esistenziale complesso e meraviglioso, dove fortuna e talento vanno di pari passo, senza finte ipocrisie. E’ lui a dirlo.

La nostra attenzione si sposta, forse erroneamente. Di quel ragazzo di Bagheria ci piacerebbe conoscere di più, e non soltanto di fotografia. Avendolo letto con assiduità, vorremmo sapere dei suoi incontri, magari di quelle lunghe passeggiate che deve aver compiuto con i grandi, meritandone (eccome!) la compagnia.

Ferdinando ci spiega come la sua vita rappresenti un piatto ben confezionato, dove lui ha utilizzato bene gli ingredienti. Ovviamente si riferisce agli incontri che gli si sono parati davanti; ma a noi tutto questo appare troppo semplice, eccessivamente logico. Ci deve essere stato dell’altro, almeno un istinto riconoscibile da pochi; probabilmente una forza interiore chiamata coraggio, desiderio, passione, persino carnalità. Forse la sua terra (la Sicilia) gli è andata incontro, regalandogli il sole, la luce, la cultura (e lo sguardo) per leggerla; ma anche un sapere antico, che gli sta addosso anche quando la lascia, e vive lontano.

Ecco, sì: Ferdinando è partito da giovane. Ce lo racconta, però, senza rimpianto; e nemmeno retorica. Lo strappo c’è stato, ricucito (ma mai dimenticato) dalle cose della vita. La sua fotografia? Ne abbiamo parlato poco: molto meglio guardarla. Si è preferito spiegare la nostra curiosità per un’esistenza che vorremmo farci raccontare più volte. E’ lì il segreto delle sue immagini, svelato da pochi edotti che ne hanno saputo leggere, prima di altri, lucidità e spirito narrativo.

[Ferdinando Scianna, note biografiche]

Ferdinando Scianna nasce a Bagheria in Sicilia, nel 1943. Comincia a fotografare negli anni '60, mentre frequenta la facoltà di Lettere e Filosofia all'Università di Palermo; in questo periodo fotografa, in modo sistematico, la sua terra, la sua gente, le sue feste. Nel 1965 esce il volume Feste Religiose in Sicilia, con un saggio di Leonardo Sciascia: ha così inizio una lunga collaborazione e amicizia tra Scianna e lo scrittore siciliano. Pochi anni più tardi, nel 1967, si trasferisce a Milano, lavora per L'Europeo, e poi come corrispondente da Parigi, città in cui vivrà per dieci anni. Nel 1977 pubblica in Francia Les Siciliens (Denoel), con testi di Domenique Fernandez e Leonardo Sciascia, e in Italia La villa dei mostri, sempre con un'introduzione di Sciascia. A Parigi scrive per Le Monde Diplomatique e La Quinzaine Litteraire e soprattutto conosce Henri Cartier-Bresson, le cui opere lo avevano influenzato fin dalla gioventù. Il grande fotografo lo introdurrà nel 1982, come primo italiano, nella prestigiosa agenzia Magnum. Dal 1987 alterna al reportage la fotografia di moda, riscuotendo un successo internazionale. È autore di numerosi libri fotografici e svolge da anni un'attività critica e giornalistica; ha pubblicato moltissimi articoli su temi relativi alla fotografia e alla comunicazione per immagini in generale. Tra i libri pubblicati con Contrasto ricordiamo: Ti mangio con gli occhi (2013), Visti&Scritti (2014), Obiettivo ambiguo (2015) e In gioco (2016).

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