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[IL PADRINO DEL SOUL]

"Il padrino del soul" James Brown (nato il 3 maggio 1933) è anche conosciuto come "l'uomo più laborioso nel mondo dello spettacolo". La musica che James Brown sentiva nella sua testa, ha cambiato il volto del soul. E’ riuscito a trovare un nucleo ritmico che era allo stesso tempo sessuale e potentemente spirituale. Gridando come un predicatore, ha scatenato una serie di successi negli anni '60 e nei primi anni '70; ed è stato anche un'influenza formativa per superstar del rock e del soul come il frontman dei Rolling Stones Mick Jagger, Prince e Michael Jackson.

James Brown era dotato di una grande voce e di un carisma straordinario. Riuscì a offrire una forte dignità al gospel, a trasformare il soul in una musica da classifica, fornendo un impulso forte per l’esplosione del funk e di generi quali la disco e il rap.

Alla fine degli anni '70, tuttavia, la carriera di Brown ha subito un declino, ed era afflitto da richieste di tasse arretrate, un fastidioso problema di droga e una relazione combattiva con la sua terza moglie. Nel 1988 è andato in prigione per un inseguimento ad alta velocità con la polizia, continuando in seguito ad avere continui problemi con la legge.

Brown è nato nel sud degli USA ed è cresciuto ad Augusta, in Georgia, lottando per sopravvivere. All'età di quattro anni fu mandato a vivere con la zia, che dirigeva un bordello. In un ambiente come quello è cresciuto in fretta, alla deriva nel crimine. E’ stato detto di lui: "Brown è diventato un ragazzo lustrascarpe, poi un addetto alla sala da biliardo, poi un ladro". A 16 anni è finito in carcere per molteplici furti d'auto. Sebbene inizialmente condannato a 8-16 anni di lavori forzati, è uscito con meno di quattro anni per buona condotta. Dopo incursioni senza successo nella boxe e nel baseball, ha formato un gruppo gospel chiamato Swanees con il suo amico di prigione Johnny Terry, col quale iniziò un periodo di successi.

L'anno 1970 vide l'uscita del singolo di "(Get Up, I Feel Like Being a) Sex Machine". Brown firmò presto con la Polydor Records e assunse il soprannome di "Padrino dell'anima", dopo il film di grande successo “Il Padrino”. In quegli anni, con il successo al botteghino dei film d'azione interpretati da attori di colore, iniziò a scrivere colonne sonore di film.

Alla fine degli anni '70, l'avvento della musica da discoteca creò problemi di carriera per il Padrino del Soul. Le cose sono leggermente migliorate dopo essere apparso come predicatore nella commedia di successo del 1980 The Blues Brothers, ma il grande ritorno di Brown negli anni '80 è arrivato con l'uscita di "Living in America": il tema del film Rocky IV, che ha interpretato su richiesta della star Sylvester Stallone. Nel 1986 è stato inserito nella Rock 'n' Roll Hall of Fame. "Living in America" gli è valso un Grammy Award.

James Brown sarebbe potuto diventare una delle più grandi pop star del mondo, ma non era immune dai guai: fiscali e familiari. Negli anni ’80, vanno aggiunti: abuso di stupefacenti, aggressione, possesso d’armi, resistenza all’arresto. Va considerato anche (dicembre ’88) un inseguimento con la polizia attraverso due stati.

Nel frattempo, grazie in parte alla sua partecipazione a The Blues Brothers e all'uso della sua musica in film come Good Morning, Vietnam, Brown è emerso come un artista mainstream "classico". Nel 1994 una strada che correva accanto all'Apollo Theatre di New York fu temporaneamente chiamata James Brown Blvd., e si esibì al Radio City Music Hall; l'attrice Sharon Stone gli ha cantato "Happy Birthday" in occasione del suo 61esimo compleanno. "Sono ovunque Dio vuole che io sia e ovunque le persone hanno bisogno che io sia", ha detto al New York Times.

Sfortunatamente, i suoi guai non erano finiti. Nel dicembre del 1994, è stato accusato di reato di violenza domestica dopo l'ennesima conflagrazione con Adrienne. E il 31 ottobre 1995, Brown è stato nuovamente arrestato per abuso coniugale. Poco più di due mesi dopo, Adrienne morì all'età di 47 anni dopo aver subito un intervento di chirurgia estetica.

La propensione di Brown per la sopravvivenza e la brillante eredità del suo lavoro sono riusciti a mettere in ombra incidenti così brutti. "Sono venuto dal nulla e ho fatto qualcosa di me stesso", ha commentato Brown in un'intervista al New York Times. "Ballo, canto e ho fatto sentire meglio le persone, perché voglio che siano felici". Il Padrino del Soul ha pubblicato un nuovo album dal vivo nel 1995.

James Brown ci a lasciato il 25 dicembre 2006 ad Atlanta.

[Le fotografie]

James Brown, Milano, Palatrussardi 1994. Ph. Guido Harari.

James Brown, 1966. Ph. Dennis Hopper.

[Il fotografo, Guido Harari]

Guido Harari nasce al Cairo (Egitto) nel 1952. Nei primi anni Settanta avvia la duplice professione di fotografo e di critico musicale, contribuendo a porre le basi di un lavoro specialistico, sino ad allora senza precedenti in Italia. Dagli anni Novanta il suo raggio d’azione contempla anche l’immagine pubblicitaria, il ritratto istituzionale, il reportage a sfondo sociale. Dal 1994 è membro dell’Agenzia Contrasto. Ha firmato copertine di dischi per Claudio Baglioni, Angelo Branduardi, Kate Bush, Vinicio Capossela, Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele, Bob Dylan, Ivano Fossati, BB King, Ute Lemper, Ligabue, Gianna Nannini, Michael Nyman, Luciano Pavarotti, PFM, Lou Reed, Vasco Rossi, Simple Minds e Frank Zappa, fotografato in chiave semiseria per una storica copertina de «L’Uomo Vogue». È stato per vent’anni uno dei fotografi personali di Fabrizio De André. Ha al suo attivo numerose mostre e libri illustrati tra cui Fabrizio De André. E poi, il futuro (Mondadori, 2001), Strange Angels (2003), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, Mondadori, 2004), Vasco! (Edel, 2006), Wall Of Sound (2007), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (Rizzoli, 2007).

Di lui ha detto Lou Reed: “Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido”. “So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento”. “Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi”. “Considero Guido un amico, non un semplice fotografo”.

[Il fotografo, Dennis Hopper]

Dennis Hopper, regista e interprete di Easy Rider, nato nel 1936, ricordato per i suoi tanti ruoli tormentati, amava molto pure la fotografia. Negli anni ’60, portava sempre con sé una macchina fotografica per cercare di “catturare l’attimo” e rubare scatti all’interno di feste private, set cinematografici, cene o manifestazioni varie. É stato una personalità effervescente e anticonformista, vestiva quasi sempre da cow boy, anche durante le cerimonie.

Hopper si avventurò per la prima volta nel mondo della fotografia durante gli inizi della sua carriera di attore, quando i progetti erano ancora lenti a partire. La sua prima moglie (alla fine ne avrà cinque, con quattro figli), Brooke Hayward, gli regalò una macchina fotografica per il suo 25° compleanno.

Tra le strade dell’America Dennis ha documentato la propria generazione, gettando un ponte sul clima culturale e politico di anni di forte contestazione. É riuscito a fotografare Martin Luther King durante la marcia per i diritti civili da Selma a Montgomery, in Alabama; ma anche il Paul Newman di Nick mano fredda o la prima esposizione di Andy Warhol, tutti momenti unici (e irripetibili) degli anni ’60 americani. Easy Rider è senza dubbio il film che caratterizza Dennis Hopper (che ha interpretato e diretto). Lo abbiamo visto tutti, desiderando “quell’andare ad ogni costo” che era tipico della cultura americana del tempo. Come dimenticare, ad esempio, il libro “On the Road” di Jack Keruac? Il film è stato girato nel 1967 in sole sei settimane, ma c’è voluto ben più di un anno per montarlo. Peraltro pare che molti dialoghi fossero stati improvvisati al momento. Jack Nicholson riscosse un grande successo, così decise di proseguire nella carriera dell’attore: abbandonando l’idea di fare il regista. Una cosa importante: il soggetto della pellicola ha tratto ispirazione dal film nostrano “Il Sorpasso”, di Dino Risi; questo era stato lanciato in America col nome di “The Easy Life”. Alcune sequenze sono girate in 16 mm, poi ingrandite e sgranate.

Dennis Hopper fu nominato più volte all’Oscar come miglior attore non protagonista. Vista la sua passione per la fotografia, Francis Ford Coppola lo volle in “Apocalypse now” nel ruolo di fotoreporter.

Hopper è stato “un cattivo” dello schermo, ma anche un artista (e fotografo) sensibile nella vita, in grado di rilasciare scatti di grande qualità. Per quanto si definisse un “fotografo nervoso”, si è sempre distaccato dalle istantanee; era interessato viceversa “agli aspetti formali della fotografia, alla composizione, alle linee che creano un campo”. Il paragone potrà sembrare forzato, ma Dennis era in grado di cogliere quell’attimo tanto caro a Henri Cartier Bresson. Come quest’ultimo, poi, non tagliava mai le sue opere: una volta scelta l’inquadratura, quella compariva nel risultato finale. Di sicuro era dotato di un grande spirito d’osservazione, notato anche da James Dean durante la lavorazione di “Gioventù Bruciata”.

La sua dipartita ha toccato il cuore di quelli che lo rammentano per ciò che ha simboleggiato in Easy Rider: la giovinezza vissuta controcorrente, con una libertà difficile a viversi. La morte l’ha colto il 29 maggio 2010, a Los Angeles, all’età di 74 anni.

[Un libro. Dennis Hopper. Photographs 1961-1967]

Questo volume, oltremodo corposo, raccoglie le fotografe dell'archivio personale di Dennis Hopper, la maggior parte delle quali sono addirittura inedite. Con il suo stile personale Hopper ha fotografato artisti, politici e poeti del suo tempo che sono stati protagonisti di questo incredibile periodo. Si tratta di una collezione che è una sorta di narrazione. La sua partecipazione a grandi film, quali “Il gigante”, lo ha messo in contatto anche con le celebrità più famose. La sua forza espressiva e la sua intensità sono già presenti in queste foto, la stessa forza e la medesima intensità che troveremo poi in “Easy Rider” o in “Colpo vincente”.

[Dennis Hopper. Photographs 1961-1967, Taschen 2011]

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