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[ISABELLA ROSSELLINI, LA PIU’ DESIDERATA]

Bella e brava: quasi per forza. Isabella Rossellini è figlia d’arte e la sua nascita ha rappresentato un debutto, tra cinema e moda. A settant’anni possiamo definirla una diva? O una top model? Forse no, ma l’hanno desiderata in tanti: sul grande schermo o davanti l’obiettivo della fotocamera. Di certo, non ha mai posseduto l’atteggiamento della “vamp”, così ha mostrato sempre l’essenza di ciò che era, senza anteporre un’immagine precostituita. Anche quando l’abbiamo vista presentare Master of Photography, il suo modo si porsi era quello consueto: nei tempi, nei modi, nelle cadenze. Diciamo che ha saputo fondere recitazione e posa in un tutt’uno che si esaltava. In fotografia, tanti si sono scomodati per lei: differenti per stile e generazione, da Horst P Horst a Robert Mapplethorpe; questo per dire che non è mai diventata di moda, come tante ben note “top”. Alcuni marchi di bellezza l’hanno utilizzata per anni, pur col tempo che passava, perché la sua bellezza risultava confortante, quasi rassicurante. E qui arriviamo al punto: era (ed è) bella Isabella Rossellini? La risposta è semplice: sì, molto; perché misteriosa, suadente, tutta da scoprire e interpretare. Per un fotografo può diventare il soggetto ideale, e i fatti lo dimostrano.

[Le fotografie]

Isabella Rossellini, fotografata da Norman Parkinson, 1982.

Isabella Rossellini, fotografata da Robert Mapplethorpe, 1988.

[Isabella Rossellini, note biografiche]

Isabella Rossellini, l'attrice e modella, detiene la doppia cittadinanza italiana e americana. Ha abitato negli USA dal 1979. E’ nata il 18 giugno 1952 a Roma, già stella del cinema, anche perché è la figlia di due leggende: l'attrice svedese Ingrid Bergman, tre volte vincitrice di Oscar; e il regista italiano Roberto Rossellini, maestro neorealista. È stata anche la terza moglie del regista premio Oscar Martin Scorsese dal 1979 al 1982 e la compagna del leggendario regista David Lynch. Anche Christian De Sica ha fatto parte dei suoi intrecci amorosi. Non dimentichiamo che Isabella sposa nel 1983 il modello tedesco Jon Wiedemann, col quale dà alla luce la figlia Elettra. Il matrimonio con Wiedemann finisce nel 1986.

Ha fatto il suo debutto cinematografico in Nina (1976) di Vincente Minnelli, interpretato da sua madre. E’ poi apparsa in un paio di film italiani e ha lavorato anche come corrispondente americana per la rete televisiva italiana RAI, questo prima di apparire nel dramma sulla Guerra Fredda, di Taylor Hackford, “Il sole a mezzanotte”, del 1985. Ha poi interpretato il suo ruolo più memorabile, quello della cantante nel capolavoro di Lynch “Velluto blu” (1986), col quale si è aggiudicato un Independent Spirit Award come miglior protagonista femminile. Ha poi vinto un Saturn Award come migliore attrice non protagonista per la sua interpretazione in “La morte ti fa bella” (1992), di Robert Zemeckis. Nel 1997, è stata nominata per un Emmy Award come miglior attrice ospite in una serie drammatica per un'apparizione come ospite in Chicago Hope (1994).

La carriera di modella inizia quando ha 28 anni, grazie ai lavori del fotografo Bruce Weber per l'edizione inglese di "Vogue", e di Bill King per l'edizione americana. Nel corso della sua carriera Isabella Rossellini collabora con molti famosi fotografi, tra cui Richard Avedon, Steven Meisel, Helmut Newton, Peter Lindbergh, Norman Parkinson, Eve Arnold, Francesco Scavullo, Annie Leibovitz, Michel Comte, Patrick Demarchelier, Fabrizio Ferri, Horst P. Horst, Brigitte Lacombe, Irving Penn, Herb Ritts, Paolo Roversi, Ellen von Unwerth e Robert Mapplethorpe, nonché con i cineasti David Lynch e Wim Wenders. Nel mese di marzo del 1988, presso il Museo d'arte moderna di Parigi, a Isabella Rossellini viene dedicata una mostra fotografica dal titolo "Ritratto di donna".

[Il fotografo Norman Parkinson]

Norman Parkinson (21 aprile 1913, Londra, Regno Unito - 15 febbraio 1990, Singapore), ritrattista e fotografo di moda, può vantare una lunga carriera, che gli ha permesso di testimoniare un'epoca intera (si riteneva fortunato per questo). Uomo e artista eccentrico, credeva che l’umorismo fosse l'ingrediente migliore da mettere in una fotografia.

«Mi piace far sembrare le persone belle quanto vorrebbero e, con un po' di fortuna, anche meglio».

(Norman Parkinson)

La carriera di Norman Parkinson è iniziata nel 1931 e si è protratta per ben settant'anni, il che gli ha fatto ottenere un riconoscimento in tutto il mondo. Può essere considerato uno dei grandi pionieri della fotografia di moda. È diventato famoso per il suo senso dello stile e del glamour, il suo approccio inaspettato e unico, restituendo una freschezza vera a generi a volte seri, come il fashion e la fotografia di ritratto. Annunciato come uno dei veri innovatori nel suo campo, ispirato dal lavoro del fotografo ungherese Martin Munkácsi, ha spostato i confini del suo lavoro portando i modelli fuori dall'ambiente soffocante e rigido dello studio e inserendolo in un ambiente esterno più dinamico. Ha posto il soggetto su sfondi insoliti e audaci, come i grintosi quartieri popolari di Londra; e li ha ripresi solo con luce naturale, aprendo la strada al "realismo d'azione", uno stile fotografico che persiste ancora oggi.

"Tutte le ragazze avevano le ginocchia serrate", ha detto Parkinson, ricordando il lavoro dei fotografi alla moda negli anni '30, come Cecil Beaton ed Edward Steichen. Ha lavorato per pubblicazioni tra cui: Vogue Magazine, Queen, Life, Town & Country e Harper's Bazaar. Norman Parkinson è stato il predecessore di artisti del calibro di David Bailey e Brian Duffy, che devono gran parte del loro successo alla scia che Parkinson aveva letteralmente tracciato davanti a loro. Non c'è dubbio, quindi, che sia rimasta la sua influenza sulle generazioni successive di fotografi di moda.

Se Parkinson è conosciuto per aver liberato la fotografia di moda dallo studio, il suo lavoro come ritrattista ha fatto l'opposto, pur rimanendo innovativo. Avvicinandosi ai volti del suo soggetto, Parkinson ha fotografato i primi artisti del rock'n'roll, ritagliando le sue immagini con una chiara concentrazione ininterrotta sulle celebrità. Ha lavorato a stretto contatto con i Beatles, documentando la band a Russell Square nel 1963. Gli altri soggetti di Parkinson includono molte delle più grandi icone del XX secolo e alcune delle donne più belle del mondo, comprese Audrey Hepburn, Wenda Parkinson, Montgomery Clift, Ava Gardener, Lisa Fonssagrives (in seguito Mrs Irving Penn), Vivien Leigh, Apollonia van Ravenstein, Raquel Welch, Jean Seberg, Iman & Jerry Hall.

Parkinson è diventato fotografo ufficiale della corona nel 1969, scattando fotografie per il 19 ° compleanno della principessa Anna. Ritrarrà la regina Elisabetta in occasione dei suoi 75 anni, nel 1975.

Senza dubbio ci ha lasciato un'eredità indiscutibile e di sicuro continuerà a ispirare le generazioni a venire. Norman Parkinson è morto in Malesia nel 1990.

[Il fotografo Robert Mapplethorpe]

Robert Mapplethorpe nasce il 4 novembre 1946 a Long Island (New York). È il terzo di sei figli. La sua è una famiglia cattolica di origini irlandesi, appartenente alla media borghesia americana. Si racconta che a sedici anni sia stato sorpreso mentre tentava di rubare un giornalino pornografico. In realtà, a quell’età, comincia a manifestarsi la sua omosessualità, non ancora pienamente palese. Sempre a sedici anni s’iscrive al Pratt Institute di Brooklyn. Studia disegno, pittura e scultura. Influenzato dalla produzione di artisti del calibro di Marcel Duchamp, comincia a sperimentare usando vari materiali. Produce una serie di collage composti con immagini tratte da giornali, riviste e libri.

Si stanno chiudendo gli anni ‘60 e per gli Stati Uniti sono momenti di grande cambiamento. La guerra del Vietnam, i movimenti studenteschi, la lotta per i diritti civili, delle donne, degli afroamericani, la rivolta dei gay, sono tutti accadimenti che stanno modificando l’America e il mondo intero. A New York si vive un’atmosfera irripetibile. Robert Mapplethorpe prende vigore dalla cultura pop, rappresentata allora da Andy Warhol. Il fermento creativo è palpabile in quegli anni. Robert è un testimone del suo tempo, il che rappresenta un merito.

Patti Smith, poi la fotografia

Nel 1967 l’artista incontrò Patti Smith, allora solo una giovane ragazza spiantata, che non pensava neanche di diventare cantante. Era da poco arrivata a New York. Robert se ne innamorò. I due andarono a convivere dapprima a Brooklyn e poi presso il famosissimo Chelsea Hotel di Manhattan, un luogo di ritrovo per artisti, scrittori e musicisti nei primi anni Settanta. Dopo qualche anno vissuto come amanti, Patti e Robert rimasero semplicemente amici. Lei, fra il 1970 e il 1973, fu ritratta più volte dal compagno. La foto più celebre rimane quella della copertina dell’album Horses. Mapplethorpe all’inizio non pensava di diventare un fotografo. Fu solo per cercare immagini adatte ai suoi collage che si rivolse alla fotografia, inizialmente utilizzando una Polaroid SX-70. Due anni dopo il fotografo passò a una medio formato e cominciò a ritrarre le persone che lo circondavano: artisti, musicisti, celebrità, ma anche attori del cinema porno. Mapplethorpe organizzò le sue prime mostre importanti nel 1977, a New York: una di fiori e un’altra su nudi maschili e immagini sadomaso. Le sue stampe restituivano una gradazione infinita di bianchi e neri, di luci e ombre. Al di là del soggetto, le sue immagini risultavano eleganti e provocatorie al tempo stesso. Un confine era stato rotto, quello che offriva alla visione un coraggio nuovo, mai provato. Si allargavano gli orizzonti verso ciò che non si poteva (né voleva) vedere.

Chi ha avuto la fortuna di visitare quelle mostre si sarà perso dietro una miriade di aggettivi, disobbedendo o approvando quell’anima bacchettona che permeava la cultura americana del tempo. Ancora oggi, però, possiamo dire che dietro le fotografie di Mapplethorpe c’è qualcosa che non ci saremmo aspettati. Ci ha tolto le bende dagli occhi e vediamo oltre il sogno offerto dalla cecità.

La tecnica di Robert Mapplethorpe

Dal punto di vista della tecnica, il fotografo fondò il suo stile tra il classico e il moderno. I nudi, come i fiori, risultavano armonici, impeccabili, levigati, asettici per ambientazione, tanto da ricordare la scultura rinascimentale, in particolare quella di Michelangelo. Il paragone può sembrare esagerato, persino irriverente; a tal punto che siamo costretti a scorgere qualche differenza. L’artista fiorentino viveva il contrasto tra anima e corpo, cercando di trascendere da quest’ultimo in una concezione neo platonica della vita. Robert è attratto dalle contrazioni del muscolo, non le nasconde. Il corpo per lui diventa natura, verità, paesaggio sconfinato nel quale perdersi. Ne sono un esempio i suoi nudi, lussuriosi perché “così è”, scultorei in quanto pulsanti; come il corpo di Lisa Lyon, la prima campionessa di body building femminile.

L’ultimo momento di vita

Robert morì in seguito alle complicazioni causate dall’AIDS, il 9 marzo 1989, a Boston. Patti Smith ricorda quel momento, nel libro Just Kids (2010), con queste parole: «Ci salutammo e lasciai la stanza. Qualcosa mi spinse a tornare indietro. Era scivolato in un sonno leggero. Restai a guardarlo, così sereno, come un bambino vecchissimo. Aprì gli occhi e mi sorrise. “Sei già tornata?” Poi si riaddormentò. L’ultima immagine di lui fu come la prima: un giovane che dormiva ammantato di luce, che riapriva gli occhi col sorriso di chi aveva riconosciuto colei che mai gli era stata sconosciuta».

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