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LA PIU’ AMATA DAGLI ITALIANI

E’ bella Sabrina, formosa al punto giusto, maggiorata si sarebbe detto una volta; ma si esprime con simpatia, in tutte le apparizioni pubbliche. In un certo senso, esprime l’italianità che piace, anche se un po’ omologata: golosa di pasta (matriciana) e tifosa di calcio (romanista). Si è espressa bene nei film d’autore e ha tenuto testa con autorità ai ruoli natalizi, quelli dei cine-panettoni per intenderci.

Bella sì, ma con garbo; persino quando ha messo in mostra le proprie nudità, nel famoso calendario Max del 2000, diventato un record di vendite. Che dire ancora? Poco altro, perché lei è così, coerente con se stessa, per nulla spavalda. Forse ringrazia la vita per quanto le ha dato. Bene così.

Sabrina Ferilli nasce a Roma il 28 giugno del 1964, da mamma casalinga e papà impiegato dell'allora Partito Comunista. E’ bella, formosa, ma anche simpatica e comica, per nulla ingessata. Cresciuta nell’hinterland romano, ha visto il mondo dello spettacolo come un’opportunità da percorrere. Affronta i primi fallimenti con caparbietà, fino a quando nel 1990 viene scelta per “Americano Rosso”. Da lì, inizia una carriera ricca di successi, nel grande e piccolo schermo.

Nel 1994 con il film "La bella vita" di Paolo Virzì vince un Nastro d'argento come miglior attrice protagonista. La sua autoironia la porta a festeggiare lo scudetto della Roma presentandosi nuda al Circo Massimo, davanti alla folla festante (24 giugno 2001). Dopo alcuni cine-panettoni (come "Christmas in love", "Natale a New York", "Natale a Beverly Hills" e "Vacanze di Natale a Cortina"), nel 2008 recita in "Tutta la vita davanti", sempre per la regia di Paolo Virzì, vincendo ancora il Nastro d'argento.

Nel 2013 è una delle protagoniste del film Premio Oscar "La grande bellezza", di Paolo Sorrentino. Nel 2015 recita, assieme a Margherita Buy, in "Io e lei", di Maria Sole Tognazzi, film nel quale le due attrici interpretano la parte di una coppia omosessuale, ispirata a "Il vizietto" di Édouard Molinaro. Nel corso della sua carriera, ha vinto cinque Nastri d'argento, di cui uno speciale, per l'impegno civile con la sua interpretazione in "Io e lei".

Giovanni Cozzi, la bellezza che è di dentro.

Conoscere Giovanni Cozzi è stato un privilegio, non per una questione d’interpretazione del suo lavoro e nemmeno di lettura delle immagini. Di lui è stato bello capire l’approccio, il percorso, la sintesi che portava all’approdo: da dove ripartire.

Cozzi parte dalla passione, dalla camera oscura del padre, da una decisione giovanile che è di percorso e non di contenuto, almeno non da subito. Sono i primi ambienti a restituirgli la fatica, l’affanno, i momenti di astenia; con una passione, però, che rimaneva costante: perché la fotografia è bella in quanto varia. I primi posati gli restituiranno il giusto orientamento, magari assieme agli sguardi mai visti: quelli che aumentavano il battito della complicità.

Di pulsione in pulsione, ritroviamo il Cozzi recente, colui che nel tempo ha cercato l’anima entrando dalla porta della bellezza. Il colpo al cuore che lui tendeva a restituire non era soltanto “animale”, ma partiva dal pensiero, dalla consapevolezza di sé: elementi che messi insieme, e richiamati dal soggetto, parlavano di spinta, volo, coraggio; dove si spianava la strada della complicità possibile, della bellezza che è di dentro.

Giovani Cozzi è lì che si rivolgeva, richiamando l’epidermide solo quando serviva: magari per avvicinare un dialogo sottile che vive del momento, per pochi fortunati. Lì nulla si prendeva e nemmeno si dava, non si obbediva e neanche s’imponeva. Non c’era accondiscendenza o falsa disponibilità, solo la volontà pura di un’intesa possibile. Coraggiosa, appunto.

Giovanni Cozzi, note biografiche

Romano classe 1959 (nasce il 1° ottobre), si appassiona alla fotografia già a sei anni, osservando il padre fotoamatore. Adolescente nei turbolenti anni ‘70, inizia a viaggiare. S’iscrive alla Facoltà di Architettura di Roma, dove frequenta i corsi di Storia dell’Arte Moderna e contemporanea tenuti da Achille Bonito Oliva.
A vent’anni decide di fare della fotografia la sua professione, seguendo il jet set internazionale e in particolare Carolina di Monaco, Lady Diana e Carlo d’Inghilterra. Sarà persino accreditato dalla casa reale inglese a documentare il lungo viaggio di nozze dei reali in Italia. In seguito a una profonda crisi personale, abbandona l’attualità e inizia a dedicarsi alla fotografia di scena e al ritratto femminile, con una predilezione per il glamour di stile anglosassone. Nel 2002, pur continuando la collaborazione con alcune realtà professionali, si ritira in una località isolata per dedicarsi alla ricerca artistica, alla regia e al mondo della musica.

Giovanni Cozzi ci lascia nel maggio 2014, all’età di 55 anni.

Il fotografo, Alessandro Dobici

Alessandro Dobici nasce a Roma il 14 dicembre 1970. Ha otto anni quando, d’estate, sua madre gli chiede di ritrarla in quello che è il luogo delle loro vacanze da sempre, Capodarco di Fermo, nelle Marche. Alessandro prende in mano la macchina fotografica per la prima volta, ed è subito attrazione. Dieci anni dopo, per il suo diciottesimo compleanno, quando riceve in regalo dai due fratelli maggiori un sassofono elettronico, non ha esitazioni: lo cambia con una reflex, una Yashica fx3 – 2000. Con quella, comincia a fotografare tutte le volte che può, prediligendo alle persone paesaggi e oggetti. «All’inizio fotografavo solo paesaggi perché non volevo interagire con le persone. C’ero solo io, il mio obiettivo, nessuno poteva vedere ciò che guardavo. Poi col tempo ho capito che fare fotografie poteva essere il più importante, gratificante e bel modo di esprimere me stesso e di conoscere gli altri».

Insieme alla fotografia coltiva un’altra passione, il volo. Studia, si diploma in costruzioni aeronautiche, ma poi, come sempre, arriva il momento di scegliere. Decide che vivrà di fotografia e trova lavoro come assistente in un laboratorio di sviluppo e stampa, così riesce, fuori orario, a stampare anche le sue immagini, nello sforzo continuo di migliorare. Nel 1993, grazie a uno dei fratelli, ottiene un incontro con il noto fotografo Giovanni Cozzi e diventa il suo assistente. Lascia il laboratorio di cui nel frattempo era divenuto responsabile. È nello studio di Cozzi che impara che cos’è e come si gestisce un set fotografico. Sei mesi dopo, Alessandro inizia a scattare book e a fare progetti di reportage. Un anno più tardi, con l’aiuto del padre, rileva una quota dello studio di Cozzi.

Nel 1994 va a Cuba come assistente per un servizio di moda. Quando non è impegnato sul set, gira l’isola e realizza un reportage. Nel 1995 è in Islanda, ancora per un servizio di moda. S’innamora del Paese dove tornerà, negli anni seguenti, altre cinque volte. Molte delle immagini del progetto espositivo sono state riprese in questa terra lontana. Dopo tre anni nello studio di Giovanni Cozzi si sente maturo e alla fine del 1997 decide di rendersi indipendente in uno spazio proprio.

La prima pubblicazione importante arriva nel 1996 con il settimanale Max: è un servizio fotografico ad Alessandro Gassman. Da allora, Dobici s’impone come ritrattista, amato dai più noti personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura e della politica. I suoi ritratti sono pubblicati su prestigiose testate, tra cui Amica, King, L’Espresso, Harperʼs Barzaar, Max. «Mi interessa capire cosa c’è dietro e cosa hanno da dire le persone che incontro e fotografo. Il ritratto è un’occasione unica di poter rendere pubblico il mio punto di vista. E quando ritraggo un personaggio, cerco di raccontare la mia percezione sulla sua essenza, prima che sulla sua immagine».

Nel 1996 realizza le fotografie di scena del film di Bigas Luna Bambola. Trovandosi sul set, la rivista Ciak lo invita a realizzare un servizio di ritratti al regista che rimane colpito dal lavoro di Dobici e lo vuole ancora come fotografo di scena nei film “La Cameriera del Titanic”, con Aitana Sanchez Gijon, e “Volaverunt”, con Penelope Cruz.

Appassionato anche di musica, decide nel 1996 di mettersi in contatto con Claudio Baglioni. Gli invia il suo book, senza sperare in una risposta. Invece, Baglioni lo chiama e lo incontra. Dobici torna in studio senza il ritratto del cantante, ma con qualcosa di molto più importante: la promessa di realizzare un libro. Diventa così il fotografo ufficiale di Claudio Baglioni. Lo segue durante i tantissimi concerti e i progetti speciali condivisi che costruiscono e cementano una collaborazione e un’amicizia che dura ancora oggi, da più di ventʼanni.

Nel 1998 esce “C’era un cavaliere in bianco e nero”, pubblicato da Mondadori con oltre 250 fotografie di Baglioni tra ritratti e fotografie riprese durante i tour del cantante. Dobici firma anche la direzione creativa del volume insieme a Guido Tognetti.

Nel 2001 fonda a Roma la Contents, uno spazio polifunzionale di 500 mq. La sua attività professionale s’intensifica, affermandosi anche nel campo della pubblicità, contribuendo al successo di importanti campagne per Fendi, Belstaff, Reebok, Hoya, Tim, Alice.

Dobici continua a viaggiare e torna a Cuba nel 2002 e nel 2004 per realizzare le campagne pubblicitarie di Valtur. Essendo responsabile dell’immagine dell’azienda a livello mondiale, gira in quegli anni tutto il mondo.

Nel 2002 viene chiamato da David Zard, uno dei più importanti produttori musicali italiani, per curare l’immagine del musical Notre Dame de Paris. Replica l’esperienza nel 2013 con Romeo e Giulietta. Dal 2004 al 2006 insegna fotografia alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma. La mostra “Alessandro Dobici, vent’anni di fotografia” è stata esposta a LʼAvana, Cuba, presso lʼInstituto Cubano de Amistad con los Pueblos dal 3 al 30 giugno 2017. Nel 2018 il Chiostro del Bramante a Roma e nel 2019 il Real Albergo dei Poveri a Palermo, e la Chiesa di San Calogero a Nicosia hanno ospitato le sue opere. Nel 2018 la RAI realizza un documentario biografico sulla sua vita e il suo lavoro. Nel 2019 viene trasmesso in prima serata su RAI5.

Le fotografie sono di Giovanni Cozzi (la prima) e Alessandro Dobici.

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