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RICORDANDO MARLON BRANDO

Il 1° luglio 2004, muore a Los Angeles Marlon Brando. Dopo aver studiato recitazione all’Actor's studio, debutta al cinema nel 1950, con “Uomini”, iniziando una lunga serie di successi tra cui “Il selvaggio”, “Fronte del porto”, per cui gli venne attribuito l’Oscar, “Bulli e pupe”, “I giovani leoni” e “L’ammutinamento del Bounty”.

Dopo un periodo di declino, Brando torna, negli anni ’70, sul grande schermo con “Ultimo tango a Parigi”, “Il Padrino”, “Apocalypse now”.

Per “Il Padrino”, Brando riceve il suo secondo Oscar. Confermando il suo atteggiamento ribelle e anticonformista, Brando rifiuta di ritirare la statuetta e invia alla cerimonia una giovane indiana a tenere in sua vece un discorso di denuncia e di protesta contro l'ambiente hollywoodiano.

Nato a Omaha, Nebraska, il 3 aprile 1924, Marlon Brando prima di fare l'attore tenta inizialmente la carriera militare. Si trasferisce a New York e frequenta un corso di arte drammatica, debuttando nel 1944 a Broadway. Tre anni più tardi trionfa in teatro con "Un tram che si chiama desiderio". Nel 1950, frequenta il celeberrimo Actor's Studio, che gli apre le porte per il cinema.

Il vero successo gli arriva però nel 1951 con la versione cinematografica di "Un tram che si chiama Desiderio" (regia di Elia Kazan, con Vivien Leigh). Sullo schermo Marlon Brando è bello, ma anche duro, sensibile e ribelle. Purtroppo, negli anni a venire Brando perde del tutto la magnifica forma fisica. Arriverà a pesare qualcosa come 160 Kg.

Negli anni '70 Marlon Brando riesce a resuscitare. Nel 1972 interpreta con successo il ruolo di Don Vito Corleone nel film "Il Padrino", di Francis Ford Coppola. Nello stesso anno recita nel film scandalo "Ultimo tango a Parigi", di Bernardo Bertolucci. Nel 1979 è la volta di un’altra grande interpretazione, quella del colonnello Kurz in "Apocalypse Now" di Francis Ford Coppola. Qualcuno lo osanna come il miglior attore di sempre.

Per capire la grandezza di Brando è significativa una battuta di Al Pacino, poi divenuta celebre, che ha recitato con lui ne "Il padrino": "È come recitare con Dio".

Due grandi ci vengono in soccorso per ricordare Marlon Brando: sono Avedon (manco a dirlo) e Mary Ellen Mark. Di Richard ci piace l’interpretazione: il duro, a torso nudo, che fuma una sigaretta mentre si rade. Nell’immagine della fotografa esce il “calco” del personaggio cinematografico: un’icona per sempre.

Il fotografo Richard Avedon

Richard Avedon nasce il 15 Maggio 1923. Ci stiamo comunque riferendo a uno dei fotografi più prolifici della seconda metà del XX secolo. Molti lo definiscono come il più importante fotografo di moda di tutti i tempi, ma noi gli abbiamo riconosciuto altri meriti, particolarmente nel ritratto. Al di là del genere comunque (fashion o portrait che sia), guardando a ritroso il lavoro del maestro, ne riconosciamo forza e coerenza, che andavano al di là delle singole interpretazioni. Di lui ci è sempre piaciuto il “potere”, quello buono; lo stesso che gli permetteva di lavorare sul soggetto con assiduità, senza limiti.

Richard Avedon è nato a New York City, figlio d’immigrati ebrei russi che possedevano un grande magazzino a Manhattan. In gioventù ha messo in mostra un’attitudine letteraria forte. Determinanti per lui sono stati gli studi con Alexey Brodovitch, presso il Laboratorio di Progettazione della New School for Social Research. La New York del tempo offriva tutto ciò che un giovane ambizioso potesse desiderare: teatro, cinema, musica, danza.

A noi piace pensare che Richard abbia vissuto la fotografia con intensità e profonda dedizione, sin dagli esordi: assorbendo tutto quanto potesse dalle lezioni di chi l’ha preceduto. E’ per questo che lui ha esplorato la fotografia in molte delle sue possibilità, anche tecniche. Determinanti, a tale proposito, sono stati i continui passaggi da una medio formato al banco ottico. Assiduità e dedizione vogliono anche dire consapevolezza, considerazione di sé; e lì forse nasce quel potere forte che gli riconosciamo, esercitato di continuo sui propri soggetti.

Molti sono stati gli elementi ispiratori per Avedon. Tra questi ricordiamo Martin Munkacsi, il pioniere della fotografia di moda in esterni. Il nostro però ha unito sapientemente l'esuberanza della fotografia outdoor con la tradizione statica dello studio, dimostrando così di aver assorbito le lezioni del mitico Edward Steichen.

Richard Avedon può contare una carriera lunga 60 anni, durante i quali ha ottenuto numerosi premi e per i quali è stato indicato da molti come il "re dei fotografi di moda". Avedon l’ha affrontata con uno stile senza precedenti. Per la prima volta l’approccio fotografico in una rivista di moda era fresco, anche divertente. Le immagini vivevano di una strana combinazione: erano costruite, ma allo stesso tempo mostravano un'aria di spontaneità mai vista prima.

I lettori delle riviste rimasero stupiti quando videro un modello sui pattini da Place de la Concorde, ma la rivoluzione totale venne compiuta quando Avedon ritrasse un’elegante Dorothy Horan (Dovima) con un abito Dior, assieme a degli elefanti. La dissonanza tra la pelle ruvida dei pachidermi e la squisita grazia del modello si rivelò una vera bomba. Come dissero in molti: “La fotografia di moda non sarebbe stata mai la stessa”.

Avedon aveva trasformato una disciplina statica e monotona in un genere vivo. Tutte le componenti del set (i capelli, il trucco, i vestiti, il corpo) diventavano uno spettacolo. Questo non deve sorprenderci: Avedon amava il teatro quasi quanto la fotografia (come Josef Koudelka). Tra l’altro Richard aveva prodotto molte delle copertine della rivista Theater Arts: la teatralità veniva trasferita al mondo della moda.

La moda di Avedon influenza anche il cinema. Nel 1957 esce nelle sale Funny Face (Cenerentola a Parigi), diretto da Stanley Donovan per la Paramount Pictures. Il lungometraggio era interpretato da Fred Astaire e Audrey Hepburn. Il personaggio di Astaire era liberamente ispirato alla figura del fotografo Richard Avedon, le cui foto appaiono nel film.

Come dicevamo, Avedon deve essere considerato anche (e soprattutto) come un grande ritrattista, probabilmente uno dei più grandi della storia della fotografia. Di fronte alla sua macchina fotografica di grande formato sono sfilate tutte le personalità famose del suo tempo. Essere fotografati da Avedon rappresentava una sorta di "certificato di celebrità".

I volti famosi rappresentano per il fotografo una lama a doppio taglio nei termini dell’immagine da produrre. Se ci si fida del personaggio preconfezionato, tutto può apparire facile; ma quando si cerca la profondità, probabilmente il soggetto erigerà una barriera. Avedon ha saputo attraversare le false ipocrisie, arrivando al nucleo della personalità.

Ingrid Bergman appare con un volto senza precedenti; ma il caso più evidente è il ritratto del 1957 che vede coinvolta Norma Jean Baker. Anche se il titolo dell’immagine recita "Marilyn Monroe, attrice" la donna che appare è stanca, spogliata dei successi di Hollywood, finalmente bambina.

Avedon era anche un provocatore e usava le sue qualità per ottenere dai soggetti il lato intimo della loro personalità. Un esempio? Il servizio che vide coinvolti i duchi di Windsor. Erano arrivati al Waldorf Astoria accompagnati dalla regalità maestosa della loro immagine. Dopo un'ora di lavoro, Richard non era riuscito a eliminare la loro impassibilità aristocratica. Il fotografo si è messo a recitare, arrivando a persino a mentire. “Il taxi che vi è venuto a prendere”, disse, “ha investito un cane, che è deceduto”. L’artista raggiunse il suo scopo, anche se per una via non ortodossa.

Avedon è ricordato anche per una serie di ritratti scattati a 752 persone tra il 1979 e il 1984. Si tratta della famosa serie del West americano. Richard aveva fotografato modelle, gli artisti più influenti, i politici più potenti; decide così di cambiare i suoi orizzonti, concentrandosi sulla gente comune. Per portare avanti il suo progetto, il nostro visitò diversi stati degli Stati Uniti occidentali, per incontrare i minatori, le persone senza fissa dimora, le casalinghe, i prigionieri, i predicatori itineranti.

Avedon rimane fedele al suo stile di lavoro: uno sfondo bianco, la fotocamera di grande formato e la “ferocia” del suo sguardo. Richard non cerca la coerenza con i soggetti, ma li affronta con la stessa furia creativa utilizzata con George Bush Sr. e Henry Kissinger.

La fotografa, Mary Ellen Mark

Mary Ellen Mark ha scattato prevalentemente in bianco e nero ed è stata autrice d’innumerevoli immagini iconiche: dai giovani senzatetto a Seattle, fino alle prostitute a Bombay. Qualunque sia stato il soggetto prescelto, la fotografa non ha avuto difficoltà a riceverne la dovuta risonanza dopo gli scatti. Il suo lavoro è andato avanti per oltre quarant’anni. "Fotografare il mondo così com'è”, diceva sempre. “Non c'è niente di più interessante della realtà". Lei s’immergeva nella vita dei suoi soggetti, a volte dedicando intere settimane per ottenere lo scatto perfetto.

Il pubblico italiano la ricorderà per le foto di Fellini, durante la lavorazione di Satyricon; ed è stata tra i primi fotografi a realizzare un reportage sull'attività caritativa e umanitaria di Madre Teresa di Calcutta, sulla quale ha pubblicato un libro nel 1985. Sedici collezioni dei suoi lavori sono state esposte in varie gallerie e musei del mondo.

Nata a Filadelfia il 20 marzo 1940, ha studiato pittura e storia dell'arte alla Pennsylvania University, dove si è poi specializzata in fotogiornalismo (1964). Ha iniziato la carriera di fotografa dopo avere pubblicato un reportage sulla droga, a Londra, nella rivista "Look" (1968). Nella prima metà degli anni Sessanta Mark ha viaggiato in Turchia, Inghilterra, Germania, Grecia, Italia e Spagna. Nel 1966 si stabilisce a New York, dove per diversi anni fotograferà le dimostrazioni pacifiste contro la guerra in Vietnam, i movimenti di liberazione delle donne, la cultura omosessuale, sviluppando una sensibilità "lontana dalla società tradizionale, orientata verso le frange della popolazione più travagliata". Come Mark stessa ha avuto modo di affermare: "Sono interessata alle persone borderline”. “Provo affinità per coloro che non sono riusciti a realizzarsi nella nostra società”. “Quello che voglio fare più di ogni altra cosa è riconoscere la loro esistenza".

Mark è stata, infine, fotografa di scena nel mondo della cinematografia, su vari set, tra cui "Apocalypse Now" (1979).

La fotografa muore a New York il 25 maggio 2015

Le fotografie

Richard Avedon. New York 19 aprile 1951

Mary Elle Mark. Marlon Brando in “Apocalypse now”.

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