LAURA CHIATTI, TRA CINEMA E TV
Laura Chiatti nasce il 15 luglio del 1982 a Castiglione del Lago, in provincia di Perugia. Nel 1996 vince il concorso di bellezza "Miss Teenager Europa", debutta al cinema due anni più tardi, nel film di Antonio Bonifacio "Laura non c'è", cui seguono nel 1999 "Vacanze sulla neve" e "Pazzo d'amore", entrambi diretti da Mariano Laurenti.
Nel 2000 esordisce in televisione recitando in "Un posto al sole", soap opera in onda su Raitre; in seguito, appare in "Compagni di scuola", al fianco di Riccardo Scamarcio. Sempre in TV, è nel cast di "Carabinieri", fiction Mediaset. Sulla Rai, invece, è tra i protagonisti di un episodio ("Tre spari nel buio") della quarta stagione di "Don Matteo".
Nel 2006 Paolo Sorrentino la vuole per "L'amico di famiglia", dove è al fianco di Fabrizio Bentivoglio; Francesca Comencini, invece, la dirige in "A casa nostra", accanto a Luca Zingaretti e Valeria Golino.
Nel 2009 - anno in cui vince il Premio Simpatia ritirato al Campidoglio - Laura Chiatti è al cinema accanto a Diego Abatantuono in "Gli amici del bar Margherita", di Pupi Avati e ha un piccolo ruolo nel kolossal di Giuseppe Tornatore "Baarìa". Laura si dedica anche alla commedia, venendo scelta come protagonista da Carlo Verdone per il suo film "Io, loro e Lara", prima di apparire nella pellicola di Sofia Coppola "Somewhere".
Nel 2011, l’attrice fa parte del cast di "Manuale d'amore 3", commedia di Giovanni Veronesi in cui recitano anche Carlo Verdone e Robert De Niro. L’anno successivo recita per Marco Tullio Giordana in "Romanzo di una strage", film ispirato alla strage di piazza Fontana, con Pierfrancesco Favino; in televisione, invece, compare nella miniserie di Leone Pompucci "Il sogno del maratoneta", trasmessa su Raiuno, che racconta la storia romanzata dell'atleta emiliano Dorando Pietri (interpretato da Luigi Lo Cascio).
Nel 2013, debutta come presentatrice tv, affiancando Max Giusti e Donatella Finocchiaro nel varietà di Raiuno "Riusciranno i nostri eroi". Viene poi invitata come ospite alla terza serata del Festival di Sanremo 2013, dove ha l'occasione di duettare con Al Bano.
Nello stesso anno, è testimonial di Acqua Rocchetta, mentre al cinema è protagonista di "Pane e burlesque", di Manuela Tempesta. Sposata con Marco Bocci, Laura Chiatti ha due figli, Enea e Pablo.
La fotografia di Laura Chiatti
Questa volta dedichiamo una sola immagine alla celebrità di turno. Lo facciamo per offrire più valore a un ritrattista particolare: Maurizio Galimberti. Lui da anni si dedica al Polaroid e allo “sviluppo immediato” in genere. Si è poi distinto per i suoi mosaici. Lo abbiamo incontrato più volte.
Il ritratto di Laura Chiatti comparso in copertina nel primo numero del 2017 di Image Mag.
Maurizio Galimberti, un incontro. Gennaio 2017
Incontriamo Maurizio Galimberti in casa sua, a Milano. Ci accoglie con ospitalità. Un lungo corridoio ci conduce in una sala piena di libri. Alle pareti fanno mostra di sé alcuni suoi mosaici. Una tenda bianca si gonfia di sole e di vento. Usciamo in terrazzo, prendiamo un caffè. Siamo imbarazzati nel parlare con lui, soprattutto perché non sappiamo da dove iniziare. Lui è il fotografo e l’artista, ma anche il pensatore che plasma le immagini con le mani, lo sperimentatore che compone e ricompone, l’interprete che fa suo il proprio tempo, allungandolo se serve. È perfino studente, quando vuole; perché è nell’applicazione che vive il suo pensiero fotografico. Tante cose, troppe: difficile trovare un pertugio.
Siamo abituati a parlare con fotografi che diventano come noi quando poggiano la fotocamera sul tavolo. Lo strumento, nel loro caso, diventa elemento di coesione con il linguaggio fotografico, ma solo quando serve. Subito dopo, proprio scatola e obiettivo possono fungere da separatori: l’uomo da un lato e l’immagine da un altro. Forse stiamo esagerando, certo è che Maurizio è interprete e strumento. La fotografia vive in lui permeandosi delle sue stesse sensazioni, degli stati d’animo che lo accompagnano. Manipolazioni e mosaici rappresentano quasi un’esigenza fisica e mentale, per dare sfogo all’arte, assorbita nel pensiero fino a diventare idea.
A questo punto sarebbe facile scoprire come Cubismo, Dadaismo e Futurismo abbiano lasciato tracce importanti nell’ispirazione di Galimberti, assieme ovviamente al surrealismo e all’arte concettuale di Marcel Duchamp. È lui stesso a dircelo, e soffermandoci sulle definizioni rischieremmo di rendere più impermeabile l’anima del fotografo – artista. Lui è interprete e strumento, dicevamo; così, forse (non ce ne voglia Maurizio), la sua personalità si divide proprio durante il Click. Tutto è già avvenuto, prima; e molto deve ancora accadere. “Spellicolerà”, per guardare, solo quando vorrà, dopo un tempo necessario. Le verifiche non occorrono, perché i significati sono dentro di lui già prima e subito dopo quel Click: quando l’idea si riposa. Tra lo scatto e l’artista, appunto.
Maurizio Galimberti, ritratto in frammenti
Il ritratto fotografico tende a esprimere una persona attraverso l’immagine, quindi entra nella sua psicologia; in caso contrario si rischierebbe di ridurre il soggetto al rango di oggetto. Un ritratto ben fatto fa del soggetto un personaggio, una presenza alla quale non si può restare indifferenti, anche se la persona che ha posato non riveste per lo spettatore un particolare interesse.
Resta però il tema della posa, dove il soggetto vive tra il mito (o la paura) della fotogenia e il desiderio di recitare. Richard Avedon diceva così: “Tutti andiamo in scena”. “E’ ciò che facciamo per gli altri, tutto il tempo, deliberatamente o senza intenzione”. “E’ un modo per raccontare di noi stessi nella speranza di essere riconosciuti, per quello che vorremmo essere”.
Il fotografo statunitense ha anche espresso opinioni circa il contenuto del ritratto. Soleva dire: “Un ritratto non è una somiglianza”. “Il momento, un'emozione o fatto che si trasforma in una fotografia non è più un fatto ma un'opinione”. “Non esiste una cosa come l’inesattezza in una fotografia”. “Tutte le fotografie sono accurate”. “Nessuna di loro è la verità”.
Innovativo, tagliente, attentissimo. Richard Avedon è da sempre considerato il “potere” nella fotografia. Lui non ha mai avuto alcun riguardo a portare alla luce, gli aspetti più intimi dei protagonisti-soggetti, scardinando pose e recitazioni. Ciò ha sollevato qualche “timore” da parte delle persone ritratte; “Sia clemente con me”, ha dichiarato Henry Kissinger prima di una session.
Anche Maurizio Galimberti è riuscito a raggiungere l’intimità della persona ritratta, con uno stile tutto personale. Ha detto: “Appoggiando la mia fotocamera in faccia alla persona, questa non riesce a darsi un atteggiamento, rimane spiazzata, colta di sorpresa”. “Da ciò deriva la forza del ritratto”. “Venendo fuori l’autenticità, ciò che si è dentro, non c’è la contaminazione della posa”. “Il mio ritratto non è estetico, ma interiore”.
Quella di Galimberti non è una semplice fotografia, piuttosto una sorta d’esplorazione. Il soggetto è inerme e lui gli gira attorno, scattando; producendo anche frammenti di spazio e istanti. Qui sta il segreto del suo stile: è in grado di aprire tante finestre d’interpretazione, numerosi specchi sui quali riflettere nel tempo. Sì, perché quest’ultimo si dilata oltre il click, più in là di quell’istante magico cercato in fotografia. Il ritratto di Galimberti è un lavoro di costruzione, dove il soggetto si ricompone a partire dall’intimità. Non c’è finzione, potremo dire; piuttosto un lavoro a due: dove la persona ritratta aspetta consapevole il risultato del maestro. Non c’è timore in lei, bensì solo curiosità. Sarà bello riscoprirsi per come non si è mai visti. Meravigliandosi.
Maurizio Galimberti, note biografiche
Maurizio Galimberti nasce nel 1956 a Como. Mentre frequenta l’istituto per geometri, sviluppa una precoce passione per la fotografia e partecipa a numerosi concorsi. All’inizio usa la pellicola analogica, ma ben presto passa alle polaroid, per vedere subito il risultato del suo scatto senza aspettare. La scelta della polaroid si rivela azzeccata, perché la pellicola istantanea produce dei colori magici.
Nei primi anni ’90 Galimberti abbandona l’azienda edile della famiglia per dedicarsi esclusivamente alla fotografia. Nel 1991 inizia a collaborare con la polaroid, diventandone il testimonial ufficiale. Nel 1995 esce il volume Polaroid Pro Art e nel 1997 i suoi mosaici di polaroid entrano nel mondo del collezionismo d’arte.
La tecnica di Galimberti, che risente dell’influenza di Boccioni e di Duchamp, consiste nel fare un collage di polaroid ciascuna delle quali riproduce un particolare diverso dell’immagine da ritrarre. Grazie a questa tecnica particolare Galimberti arriva al primo posto nella classifica dei foto-ritrattisti italiani della rivista Class e partecipa come ritrattista a diverse edizioni del Festival del Cinema di Venezia, immortalando i divi del cinema, come Johnny Depp. Anche alcune importanti aziende (Fiat, Caffé Illy, Lancia, Nokia) gli commissionano delle opere.
La fotografia
Laura Chiatti fotografata da Maurizio Galimberti