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RICORDANDO GUARESCHI

Il 22 luglio 1968 muore a Cervia Giovannino Oliviero Giuseppe Guareschi. Nato a Fontanelle di Roccabianca, in provincia di Parma, il primo maggio 1908, è stato scrittore e giornalista, ma anche un ottimo disegnatore di caricature umoristiche. Ha venduto oltre 20 milioni di libri in Italia e nel mondo. La sua creazione più famosa è “Don Camillo”, il robusto parroco che parla col Cristo dell’altare maggiore. Il suo rivale è il sindaco comunista del paese, l’agguerrito Peppone, diviso fra il lavoro nella sua officina e gli impegni della politica. Tra i due, però, vive una stima profonda, che nasconde una fervida amicizia.

Guareschi iniziò giovanissimo a fare il giornalista a Parma, ma emigrò presto anche a Milano. Di temperamento forte, si mette a scrivere per la rivista umoristica il "Bertoldo", non curandosi del regime fascista allora dominante in Italia. La sua avversione per la dittatura non passa però inosservata: catturato e incarcerato, nel 1943 viene deportato in Germania e poi in Polonia.

Dopo due anni di Lager torna in Italia e fonda "Il Candido", un altro settimanale di satira, sul quale conduce battaglie antigovernative e "antipolitiche". Nel 1954 è di nuovo agli arresti, con delle motivazioni poi risultate infondate. Nel frattempo aveva dato vita con "Mondo Piccolo" alla saga di Don Camillo e Peppone, le anime contrapposte dell'Italia post bellica. Don Camillo, infatti, rappresenta l'antifascista furbo e opportunista, mentre Peppone è un sindaco comunista polemico e petulante, ma sostanzialmente buono. Dalle vicende dei due personaggi sono stati tratti numerosi film.

Nonostante il successo letterario, Guareschi è stato sempre snobbato dalla critica e dall’ambiente intellettuale: da un lato per il linguaggio semplice e popolare, dall’altro a causa di questioni eminentemente politiche. Il tempo ha sdoganato il lavoro dello scrittore di Fontanelle, riscoprendone i valori. Molti dei suoi racconti sono in realtà trasposizioni di fatti reali, che hanno inciso la sua anima fin nel profondo. E poi c’è tanta saggezza di popolo nelle righe che ha regalato al mondo.

Guareschi muore a Cervia il 22 luglio 1968, dimenticato da lettori e critica. In silenzio, prendeva le distanze da un mondo nel quale non si riconosceva più.

Il Po, la bassa reggiana, Guareschi, Zavattini

Il ricordo di Guareschi ci porta immediatamente ai film di Peppone e Don Camillo, interpretati da Gino Cervi e Fernandel. Sono loro ad animare la rivalità tra religione e politica; e poi, tra ricchi e poveri, possidenti terrieri e contadini. I film vivono anche della “qualsivoglietà” del paese; concetto espresso da Zavattini (Luzzara è a pochi chilometri da Brescello) per indicare come qualsiasi piccolo centro abitato possa diventare epicentro di storie, vicende, passioni.

A dire il vero, Zavattini aveva un’idea allargata di “paese” e avrebbe desiderato un’indagine fotografica approfondita della bassa reggiana (e non solo di Luzzara), quella che ha sempre tratto energia dal “Grande Fiume”: nel bene o nel male, seguendone anche i ritmi e le volontà. C’è idealità, in quelle terre, forse pure pazzia. Testimoni ne sono: Ligabue, il pittore, e sicuramente Don Camillo e Peppone. I due parlano dell’Emilia, del Po, dei contadini col cappello, dei baffi, dei portici, di generosità e concretezza. A vederli riconosciamo un modello, quello che esce dai confini della regione per arrivare altrove, persino nei tratti pittorici di Pellizza da Volpedo e del suo “Il Quarto Stato”. I vestiti sono quelli, come i cappelli e i baffi. Lo stesso George Simenon ha riconosciuto Gino Cervi (Peppone) come il suo Maigret ideale, perché leale, schietto, riflessivo ma concreto, persino mangiatore. Emiliano? Perché no.

Una curiosità: nel primo film di Peppone e Don Camillo, il sindaco doveva essere impersonato dallo stesso Guareschi, che poi si rilevò inadatto alla recitazione. Così Gino Cervi passò a interpretare il politico e non il prete, come sarebbe dovuto essere. Per il ruolo del parroco fu scelto Fernandel.

Le fotografie

Luzzara, scorcio della bassa reggiana

Don Camillo e Peppone. “In bicicletta”, di Osvaldo Civirani. L’immagine è tratta dalla mostra “Don Camillo, Peppone e il Crocifisso che parla”, tenutasi nell’estate 2018 a Forte dei Marmi, dove erano esposte 70 opere del fotografo.

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