AGOSTO ALLUNGATO
Agosto ci offre gli ultimi scampoli d’estate, con tutte le sue promesse rimandate all’anno venturo. “Stessa spiaggia, stesso mare”, cantava una canzone anni ’60; ed era un invito a tornare. Sui muri dei luoghi di villeggiatura si leggono eventi già avvenuti, il sole tramonta prima, proprio quando anni addietro si spedivano le ultime cartoline. Oggi abbiamo già fatto tutto col telefono e in tanti sanno di noi, del nostro tempo, di come l’abbiamo trascorso. Il mese, però, ha ancora molto da offrirci; e cercheremo di sfruttarlo fino in fondo. Molti accadimenti sono stati dimenticati, perché già apparsi: la copertina di Abbey Road o il concerto di Woodstock, del quale abbiamo parlato spesso. Ricordiamolo, però: il 24 Agosto 1862, nasce la Lira; mentre il 17 Agosto 1896, viene al mondo Tina Modotti.
Caliamo gli assi: il 22 agosto 1908 nasce Henry Cartier Bresson, il maestro dell’istante. Suo è questo aforisma: “È un’illusione che le foto si facciano con la macchina… si fanno con gli occhi, con il cuore, con la testa”. La frase che racchiude l’essenza del lavoro di Cartier Bresson, lo stile inconfondibile, il suo approccio con la macchina fotografica; lo strumento dell’intuito e della spontaneità. Ne parleremo.
Per finire, il 19 agosto 1839, in una riunione dell'Accademia delle Scienze e dell'Accademia delle Belle arti, a Parigi, venne presentato nei particolari tecnici il dagherrotipo: un processo tramite il quale “disegnare con la luce”. Nasceva la fotografia: un compleanno da festeggiare. Ha fatto nascere la nostra passione.
Una curiosità: il 17 Agosto 1982, nasce il CD
Quanti CD abbiamo già maneggiato? Inutile contarli: troppi. Ebbene il 17 Agosto 1982 venne stampato il primo Compact Disc musicale, presso la fabbrica Philips di Hannover. Si trattava dell'album “The Visitors”, del gruppo musicale svedese ABBA. Il primo LP (ma ormai non si sarebbe più chiamato così) a essere commercializzato, però, sarebbe stato “52nd Street” di Billy Joel, venduto dal 1 Ottobre 1982 in Giappone, assieme al lettore. Conteneva Honesty, un successo ai tempi. Oggi la musica è diventata liquida e la si ascolta senza più supporti. Viene a perdersi il valore di un altro gesto: quello del “play” sul lettore, ma ormai ci siamo abituati. Consoliamoci con la lettura.
Fotografia da leggere
Il primo maggio 1914 tre giovani contadini del Westerwald, i fratelli Kinder, si dirigono verso una festa di paese per ballare e svagarsi. Nel tragitto si imbattono in un fotografo in bicicletta che, affascinato dai loro volti e dalla situazione, si offre di ritrarli vestiti a festa. È August Sander e diventerà uno dei più importanti fotografi tedeschi della prima metà del ‘900. Pochi mesi dopo l’Europa precipiterà nel gorgo della guerra sconvolgendo le vite e i destini dei tre protagonisti di quello scatto.
Molti anni dopo, negli Stati Uniti, un giovane vede la foto esposta in un museo e ne rimane affascinato. Ben presto scoprire il mistero delle origini di quel ritratto così inusuale diventa la sua ossessione. La sua ricerca scorre parallela a quella del redattore di una rivista che, avendo trovato una copia della foto tra i ricordi di famiglia, è costretto a scavare nel passato per capire cosa lo unisca a quegli uomini.
Tre storie, cinque vite, che si snodano attraverso i grandi eventi del XX secolo e che, solo alla fine, convergeranno, mostrando al lettore i nessi sorprendenti che possono esistere tra il mito, la grande storia e le vicende di ognuno di noi.
(Fonte, la Nave di Teseo)
Tre contadini che vanno a ballare. Edizioni: La Nave di Teseo
Il valore della fotografia, un racconto
Agosto 2057
John era arrivato in paese che era mezzogiorno. Col “Trittico”, dalla città aveva impiegato sette minuti. Nelle vie e tra le case, nessuno camminava. La gente attonita, immobile, consultava il proprio tablet: solo così avrebbe saputo cosa fare e dove recarsi. L’agglomerato era carino, antico, un po’ scrostato nei palazzi. John riconosceva quanto aveva letto nella lettera, quella conservata in cassaforte per anni. In piazza della Libertà guardò verso l’alto: uno sciame di droni entrava e usciva dalle finestre, portando cibo, acqua, tablet. Nessuno parlava, si udiva solo un brusio lontano, come quello di tanti Computer accesi, in ogni dove. John camminò ancora attorno alla piazza. Bancarelle antichissime vendevano pesce fritto, pollo, memorie di massa, tablet. All’antica Trattoria una voce diceva: “Oggi Sushi”; e ripeteva tutto in cinese. John, più tardi “l’Americano”, avrebbe voluto capire. In Nebraska, da dove proveniva, la gente aveva iniziato nuovamente a parlare, emettendo suoni gutturali. Lì no. Le poche scritte sui muri mostravano uno stile orientale.
John, l’Americano, percepì un suono diverso, solo per un attimo. Veniva da un negozio della piazza. Una persona anziana era seduta per terra. Piangeva.
“Perché piange?”, chiese John.
Il vecchio sembrò non capire. Il ragazzo di fronte a lui si esprimeva con una lingua ormai antica, della quale si conservava memoria unicamente nei paesi montani, quasi un dialetto. “Come parli ragazzo?”, chiese. “A scuola non s’insegna più la tua lingua, dove l’hai imparata?”. “A Boston”, rispose l’Americano. “Là esiste un museo dove vengono conservate tutte le lingue arcaiche del mondo: l’italiano, il francese, lo spagnolo, il tedesco e altre ancora”. “Conosci il cinese?, chiese il vecchio. “Solo un poco”, rispose il ragazzo. “Parlo abbastanza bene la lingua del mondo, quella dei tablet”. I due rimasero in silenzio per qualche attimo. Il vecchio, ancora seduto, poggiò le braccia sulle gambe flesse, reclinò il viso e iniziò ancora a piangere.
“Cosa l’affligge?”, domandò John.
“70.000 renminbi per una fotografia: non posso permettermela”, fu la risposta dell’anziano. “Ho speso tutti i miei soldi per i tablet”.
“Si trovano ancora le fotografie?”, chiese John.
“Sono rarissime, quasi introvabili”, fu la risposta. “Quella che volevo mostrava i miei vecchi: un po’ di memoria per i miei pensieri”.
A John s’illuminò il volto. In America aveva visto solo un’immagine su carta, a Boston. “Era bellissima”, si disse.
“Ne vendono altre?”, chiese l’Americano al vecchio.
“Non so dirti” rispose l’altro. “In paese si diceva che in questo negozio ce ne era una e sono venuto giù, col Grande Drone”.
“Io ho trovato questa”, disse John, e mostrò al vecchio una lettera ingiallita.
“Che bella!”, “E’ rarissima”, “Quanto l’hai pagata?”.
Agosto 1944
Era facile vederli assieme: lei, Adele, ragazza del luogo; lui, Fred, soldato US del Nebraska. Spesso stavano seduti l’uno di fianco all’altra, senza parlare. Il loro atteggiamento non lasciava presagire ad alcuna relazione, tanto che alcune donne “mature” chiedevano: “Ma voi fate l’amore?”. Probabilmente c’era stato di più: l’attrazione, il piacere, e pure il desiderio di frequentarsi, non appena fosse stato possibile. Adele era carina. Bassotta di statura, mostrava un corpo perfetto e un viso da fare invidia. Fred, alto e slanciato, biondo, meravigliava per la sua corpulenza: volto tagliato, spalle larghe, fisico atletico. “E’ bello qui”, diceva lui guardando l’orizzonte. “Avete i monti, le colline; da me in Nebraska sono solo pianure e strade che corrono dove non puoi vedere”. Adele ascoltava illuminata, a volte senza parlare. Sentiva che il suo Fred poteva essere per sempre: oltre l’oggi, oltre la guerra; perfino al di là dei monti, ormai lontani anche solo al pensiero. La guerra finiva e nessuno vide più Adele e Fred. Lei ogni tanto riceveva delle lettere, alle quali rispondeva con l’aiuto del parroco. Nell’ultima vi era scritto: “Adele, vieni in Nebraska, non posso più stare senza te”. Nella missiva si raccontava anche di un brutto sogno: “Ho visto lampi, Adele; e poi esplosioni improvvise”. “Ondate di caldo si diffondevano per tutto il pianeta”. “La tua valle era animata da uccelli elettrici”. “Nessuno parlava”. “Dobbiamo salvarci, ma anche mettere in salvo chi verrà dopo di noi”. Adele era partita contro il volere dei suoi. Era stato il Parroco a convincerli. “Si parlavano col cuore”, spiegò. Dopo un mese di nave, la ragazza arrivò in America e rivide il suo Fred. In tasca portava l’ultima lettera ricevuta.
Agosto 2047
Faceva caldo, anche quell’anno. Il paese era diverso da come oggi possiamo immaginarlo. In soli vent’anni erano cambiate tante cose. La ferrovia locale, per anni in predicato di chiudere, risultava frequentatissima. I lunghi convogli vennero sostituiti dai “Trittici”, piccoli treni costituiti da tre ovetti, velocissimi e puntuali, dalle corse frequenti. Le auto, silenziose, ma anche rare, montavano propulsori elettrici. Non esistevano più i giornali, le fotografie, i documenti stampati, le lettere, le cartoline. Tutto era “smart”, consultabile a video. I bambini non correvano più, né giocavano “a pallone”. Le mamme, esasperate, facevano indossare loro dei caschi “virtuali”, con i quali i figli conoscevano il mondo. Anche gli adulti ricorrevano a realtà artificiali: per viaggiare, divertirsi, informarsi, amare. Vi era stato un ulteriore crollo delle nascite.
Si parlava meno, lì come nel mondo. I dialetti erano scomparsi, ma anche le lingue ufficiali. Vigeva il lessico globale, quello “smart” degli apparati elettronici. L’italiano era relegato agli strati sociali meno abbienti, come le altre lingue del resto: cinese compreso, che comunque aveva preso piede nei due decenni precedenti.
Quell’agosto, però, verrà ricordato per un evento straordinario. Un Capo di Stato orientale aveva attuato degli esperimenti nucleari. Non si sa come, ma in tutto il pianeta si accesero dei campi magnetici intensi e improvvisi. Le memorie artificiali vennero cancellate e, con esse, tutto quanto riguardasse l’individuo: la sua storia, le sue conoscenze, le responsabilità, la consapevolezza di sé. I governi produssero dei tablet da distribuire alle popolazioni. Nulla di speciale: contenevano solo delle informazioni essenziali, quasi delle istruzioni per l’uso. Senza di queste, la gente non avrebbe fatto nulla.
Accadde anche un fenomeno strano. Ci fu la corsa ai pezzi di carta, ai ritagli di giornale, alle fotografie stampate. Il contenuto non risultava determinante: era importante che vi fossero un volto, un paesaggio o solo delle frasi scritte. Anche la malavita si adeguò al fenomeno: entrava nelle case e, se le trovava, faceva razzia di lettere e immagini, da vendere al mercato nero.
Agosto 2057
John aveva appena mostrato la lettera al vecchio che piangeva, e subito si era formato un capannello di persone.
“Lui ha una lettera”, diceva uno.
“Chi?”, domandava un altro.
“L’Americano”, rispondevano in tanti.
Sorse un parapiglia. John venne spintonato da molti e in tanti cercarono di portargli via lo scritto.
“Che abbia anche delle fotografie?”, si domandarono parecchi. “Frughiamogli le tasche”. Un grosso drone sorvolò il gruppo, minaccioso. Era la polizia. Tornò la calma, anche se la tensione rimase alta, palpabile.
“Non ho delle fotografie”, disse John. “In tasca possiedo solo una lettera, rinvenuta tra le scartoffie della mia soffitta”. “Parla del vostro paese, di voi”, aggiunse. Il silenzio regnò per qualche istante. Nessuno sapeva cosa dire. Il vecchio, vista la situazione, si era alzato. Guardava John e la gente che gli era di fronte. Aveva smesso di piangere.
“Leggila”, disse.
“Cosa?”, chiese l’Americano.
“Leggi la lettera”, ribadì il vecchio.
Tutti rimasero in silenzio. Alcuni si sedettero, altri si spostarono per guardare meglio. Gli occhi erano solo per l’Americano, il nuovo arrivato.
“Leggi la lettera”, si sentì dire dalla folla.
“Si fallo”, ribadirono altri.
John, con un po’ di paura tirò fuori il foglio, ne aprì i lembi e si mise a leggere.
Cara Adele,
ti scrivo ancora. Ho letto che stai bene, e questo mi fa piacere; ma ho tanta nostalgia: di te, dei tuoi monti, del nostro tempo assieme. Non posso venire in Italia, qui in Nebraska c’è molto da lavorare: soprattutto nella fattoria. Vorrei tanto che tu venissi, perché desidero sposarti. Ne ho parlato con i miei e anche loro sono d’accordo. Avremo dei bambini e diventeremo vecchi guardando l’orizzonte. Non sarà come in Italia, ma faremo modo di accontentarci. L’altra notte ho fatto un brutto sogno. Ho visto lampi, Adele; e poi esplosioni improvvise. Ondate di caldo si diffondevano per tutto il pianeta. La tua valle era animata da uccelli elettrici. Nessuno parlava. Dobbiamo salvarci, ma anche mettere in salvo chi verrà dopo di noi. Ti amo Adele, sappimi dire se e quando arriverai. Ti aspetto.
Tuo Fred
John richiuse il foglio con cura, ponendolo in tasca. Guardò chi era di fronte a lui e scorse qualche lacrima. Una mamma aveva tolto il casco al figlio. Taluni avevano spento il tablet. Il vecchio portava in mano la fotografia desiderata. Il negoziante, uscito per via della confusione, aveva deciso di regalargliela. Una donna tirò fuori un foglio bianco. “L’ho comprato per pochi soldi, ma non so che farmene”, disse.
John lo prese, e chiese: “Cosa scriviamo?”.
Ci fu ancora un parapiglia. Tutti volevano dire la loro. “Calma”, disse John. “Raccontiamo di noi”. E rivolto al bambino senza più il casco chiese: “Tu come ti chiami?”.
Si ricominciava.
Le fotografie
La copertina del libro Tre contadini che vanno a ballare.
La copertina del CD di Billy Joel