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COMMISSIONANO LA PIETA’

Ci sono opere d’arte il cui prestigio va oltre il valore artistico, arrivando a identificare un museo o anche una città. E’ il caso, ad esempio, della Gioconda di Parigi, ma anche la Pietà romana di Michelangelo può essere considerata allo stesso modo. Per un turista, l’averla vista è motivo d’orgoglio e vale tutto il viaggio. Spicca, nell’opera, la precisione e la lavorazione accurata. Il busto della Madonna è robusto e possente, forse per via del modello a disposizione; mentre il volto risulta giovanile. Come riportato nel romanzo biografico di Michelangelo Buonarroti, “Il tormento e l’estasi”, scritto da Irving Stone, l’autore della pietà amava molto la sua creazione, temendo per la sua sorte durante il sacco dei Lanzichenecchi.

E’ una scultura giovanile, quella osservabile in Vaticano, l’unica firmata dall’autore. Michelangelo era giunto a Roma da poco, il 25 giugno del 1496. Aveva ventuno anni. E’ il cardinale francese Jean de Bilhères a commissionargli l’opera su intercessione del banchiere Jacopo Galli. Quest’ultimo credeva nello scultore aretino e l’avrebbe ospitato in casa sua per anni, facendogli avvicinare le famiglie più prestigiose della società romana. Un accordo verbale era stato raggiunto l’anno precedente, ma il contratto venne firmato il 26 agosto 1498. Nel 1499 la scultura fu ultimata, pronta per essere vista nella cappella del cardinale Bilhère.

Diciassette anni dopo, “La Pietà” viene trasferita nella Basilica di San Pietro. La collocazione attuale, nella prima cappella a destra, è quella del 1749.

La scultura di Michelangelo ha anche viaggiato via mare, nel 1964. Doveva essere presente all’Esposizione Mondiale di New York, in occasione del IV centenario della morte del suo autore. Il permesso era stato concesso già da Giovanni XXIII e fu confermato dal suo successore. Dopo un viaggio durato 8 giorni il capolavoro di Michelangelo venne esposto nel Padiglione Vaticano del New York World’s Fair e durante la sua permanenza fu ammirato da più di 27 milioni di visitatori. La scultura tornò in basilica il 13 novembre 1965.

Il giorno della Pentecoste (21 maggio) del 1972 l’opera subisce un atto vandalico da parte di un australiano che colpisce la statua con quindici martellate, frantumando il gomito sinistro e sfigurando parte del volto di Maria prima di essere bloccato.

Nella sua vita Michelangelo realizzerà altre “Pietà”, tra cui l’affascinante “Pietà Rondanini”

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Il fotografo di Michelangelo

Le vicende della Pietà michelangiolesca ci permettono di incontrare nuovamente il fotografo che più volte ha ritratto le sculture dell’artista toscano: Aurelio Amendola. Ammireremo con gioia il suo bianco e nero e l’uso delle luci.

Aurelio Amendola, un artigiano contemporaneo

Aurelio Amendola preferisce definirsi ancora artigiano. A suo dire, oggi tutti si fanno chiamare artisti, forse perché è diventato troppo “facile” produrre immagini. Meglio rimanere fotografi, come quelli di un tempo. “Artigiano” diventa quindi un aggettivo contemporaneo, che definisce un autore ricco di entusiasmo, e la cui professione vive di responsabilità. Tramite le sue fotografie, Aurelio instaura un rapporto con le opere che ritrae, quasi le interroga; in un dialogo che diventa respiro, pulsione, vita. Il merito sta nel suo sguardo sempre nuovo, lo stesso che restituisce azione ai soggetti, ma anche armonia, equilibrio.

Aurelio Amendola ha instaurato un rapporto profondo con le sculture di Michelangelo, forse perché i marmi dell’artista toscano nascondono essi stessi la vita. Le fotografie del nostro, paradossalmente, quasi restituiscono dinamicità alle anatomie, ai contorni, alle levigatezze. E’ come se tra i due artisti fosse venuta a instaurarsi un’amicizia lontana: oltre la distanza dei secoli e del tempo. C’è quasi da credere che il Buonarroti abbia suggerito luci e pose al nostro Aurelio, che quindi si è trovato a compiere un “dettato”, poi divenuto parafrasi. Sono i misteri dell’arte, quella che si raggiunge con la consapevolezza e non per diritto acquisito. Ci rendiamo così conto come il termine “Artigiano” stia proprio bene, almeno per definire il lavoro del nostro. Lui ha preso in mano un mestiere e l’ha colmato di valori, usando la passione che maturava piano piano. Non ha inseguito modelli, questo è certo; ma quando ha capito la sua missione, il fare ha prevalso sull’essere dello status. Un bagno d’umiltà? Non proprio; piuttosto si tratta di una presa di coscienza: sincera, acuta, scoperta e solo dopo voluta. Alla fine è arrivata anche la fama, e una carriera d’artista. Tanto il nostro non se ne fregia: “Meglio che lo dicano gli altri”, ribadisce. Perché c’è già un altro artista da ritrarre, magari mentre lavora: con lui e per lui; come forse a suo tempo ha fatto Michelangelo. Senza saperlo.

Aurelio Amendola, note biografiche

(Fonte www.aurelioamendola.it) – Nel corso della sua lunga carriera di fotografo Aurelio Amendola si dedica principalmente all’arte contemporanea, immortalando i protagonisti dell’arte del Novecento: De Chirico, Lichtenstein, Pomodoro, Schifano, Warhol, per ricordarne solo alcuni. Tra le numerose monografie dedicate ai maggiori scultori e pittori contemporanei ricordiamo Marino Marini, Burri, Manzù, Fabbri, Ceroli, Vangi, Kounellis. Aurelio Amendola è poi noto per le fotografie delle sculture del Rinascimento italiano: ha documentato l’opera di Jacopo Della Quercia, Michelangelo e Donatello, e illustrato singoli capolavori e monumenti quali il pulpito pistoiese di Giovanni Pisano, il fregio robbiano dell’Ospedale del Ceppo, sempre a Pistoia, Santa Maria della Spina e il Battistero a Pisa, San Pietro in Vaticano. San Pietro in Vaticano è il primo di una serie dedicata ai grandi temi dell’arte italiana visitati secondo l’ottica personale del fotografo, presenta una campagna iconografica completamente nuova, calibrata sul “taglio” e sulle esigenze specifiche del progetto: approfittando della rara occasione di un contatto senza vincoli con i monumenti berniniani e, più in generale, con i vari elementi architettonici e scultorei caratterizzanti San Pietro, simbolo di tutta la cristianità, Amendola riesce a riprenderne gli scorci e i particolari più inaspettati.

Le fotografie

Aurelio Amendola, la Pietà di Michelangelo in Roma.

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