GIMONDI CAMPIONE
2 settembre 1973. A Barcellona Felice Gimondi diventa Campione del mondo di ciclismo su strada, vincendo in volata su Freddy Maertens e Luis Ocana, ma soprattutto battendo il grande favorito, il belga Eddy Merckx, il rivale di sempre, la sua bestia nera. Felice è sul tetto del mondo, come Alfredo Binda, Learco Guerra, Fausto Coppi, Ercole Baldini e Vittorio Adorni prima di lui.
Nato a Sedrina, all’imbocco della val Brembana (BG), il 29 settembre 1942, muore in Sicilia (era in vacanza) a 76 anni, il 16 agosto 2019. Sportivo di fama mondiale, è stato professionista dal 1965 al 1979, un campione di grande profilo: completo, capace di vincere in salita, a cronometro e anche in volata. È uno dei sette corridori ad aver vinto tutti e tre i grandi Giri: il Giro d’Italia (per tre volte, nel 1967, 1969 e 1976), il Tour de France (nel 1965) e la Vuelta a España (nel 1968). Ha vinto anche un Campionato del Mondo nel 1973.
Il palmarès di Felice Gimondi
In carriera il bergamasco ha ottenuto 143 vittorie come professionista, cui ne va aggiunta una trentina fra allievo e dilettante. Primo successo la Bergamo-Celana per allievi il 1° Maggio 1960; ultimo il Circuito di Cenaia il 3 agosto 1978. Tra le vittorie più significative il Campionato mondiale nel 1973; il Tour de France 1965; tre Giri d’Italia (1965, ’67, ’76); una Vuelta Espana (1968); una Parigi-Roubaix (1966); una Milano-Sanremo (1974); due Parigi-Bruxelles (1966, ’76); due Giri di Lombardia (1966, ’73); due campionati italiani (1968, ’72); due Gran Premi delle Nazioni a cronometro (1967, ’68); un Gran Premio di Lugano a cronometro (1967); due Trofei Baracchi (1968 con Anquetil, 1973 con Rodriguez); un Giro di Romandia (1969). Ha vinto tappe al Giro, al Tour, alla Vuelta e vanta il record di podi al Giro d’Italia: nove (3 primi, 2 secondi, 4 terzi posti).
Gente di Bergamo
Per comprendere meglio Felice Gimondi e l’atmosfera della sua vita ci viene in aiuto il romanzo “La vita a pedali”, di Paolo Aresi, anche lui orobico. Il libro ha come filo conduttore un’icona dello sport, Felice Gimondi. Non si tratta di una biografia in senso stretto, ma la storia di un’esistenza, dove un bambino, divenuto ragazzo e giovanotto, sogna di correre in bicicletta. Intorno a lui c’è il mondo che diviene e lo educa; un ambito semplice, quello bergamasco, di gente seria, dedita al lavoro; gente gentile. Nell’impianto narrativo c’è anche la bicicletta: mezzo di lavoro e strumento sportivo al tempo stesso. La copertina porta la firma di un altro bergamasco, il fotografo Pepi Merisio, e rappresenta il tema del volume, nonché la sua ambientazione.
Le parole di Eddy Merckx il 16 agosto 2019
p«Stavolta perdo io», disse Eddy Merckx (fonte ANSA). «Perdo prima di tutto un amico e poi l’avversario di una vita».Pepi Merisio, il fotografo gentile
Parlando di lui, ci siamo sempre detti come abbia raccontato la civiltà contadina e montanara: è così, anche se non solo. Che poi i soggetti trattati siano individui senza nome e senza storia è un fatto ancor più conclamato. I meriti di Merisio, però, vanno oltre, e di molto. Forse partono da una consapevolezza antica, respirata nelle terre conosciute sin dall’infanzia, ma no: non basta. Probabilmente deve essere chiamata in causa la concretezza “bergamasca”, quella dove il tempo misura il valore delle azioni. E poi, c’è dell'altro? Evidentemente, pensiamo, una cultura religiosa profonda, dove l’uomo si confronta continuamente con se stesso e le proprie opere, con onestà. Ecco, sì: ci siamo.
Ripensiamo alle sue fotografie. Ci accorgiamo come i soggetti, i paesaggi, gli oggetti, siano tutti più vicini. Merisio ha concesso a noi la conoscenza che gli era propria, i sentimenti che lo animavano. Ogni immagine racchiude un racconto, esprimendo anche un sentimento, un’amozione, una forte suggestione. Ci passano davanti gioia, dolore, fatica, sacrificio, persino amore, senza che il fotografo abbia edulcorato nulla. Non è un girone dantesco, quello che vediamo, e nemmeno il luogo della bellezza nostalgica di quanto è stato. Le persone che incontriamo sono senza nome e senza storia, ma ne stanno costruendo l’elemento portante, che poi è la vita.
Merisio ha trattato tutti con rispetto: nelle sue valli e pure nel corso dei viaggi intrapresi un po’ dovunque in Italia. Ha cercato, e trovato, i medesimi racconti; perché i “senza nome” sono tali in ogni luogo. Meglio salvarne la dignità, quindi, rendendola palese a chi guarderà. Basta parlare a tutti dando loro del “lei”, pacatamente. È un fatto di educazione: quella di un fotografo gentile, appunto.
Pepi Merisio, note biografiche
Pepi Merisio è nato a Caravaggio nella bassa bergamasca nel 1931 e comincia a fotografare da autodidatta nel 1947. Progressivamente protagonista del mondo amatoriale degli anni Cinquanta, ottiene numerosi e prestigiosi riconoscimenti in Italia ed all’estero. Nel 1956 inizia la collaborazione con il Touring Club Italiano e con numerose riviste: Camera, Du, Réalité, Photo Maxima, Pirelli, Look, Famiglia Cristiana, Stern, Paris - Mach e numerose altre. Nel 1962 passa al professionismo e l’anno seguente entra nello staff di Epoca, allora certamente la più importante rivista per immagini italiana.
L’ambito ideale della poetica di Merisio è, insieme con la grande tradizione contadina e popolare della provincia italiana, anche il variegato mondo cattolico. Nel 1964 pubblica su Epoca il suo grande servizio Una giornata col Papa avviando così un lungo lavoro con Paolo VI. Dello stesso anno è il suo primo libro dedicato all’amico scultore Floriano Bodini. Da questo momento, mentre continua la collaborazione con grandi riviste internazionali (celebri i tre numeri monografici di Du sul Vaticano, su Siena e sull’Italia cattolica) avvia un’intensa attività editoriale. Caposaldo, dichiarazione d’intenti e summa preventiva della sua attività di narratore per immagini è l’opera Terra di Bergamo in tre volumi, edita nel 1969 per il centenario della Banca Popolare di Bergamo.
Da allora ha pubblicato oltre un centinaio di libri fotografici con editori diversi, tra i quali Atlantis, Bär Verlag, Conzett e Huber, Orell Füssli, Zanichelli, Electa, Silvana, Bolis, M. D’Auria, Editalia, Pubbliepi, Monte dei Paschi, Grafica e Arte, Lyasis e l’ECRA di Roma, per la quale ha curato la collana “Italia della nostra gente”, che ha raggiunto i ventotto volumi. Per l’Editrice Atlantis e Zanichelli ha pubblicato undici volumi sulle Regioni d’Italia, e otto volumi per la Bolis sulle Terre Marchigiane.
Per il Centro Studi Valle Imagna ha curato Per le antiche strade (2003), Acqua (2003), Un altro Paese (2005) e In Valle Imagna (2009).Con Mario Luzi ha pubblicato il volume Mi guarda Siena (2002).
Nel 1972 la Rai gli dedica una puntata della trasmissione Occhio come mestiere, curato da Piero Berengo Gardin. Nel 1979, per la Polaroid, esegue un reportage in bianco e nero ora conservato nella Collection Polaroid International di Boston, nel 1964 consegue il Premio Nazionale di Fotogiornalismo a Milano; nel 1965 il Premio Internazionale di Fotogiornalismo a Genova.
Particolarmente significative sono le numerose opere di documentazione etno-geografica e d’arte, le personali allestite in Italia e all’estero. Da ricordare le mostre alla Helmaus di Zurigo per i 50 anni di Atlantis (1980); 158 fotografie al Teatro Sociale di Bergamo (1985) e a Palazzo Barberini in Roma (1986); Il Duomo guarda Milano all’Arengario (1986); La Valtellina alla Fiera di Milano (1988); Meeting di Rimini (2007).
Nel 1980 Progresso fotografico dedica a Merisio un numero monografico. Nel 1982 è L’Editoriale Fabbri che lo accoglie nella collana I grandi fotografi mentre è del 1996 il numero a lui dedicato di Foto Magazine. Nel 2007 la FIAF gli dedica il volume “Grandi autori”.
Il Ministero degli Affari Esteri nel 2008 ha incaricato Pepi Merisio di allestire la mostra fotografica “Piazze d’Italia”, per le principali capitali europee. Nel 2010 viene esposta la grande mostra “Ieri in Lombardia” per la Regione Lombardia nel Grattacielo Pirelli a Milano. Nel 2011 è invitato alla 54ª Biennale di Venezia.
Pepi Merisio muore il 3 febbraio 2021 a Bergamo.
Le fotografie
La volata di Barcellona (Cyclingtime.it)
La copertina del libro “La vita a pedali” di Paolo Aresi. Ph. Pepi Merisio.