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RICORDANDO GIO PONTI

Gio (Giovanni) Ponti, architetto e designer milanese, nasce a Milano il 18 novembre 1891. Si laurea in Architettura nel 1921 al Politecnico di Milano, dopo la chiamata alle armi per la Prima Guerra Mondiale.

Nel 1923 Gio Ponti partecipa alla Biennale di Arti Decorative a Monza; successivamente viene coinvolto nell'organizzazione delle varie triennali che si svolgono a Monza e Milano.

Negli anni '20 collabora con l'industria ceramica Richard Ginori, rielaborando complessivamente la strategia di disegno industriale della società. Con le ceramiche vince il "Gran Prix" all'Esposizione di Parigi del 1925. In questi stessi anni fonda (1928) la rivista "Domus", testata che non abbandonerà più, fatto salvo un breve periodo durante la seconda guerra mondiale. Sul periodico, ricordiamolo, scriverà anche William Klein durante la sua parentesi milanese. "Domus" assieme a "Casa bella" rappresenterà il centro del dibatto culturale dell'architettura e del design italiano della seconda metà del Novecento.

Gio Ponti organizza nel 1933 la quinta triennale a Milano, disegna le scene e i costumi per il teatro La Scala, partecipa all'ADI (Associazione del Disegno Industriale) ed è tra i sostenitori del premio "compasso d'oro" promosso dai magazzini La Rinascente. Nel 1936 gli viene offerta una cattedra presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, incarico che manterrà fino al 1961.

Negli anni Cinquanta Ponti conosce “una rinovata giovinezza” creativa, abbandonando i richiami allo stile neoclassico. Ne sono testimonianza il secondo Palazzo Montecatini (1951), gli arredi del transatlantico “Andrea Doria” (1952), gli interni e la piscina dell’Hotel Royal di Napoli (1953), l’Istituto Italiano di Cultura a Stoccolma (1954), le ville a Caracas, Villa Planchart (1955) e Villa Areazza (1956), e a Teheran, Villa Nemazee (1960). È del 1956 il suo capolavoro: il Grattacielo Pirelli di Milano. I 120 metri di altezza di quest'ultima opera - costruita intorno ad una struttura centrale progettata da Pierluigi Nervi - fanno del "Pirellone" (come sono soliti chiamarlo i milanesi) uno dei grattacieli in cemento armato più alti del mondo.

Una curiosità sul “Pirellone”. La tradizione voleva che nessun edificio a Milano potesse essere più alto della Madonnina del Duomo, tradizione che divenne negli anni trenta anche legge comunale. Quando fu realizzato il Grattacielo Pirelli, e quindi violata la regola, si decise di collocarvi sulla sommità, e in segno di rispetto, una piccola replica della statua del Duomo.

Degli anni '60 sono le chiese milanesi di San Francesco (1964) e di San Carlo Borromeo (1967). Del 1970 è la Concattedrale di Taranto e del 1971 il Museo di Denver.

Gio Ponti muore a Milano il 16 settembre 1979.

Fotografie & Fotografi

Nel 1965, un giovane fotografo di talento, Carlo Orsi, ritrae Milano: luci e ombre, miserie e nobiltà, confronti e contraddizioni; frammenti di città, cui Dino Buzzati accosta parole come scatti di un obiettivo fotografico. Ne nasce un libro, bellissimo; oggi praticamente introvabile (se non a caro prezzo!). Cinquant'anni dopo, lo stesso grande fotografo, Carlo Orsi, torna a ritrarre la sua Milano: luci e ombre, miserie e nobiltà, confronti e contraddizioni, come mezzo secolo prima, e con la stessa sensibilità di allora, ma in più l'esperienza di una vita. Nasce un nuovo libro, che come il precedente s’intitola semplicemente Milano. Bellissimo anche questo. Nel 1997, sempre Carlo, fonda con gli amici Guido Vergani, Emilio Tadini, Gianfranco Pardi e Giorgio Terruzzi la rivista “Città” per raccontare Milano soprattutto attraverso le immagini dei grandi fotografi. Libri e rivista dimostrano il suo attaccamento alla città lombarda. Era inevitabile quindi utilizzare una sua fotografia per raccontare il “Pirellone” di Gio Ponti, simbolo anch’esso della città meneghina.

Il volume che abbiamo tra le mani (Reportrait di Gianni Berengo Gardin) ha rappresentato il Catalogo della mostra “Gianni Berengo Gardin, il padre della fotografia italiana”, tenutasi a Orta San Giulio nel 2009. Si tratta di una rarità. Il maestro ligure ha sempre raccontato storie di gente comune. Qui incontriamo persone celebri, tra le più rilevanti personalità del Novecento, ritratte in oltre cinquant’anni di lavoro. Narrare, per Berengo, è una questione di vita. Gli Zingari, i manicomi, la Luzzara di Zavattini, hanno rappresentato solo delle opportunità per una “penna” già avvezza alla scrittura, la stessa che si è messa a scrivere di fronte alle celebrità. Suo il ritratto di Gio Ponti: da parte nostra una scelta significativa.

Com’è bella la città, un incontro con Carlo Orsi

C’è nebbia, guidiamo piano. Siamo appena usciti dalla casa - studio di Carlo Orsi e respiriamo ancora la gentilezza antica con la quale siamo stati accolti. Pensiamo al pomeriggio trascorso a parlare di fotografia e alle tante immagini visionate, non solo di Carlo. Ci vengono in mente Milano, il “Ghisa”, il Duomo, la città che traspare da una foschia fitta, densa come latte; e poi la moda, le sue gambe, le sue donne. C’è un vissuto in quanto abbiamo visto, un divenire perpetuo, raccontato; un tempo che non torna. Le stesse modelle, belle più che mai, propongono, si offrono, invitano, vivono; bruciano il loro tempo con la nostra passione.

Com’è bella la città, forse perché non c’è più; probabilmente per lasciare il posto a un’altra metropoli, anch’essa percepita con le indecisioni di sempre: i lustrini da mostrare al fianco delle ingiustizie, i pregiudizi, il bello e il brutto, il vero e il falso.

Com’è bella quella città. E lo è per dimensione, assieme ai personaggi che la popolano. Crediamo che, per Carlo, la metropoli non rappresenti soltanto un agglomerato di abitazioni e uffici, diventando altresì un metodo col quale confrontarsi. Lui racconta, sempre; e la sua Milano diventa un modello da esportare fotograficamente altrove, dove altri personaggi si propongono col loro tempo.

Com’è bella la città, anche quando Carlo la lascia, in Lambretta e con i “scarp del tennis”, per andare a documentare un fatto di cronaca; o, ancora oggi, quando sempre lui vola in Tibet assieme a dei medici per una missione umanitaria. Ovunque troverà persone, storie, vite di tempo e cultura.

Com’è bella la città, e quella del nostro sconfina nel mondo, oltre la nebbia, al di là delle gambe, ben sopra ai simboli: fatti vivere e mai istallati.

Com’è bella la città e con Carlo stiamo aspettando la più bella. Forse quella che non c’è.

Carlo Orsi, note biografiche

Carlo Orsi nasce a Milano l'8 Marzo 1941.

Esordisce nel mondo della fotografia come assistente di Ugo Mulas. All'inizio degli anni '60 realizza reportage dall'Italia e dall'Estero per riviste come Panorama, Settimo Giorno, Il Mondo e Oggi.

Sul finire di quegli anni inizia il suo rapporto con la moda collaborando con le più qualificate testate italiane ed estere. Non si sottrae alle lusinghe della pubblicità: sue sono alcune campagne per La Perla, Omsa, Swatch, American System, Marlboro e Ducati e nel campo dell'arredamento: Alias, Baleri, Nemo e Cassina, Catellani & Smith.

Pubblica diversi libri tra cui "Milano" nel 1965 con Dino Buzzati, "Exstasi" nel 1999 sulla caduta del muro di Berlino, "Atto Unico, Jannis Kounellis" nel 2006,"Carlo Orsi fotografo" nel 2012 e alcuni libri su Arnaldo Pomodoro di cui cura l'immagine dal 1984.

La prima mostra personale è del 1984 e viene curata nell'allestimento da Mario Botta. Dagli inizi degli anni '90 abbandona lentamente moda e pubblicità e ritorna alla fotografia-reportage, del resto mai abbandonata.

Nel 1997 fonda con gli amici di sempre Guido Vergani, Emilio Tadini, Gianfranco Pardi e Giorgio Terruzzi la rivista "Città" per raccontare Milano soprattutto attraverso le immagini, l'obiettivo dei grandi fotografi.

Nel 2004 inizia una collaborazione con Interplast, associazione di volontari in chirurgia plastica ricostruttiva.

Due libri documentano 5 missioni: Tibet, Cina, Uganda, Bangladesh e Bolivia.

Carlo Orsi ci ha lasciato nel giugno 2021

Il fotografo, Gianni Berengo Gardin

Gianni Berengo Gardin inizia a occuparsi di fotografia nel 1954. Nel 1965 lavora per Il Mondo di Mario Pannunzio. Negli anni a venire collabora con le maggiori testate nazionali e internazionali come Domus, Epoca, Le Figaro, L’Espresso, Time, Stern. Procter & Gamble e Olivetti più volte hanno usato le sue foto per promuovere la loro immagine. Berengo Gardin ha esposto le sue foto in centinaia di mostre in diverse parti del mondo: il Museum of Modern Art di New York, la George Eastman House di Rochester, la Biblioteca Nazionale di Parigi, gli Incontri Internazionali di Arles, il Mois de la Photo di Parigi. Nel 1991 una sua importante retrospettiva è stata ospitata dal Museo dell’Elysée a Losanna e nel 1994 le sue foto sono state incluse nella mostra dedicata all’Arte Italiana al Guggenheim Museum di New York. Ad Arles, durante gli Incontri Internazionali di Fotografia, ha ricevuto l’Oskar Barnack - Camera Group Award. Nel 2008 Gianni Berengo Gardin è stato premiato con un Lucie Award alla carriera. Lunedì 11 Maggio 2009 l’Università degli Studi di Milano gli ha conferito la Laurea Honoris Causa in Storia e Critica dell’Arte. Erano cinquant’anni che la Statale non conferiva un tale riconoscimento. L’ultimo era stato Eugenio Montale.

Ha pubblicato oltre 250 libri fotografici.

Le fotografie

“Il Pirellone”. Carlo Orsi

Gio Ponti, anni ’70. Ph. Gianni Berengo Gardin

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