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NASCE IL RAGAZZO DI MEOLO

Non è la prima volta che ci occupiamo di Fulvio Roiter, ma mai lo abbiamo fatto in maniera approfondita. Ce ne sentiamo in colpa, questo è certo: per il valore del fotografo e per quanto ancora oggi ci sta lasciando, pur con la sua dipartita. Sentiamo solo il desiderio di giustificarci: non tanto per chiedere scusa, quanto per comprendere meglio quanto abbiamo letto, negli anni, all’interno delle sue immagini, ricche di un equilibrio formale quasi istintivo.

Ebbene, con Roiter non riusciamo a tirare in ballo le tante regole che attanagliano la fotografia “parlata”. Nelle sue immagini c’è l’attimo “bressoniano”? Non sappiamo. Troviamo il racconto degli umanisti? Difficile rispondere. Riconosciamo i dettami del reportage? Nessuno può dirlo. Con un po’ di umiltà, e con tanta paura di essere fraintesi (il nostro giudizio è oltremodo positivo) riconosciamo nel nostro le qualità di un prestigiatore, di un medium. Lui riesce a confezionarci degli scatti che possiedono, al loro interno, la giusta complessità, le prospettive inusuali, quel tanto di emozione che quasi non riesci a spiegarla: com’è giusto che sia. Per il resto (e anche qui chiediamo scusa) lui rimane un autore del dopoguerra, di quel periodo nel quale i circoli (leggendari i nomi: la Bussola, la Godola, e via dicendo) sono stati i promotori della fotografia italiana, assopita (non del tutto, a dire il vero) da un ventennio di rincorsa.

Di Roiter ci piace la sua prima Sicilia, la Venezia dei sogni, il Brasile; ma anche quella vita che l’ha portato, in gioventù, a dormire in stazione solo per frequentare quel circolo (la Gondola, in questo caso) che tanto gli stava dando in contenuti e consapevolezza. Tutto parte da lontano, dalla direzione che diamo alle storie della vita. Per il momento, guardiamo i suoi libri (ne possediamo tre) e ci consoliamo con le immagini. La speranza è quella per la quale la poca attenzione che gli abbiamo dedicato rimanga solo un episodio, non replicato da altri.

Un incontro con Fulvio Roiter

Abbiamo incontrato Fulvio Roiter al Lido di Venezia, dove abitava con la moglie Lou Embo (fotografa anch’essa), conosciuta in Belgio nel 1959. Ci accompagnavano due amici, Massimo e Alcide. Da subito ci colpì l’entusiasmo, persino una “prepotenza” antica e simpatica: nel lessico e nella gestualità. Ci ha affascinato con il racconto di sé, a volte spezzettato da aneddoti; dove la vita (la sua) scorreva come in un film. La carriera di Roiter inizia nel dopoguerra: nell’Italia che ancora non telefona e che continua ad andare in treno. Siamo prima del boom, per intenderci, e lui va a Venezia (da Meolo, il paese natio), spinto da un ritaglio di giornale, per partecipare alle riunioni della “Gondola”. Da lì sarà un’ascesa continua, per un fotografo sempre in viaggio: dalla Sardegna all’Andalusia, dal Brasile al Belgio, e poi in Portogallo, in Persia, in Turchia, Messico, Libano, Spagna, Irlanda, e pure altrove.

Roiter è anche diventato l’emblema del fotografo di Venezia, soprattutto dopo aver pubblicato “Essere Venezia”, il libro che rappresenta il più grande successo editoriale da quando esiste la storia della fotografia: 700.000 copie. “Con quel nome diventerà famoso”, gli avevano predetto alla “Gondola”, forse per via dell’assonanza con la nota agenzia; e lui porterà la propria gioventù in giro per il mondo, senza mai voltarsi. Le sue immagini, di gusto italico, avranno un rispetto particolare per i lavori umili, senza però avere mai un atteggiamento sociale o retorico. Probabilmente, oltre se stesso, ha fatto viaggiare la sua Venezia, quella delle barche (quante ne ha ritratte nella sua carriera!) e del treno che lo ripotava a Meolo.

Il Fulvio Roiter che abbiamo incontrato era ancora il ragazzo di allora, ecco tutto; quello che convinceva i genitori a farlo partire per la Sicilia. Soprattutto non era cambiato il suo sguardo, quello che cercava pretendendo: senza voltarsi mai esigere conferme o consapevolezze. Forse era solo più esperto, ecco tutto; ma nulla più: “Perché l’età”, ci disse, “Non sono gli anni che abbiamo, ma quelli che ci restano da vivere”.

Fulvio Roiter, note biografiche

Fulvio Roiter nasce a Meolo (Ve) il primo novembre 1926. Dopo una prima formazione come perito chimico, dal 1947 si è dedicato alla fotografia, privilegiando per venticinque anni circa l'uso del bianco e nero. Nel 1948 entra al circolo “La gondola” di Venezia, dove frequenta assiduamente P. Monti, che tanto contribuirà alla sua formazione fotografica e non solo. Professionista dal 1953, del primo reportage fotografico in Sicilia ha pubblicato (1954) alcune foto su Subjektive Photographie e su Camera. Nel 1957 ha curato un reportage su Brasilia. Ha collaborato dal 1968 con la casa editrice Atlantis di Zurigo; nel 1981 ha fondato la casa editrice Dagor Books. Si è dedicato con successo alla pubblicazione dei suoi reportages, tra i quali notevoli quelli su Venezia: Venise à fleur d'eau (1954); Ombrie terre de Saint François (1955); Andalousie (1957); Naquane (1966); Essere Venezia (1977); Laguna (1978); Cantico delle creature (1982); Visibilia (1992); La mia Venezia (1994); Vaticano (1997); Il nuvolario (1998); Champagne (1999); Viaggio italiano (1999); Sardegna. Tutti i colori della luce (2005). Tra i riconoscimenti più importanti, si segnalano il Premio Nadar (1956) e l'ampia mostra personale, tenutasi a Bologna, dal titolo Ring (1994).

Fulvio Roiter muore il 18 aprile 2016, a Venezia.

Fulvio Roiter, biografia di Roberto Mutti

Fulvio Roiter è l’argomento forte di oggi, almeno per noi. Ci sembrava giusto approfondire le tematiche relative al fotografo di Meolo, e il libro di Roberto Mutti risulta esserne lo strumento ideale. Il volumetto è agile alla lettura e prende in esame la lunga carriera artistica di Fulvio Roiter. Molti lo conoscono come il “Fotografo di Venezia”, ma lui ha girato il mondo, riportando a casa magnifiche immagini: nei primi anni in bianco e nero, poi a colori, pubblicate sui suoi libri (oltre settanta). Roberto Mutti ci fa così conoscere un vero poeta della fotografia, dal forte rigore formale e compositivo. Dal volume emergono anche interessanti spunti biografici, che arricchiscono il ritmo della lettura e la curiosità nel voltare pagina. La stampa è bella, così come la carta al tatto. Si tratta di un’opera letteraria e fotografica da possedere.

Fulvio Roiter, di Roberto Mutti. Bruno Mondadori Editore, 2012

(Fonti: ci sono venuti in aiuto le immagini e i testi della mostra “Fulvio Roiter”, fotografie 1948-2007 a Venezia presso i Tre Oci dal 16 marzo al 26 agosto 2018. L’esposizione era curata da Denis Curti, con il prezioso contributo di Lou Embo, moglie del fotografo).

Le fotografie

Fulvio Roiter, Venezia, Squero di San Trovaso, 1970

Fulvio Roiter, la notte del Redentore, 1972

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