FOTOGRAFIA DA LEGGERE …
Consueto appuntamento del lunedì con fotografia da leggere. Il volume (Helmut Newton, Autobiografia. Edizioni Contrasto) c’è quasi capitato tra le mani, in una domenica pomeriggio dedicata alla nostra passione. Ne ricordiamo la lettura: scorrevole, piacevole anche. Ne uscirono elementi conoscitivi nuovi, per un personaggio sempre padrone di se stesso, anche quando era in fuga da una Germania che avrebbe potuto modificargli la vita. Ha incontrato tante donne, Newton; tutte narrate tra le righe con un fare fotografico. Del resto, hanno fatto parte della sua esistenza, anche quando il destino gli ha fatto incontrare June, la moglie. C’è un prima per ogni cosa.
Helmut Newton (classe 1920) ha vissuto da “star”, sin da quando a dodici anni prendeva in mano la prima macchina fotografica. Da quel momento ha iniziato a girare il mondo: prima per fuggire ai nazisti (nasceva a Berlino da una famiglia ebrea), poi per dipanare il romanzo della sua vita da “bad boy”. Lo ritroviamo a Singapore e poi in Australia, dove tornerà a guerra finita per aprire il suo primo studio fotografico. Poco dopo (1948) incontrerà June, la donna della sua vita; e arriverà il successo.
Non ci saranno frontiere a fermare le sue immagini femminili: provocanti, scandalose, inconsuete; però desiderate, perché permeate da una classe d’alta borghesia. Vivrà a Parigi, Londra, New York, Monte Carlo ed anche nella sua California. Sarà la moda a chiamarlo più volte, anche per scandalizzare; perché lui e la moglie volevano così. Morirà sulla sua Cadillac contro una palma del Sunset Boulevard di Hollywood: un’uscita di scena degna di un divo.
Helmut Newton, impressioni di una mostra
Venezia ci accoglie col sole. Dalla Giudecca, guardiamo S. Marco dall’altra parte del Canale. La visuale è limpida e possiamo spaziare da Punta della Dogana fino a Riva Cà di Dio. Alle nostre spalle ci aspettano i Tre Oci con la mostra di Newton. Indugiamo, riflettiamo ancora un poco: è domenica, abbiamo tempo. Non è la prima volta che affrontiamo le immagini del fotografo berlinese. Le conosciamo, ma solo per averle già viste; e in ogni occasione, abbiamo scoperto un piano di lettura diverso: vogliamo osservarle ancora. “I grandi”, ci ha suggerito Giovanni Gastel, “con le loro opere attivano il pensiero di chi guarda, spesso con chiavi interpretative differenti”. “Io stesso”, ha aggiunto, “Con le mie fotografie, non offro mai una visione univoca”.
Ecco svelato il mistero. Se sentiamo il bisogno di vedere e rivedere, se questo ci aggrada, dipende dalla complessità dell’artista, ma anche dal nostro stato d’animo: possiamo essere sentimentali in un’occasione, analitici in un'altra; e così via. Con Newton la vicenda si complica. Le immagini del fotografo solleticano i sensori del gusto, la vista di ciascuno di noi. Le figure femminili solo in apparenza sono soggiogate dal volere maschile (sarebbe meglio dire maschilista?), o almeno non completamente: vivono consapevolmente, e agevolmente, in habitat eleganti, irraggiungibili ai più. I contorni, per così dire, sono di alta classe: in una scenografia di lusso.
E gli uomini? Non ci sono “maschi”, nelle fotografie di Newton, solo ragazzi e uomini di buona famiglia, alle volte indisponenti perché indifferenti: lontani dall’offerta o da quanto sta per avvenire. Già perché, di fronte alle immagini dell’artista, spesso abbiamo vissuto l’idea che qualcosa potesse muoversi, divenire. Le labbra che si avvicinano potrebbero toccarsi e non ci stupirebbe se carezze e movenze giungessero a compimento, o anche se la “ragazza sellata” iniziasse a “gattonare” per noi, per tutti. Ecco un altro mistero che si scioglie. Quante volte ci siamo detti che nelle fotografie di Newton non compare la volgarità? Approfondiremo l’argomento, ma in parte abbiamo già risposto: manca l’uso e l’abuso, esiste solo la provocazione. Si comprende così come sia facile perdonare qualche traccia di violenza: i busti, gli arti ingessati, le fruste, aggiungono retrogusto e sapore a degli ambienti (le location) che alla fine risulterebbero troppo classici, se non addirittura stucchevoli.
Helmut Newton, note biografiche
Considerato uno dei maestri del Novecento, Helmut Newton ci ha restituito molteplici scatti del corpo femminile, tra ricerca fotografica ed erotismo sofisticato, ambiguo e talvolta estremo. Lui è stato un cultore del corpo, da cui è derivato un legame profondo con il mondo della moda. Newton ha lavorato ossessivamente con il bianco e il nero ed è nel gioco dei grigi che si delineano le forme, inserite nei contesti più disparati, ma altamente evocativi: semplici fondali, contesti urbani o interni di eleganti case alto borghesi. Per Newton la tecnica fotografica è importante, ma anche il corpo di donna e la sua contestualizzazione.
Lui ricorre un po’ a tutto: accessori, corsetti, addirittura a attrezzature ortopediche: questo per enfatizzare la femminilità e la carica erotica delle sue modelle. L’attrazione di chi guarda è al massimo: per un fetish che diventa culto, o anche provocazione. Helmut Neustätder, in arte Helmut Newton, nasce a Berlino il 31 ottobre del 1920 da una ricca famiglia di origine ebrea. L’ambiente della borghesia berlinese gli permette di seguire le proprie passioni e di avvicinarsi al mondo della fotografia fin dalla giovane età: a soli 12 anni acquista infatti la sua prima macchina fotografica. Con la diffusione delle leggi razziali naziste, lascia la Germania nel 1938 e trova temporaneamente rifugio a Singapore, ma poco dopo si vede internato ed espulso in Australia dalle autorità britanniche.
A Sydney si arruola con l’esercito australiano per combattere nella II Guerra Mondiale. Grazie alla devozione nei confronti del paese che lo ospita, nel 1946 ottiene la cittadinanza australiana, e nel 1948 conosce e sposa l’attrice e fotografa June Brunnell (in arte June Browne o Alice Springs), alla quale resterà legato per oltre 50 anni. Dopo la guerra lavora come fotografo freelance a Melbourne, collaborando con diverse riviste tra cui Playboy. Nel 1961 si trasferisce a Parigi, dove inizia a conoscere fama e popolarità grazie ai suoi scatti, pubblicati dalle più note riviste di moda internazionali come Vogue, Elle, GQ, Vanity Fair e Marie Claire, ed esposti in tutto il mondo.
Nel 1976 pubblica il suo primo volume di fotografie White Women, immediatamente osannato dalla critica per il rivoluzionario gusto estetico, segnato da un erotismo predominante. Raggiunge l’apice della carriera e della fama a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 con le serie Sleepless Nights e Big Nudes, quando inizia inoltre a lavorare per grandi firme come Chanel, Versace, Blumarine, Yves Saint Laurent, Borbonese e Dolce&Gabbana. Conclude la sua carriera nel 1984, realizzando con Peter Max il video dei Missing Persons, Surrender your Heart. Si ritira così a vita privata, vivendo tra Montecarlo e Los Angeles.
Muore il 23 giugno del 2004, a 83 anni, in un incidente stradale a bordo della sua Cadillac.
La fotografia
Helmut Newton, Autobiografia. Ed. Contrasto